Leggere come si vuole

[di Valentina Colombo]

Suquesto blog, qualche tempo fa, vi abbiamo parlato dell'uscita di Viperetta. Racconto illustrato peri piccoli, una riedizione di un'opera diAntonio Rubinopubblicata dall'editore milanese Scalpendi. Martino Negri, che ha studiatol'opera di Rubino e che ha curato questa edizione, arricchendolacon un interessante saggio, ha poi proseguito il suo percorsodi riscoperta di questo prolifico autore e illustratore; ed ègrazie a lui e al sempre attento Scalpendi che oggi ho tra le mani La scuola dei giocattoli,in libreria da qualche mese.
Si tratta di un cofanettodi sette volumetti in brossura, sei dei quali sono i veri e propriracconti di Rubino, mentre l'ultimo è un saggio sulla storia diquesto singolare progetto editoriale, datato 1922: un progettopromosso dall'Istituto Editoriale Italiano, teso all'educazione deibambini attraverso il gioco.

Spessola parola "scuola" è, per i fanciulletto, sinonimo di castigo; perlo meno essa si presenta alla sua immaginazione come antitetica allaparola "giuoco". 
Nonsarà più così...

Queste le parole usatedall'editore per presentare la collana, che aveva una veste graficasingolare. Si trattava infatti di una vera e propria scuola di cartoncino,o legno dipinto, dentro cui venivano sistemati i vari libri, nellevarie stanze.

Quando i libri sonocilindricamente chiusi, cioè arrotolati, la umoristica figura che vi èdipinta sulla copertina prende la forma e le sembianze di un fantoccio[...]. Cosicchè i sei fascicoli appaiono a tutta prima sei piccolecreature...

L'idea di associarel'apprendimento scolastico con il divertimento della lettura, o conil gioco, è cosa che per noi ha una lunghissima tradizione in ambitopedagogico. Il valore educativo intrinseco dell'atto ludico è ormairiconosciuto e, in maniera più o meno forte, sostenuto da psicologie studiosi di tutto il mondo. L'associazione fra apprendimento,crescita e la lettura, invece, ha il suo esempio più classico nellaletteratura di formazione.
Rubino, invece, sceglie una forma,quella dell'albo e della storia illustrata, assolutamente diversa,che fa più l'occhiolino ai manuali, agli abecedari, ai numerari. Comein Viperetta, romanzo di formazione suigeneris, anche qui Rubino si avvale dei codici propri dell'artesimbolista, surrealista, della pubblicità e della sua ironia per creareuna tipologia di albo che non abbia il mero compito di insegnare unanozione, ma che, come si vede sfogliando le pagine, crea una dimensione dilettura della realtà assolutamente peculiare.
Bellelettere è un "sillabario a figure per leggere senza sforzo";seguono Numeretta, O di Giotto,"nomenclatura figurata degli oggetti più familiari; Bestie perbene, Io asino primo, "racconto educativo"e Re Bifé, "deliziosa fiaba". Un percorso che partein modo strutturato, dalle lettere, per passare ai numeri, per arrivarealla parola scritta a definire gli oggetti; e poi gli animali e il loromondo, una lezione di morale e una fiaba. Un itinerario che porta allalettura di quest'ultimo racconto, attraverso un progressivo maturare dellecapacità immaginative e interpretative, dalla semplicità della letteradell'alfabeto alla complessità della decodifica dell'illustrazione inrelazione al testo.
I libretti sono capolavori di immagine,parola, sorpresa e straniamento, con una componente di rivoluzionaria,piccola follia in ognuno di essi.


In Belle lettere il ReAlfabeto presenta agli alunni delle elementari, all'ora del tè, le suefiglie-lettere. Un abecedario in rima per imparare il Be-a-Badove Rubino usa il carattere, l'emotività nascosta nelsuono delle singole lettere per costruire veri personaggi:

Tonda, grassa, soddisfatta
a direvero un poco sciatta,
ecco l'O che ha sempre il cuore
pieno zeppo di stupore.


