A vederla non si direbbe

Io non sono mai stata piccola. Nel giardino dell’asilo guardavo con invidia gli altri bambini che, strana specie di fiori rampicanti, si appendevano a grappolo alle strutture portanti delle grandi altalene, le scalavano, restavano seduti là in alto a giocare e poi, con una capriola, saltavano giù. Io appartenevo a un’altra specie: ero una zucca che cresce da sola, per terra. Qualche giorno fa ho sentito una signora che diceva: «I piccoli certe differenze non le vedono: la mia Alice ieri ha giocato tutto il pomeriggio con un bimbo di colore e poi, la sera, mi ha detto: ‘Ah, sì? Era nero?’ Non se ne era neanche accorta!» Allora, peccato non essere stata nera da bambina, ho pensato. Nera, gialla, o qualsiasi altra cosa, tranne che me stessa.Perché io da bambina avevo una colpa imperdonabile, inenarrabile, una colpa che mi schiacciava come una maledizione divina: ero grassa. Grassissima. Io ero obesa, in un’epoca in cui gli altri bimbi erano magri.

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