Numeretta passa ben presto da unalezione illustrata sui numeri a una lezione sulla geometriae il disegno e, di pagina in pagina, scopriamo un interomondo popolato di personaggi come "L'Omo curvo", "Ottusello"e i "Poligoni ottentotti".

O diGiotto però è il racconto che più di tutti colpisceper immaginario, contenuti, e perché è un inno all'immaginazioneinfantile. La scrittura passa dalla rima dei precedenti libri allaprosa, e le immagini si prendono pagine intere, cacciando il testo inposizione subalterna. E chiave di volta è proprio la O, che da letteradiventa immagine, personaggio: un pittore capace di rappresentare ilmondo. La rappresentazione però è "sbagliata", deformata, ma proprioper questo, affascinante:

Perché, sele figure fossero state giuste, i bambini guardandole avrebbero detto:- Queste figure assomigliano alle cose che si vedono tutti i giorni.-E si sarebbero annoiati.

O di Giottonon scrive realmente, ma disegna con le "lettere dei piccoli", le figure,"che si possono leggere come si vuole".

E faun libro che fa molto dispetto ai grandi "che mancando di fantasia,non sanno leggere che le parole scritte".
Bestieper bene, Io asino primo e ReBifè sono tre racconti il cui lato didattico nonè di lineare interpretazione.

Nelprimo, Salinzucca Sperindeo si mette in testa di educare gli animalialla civiltà, e ci riesce, ma alla fine torna a casa con un pezzo dinaso in meno, azzannato dal leone; Io asino primonon è un libro solo per bambini capricciosi, ma anche per i lorogenitori oziosi; e Re Bifè, affetto da risataincontenibile, deve riappropriarsi del pianto sincero per salvareil suo regno.
Cosa resta di questa finalità educativa,scolastica, che animava le intenzioni dell'editore? Come declinaRubino i messaggi da trasmettere?


Le sue immagini parlano il linguaggio delle arti grafiche e dellapubblicità, della fotografia e delle avanguardie. I suoi testi sonoacuti e divertenti, e su tutto aleggia un velo sinistro. Non c'è lalimpidezza e l'univocità dei testi didattici tradizionali, non cisono le morali e nemmeno le regole.

Si tratta piuttostodi operette in cui Rubino crea un universo immaginifico e simbolicoche stuzzica la mente dei ragazzi, dimostrando un certo gusto per ilmacabro (la morte di O di Giotto), il grottesco (il morso del leone aSalinzucca Sperindeo) e attingendo al repertorio della favola e ai suoicodici.
Il segno di Rubino si unifica nella linea, nel colore,nella geometria. Questa relazione strettissima tra il segno della parole -la parola scritta, con le sue curve e stampatelli, a capi e maiuscole -e il contorno delle figure è la vera ricchezza iconografica di questolavoro.

Tutto è un continuum incui l'illustrazione non è più soltanto tale, ma è parte integrantedel racconto, componente decisiva alla definizione delle storiee dell'architettura delle pagine.


Ripensando anche all'espediente della casa-scuolain cartone in cui i libri venivano venduti, viene da dire che questoteatro di personaggi quasi psichedelici rappresenti una satira benpiù arguta e sofisticata, una specie di commedia della vita. Emergein particolare in Io asino primo, dove i genitoriborghesi non fanno una bella figura, ma è sottesa a tutto questoprogetto. Come se l'idea di "educazione" e di didattica fosse inqualche modo costantemente sottoposta a satira, una satira argutae non subito evidente, ma velata, nascosta nelle storie. Un invitoa non esagerare con dogmi e regole, che infatti vengono sempremessi in discussione e in parte ribaltati, ma partendo dall'ordinee dalle nozioni, ritrovare una capacità di critica e apprendimentoattraverso sguardo, lettura, parola.

E rileggendoi sei libri in quest'ottica si può dire che l'invito sia a unapprendimento lontano dagli adulti, lontano da convenzioni e facilirisposte, a farsi domande e cercare risposte oltre la realtà"noiosa", a portata di mano e occhio, per creare una visione delmondo che è forse l'unico vero modo per diventare un po' piùgrandi, dentro e fuori scuola.