Anselmo va a scuola

di Giovanna Zoboli e Simona Mulazzani, 2005 13,00 | Acquistalo su Topishop

A cinque anni e nove mesi, il primo giorno di scuola è un pensiero nero, anche per un coniglio di nome Anselmo. La fine delle paure è nel fischio della notte, a bordo di un’auto volante.

Anselmo va a scuola è un titolo che porta una notizia. Informa che nella vita di un coniglio di pezza, come in quella di un bambino, c’è un momento in cui si deve andare a scuola. [...] Se il titolo, in copertina, comunica un dato certo (situazione obbligata), il libro, internamente, osserva i suoi effetti, tracciando una serie di passaggi di stato: emotivi (dalla tristezza, al buon umore), cognitivi (dal non comprendere, al comprendere), pratici (dal non andare a scuola, all’andarci). Sono reazioni soggettive, che interessano sia i personaggi della storia sia il lettore. Perciò, in copertina, la soggettività si esprime in modo marcato. Qui, Anselmo è soggetto del titolo e dell’illustrazione, e l’illustrazione è un ritratto.

Anselmo è una figura tutta orecchie, nata per ascoltare e farsi ascoltare. Padiglioni, pupille e muso blu cobalto affermano un’attitudine: la profondità. La materia oleosa del pastello vivifica i tratti dell’animale e rende palpabile la sua umanità. Al tempo stesso, l’uso di forme arrotondate rende morbido l’impatto del lettore con il libro, con il protagonista e, più in generale, con il tema della scuola. Lo sguardo sereno di Anselmo, in copertina, si proietta sul viso del lettore, che da questa pacatezza trae un senso di pace; l’espressione di Anselmo placa, è l’opposto dell’arroganza, dell’impazienza, della soperchieria. Evoca anche l’esistenza di una lingua senza parole, fatta di sguardi. Cosa guarda, Anselmo? Forse un punto lontano, il futuro davanti a sé, oppure dentro di sé, che coincide con un modo possibile di essere e di pensare. «Il vero luogo natio», scrive Marguerite Yourcenar in Memorie di Adriano, «è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi». [...] Nell’atmosfera mansueta che accompagna questa lettura, si rifrange il parlottio della coscienza e il discorrere appartato, a distanza dai genitori, di voci di bambini che danno nomi e figure alle proprie paure, senza cedere un attimo al ricatto della sfiducia.

Anselmo va a scuola prova al lettore che animali, persone, adulti, bambini, possono comunicare fra loro in modo leale e non violento. [...] Fattori anagrafici, una passione condivisa per le carote, il divertimento per i viaggi in automobile, rendono questo bambino e questo animale creature speculari, complementari. Sono una coppia esemplare, amici inseparabili di sempre. In Anselmo va a scuola, ciò che unisce bambino e animale, è la possibilità di comunicare con precisione anche in modo non verbale, guardandosi negli occhi, osservando con attenzione gesti e comportamenti. [...]

Anselmo va a scuola è suddiviso in due parti. Nella prima, è giorno; nella seconda, notte. Quando è giorno Anselmo e bambino vivono nella realtà, quando è notte viaggiano dentro un sogno. La realtà è contrassegnata da luci chiare e da un uniforme sfondo nocciola. Il sogno, invece, ha un fondale granuloso (dovuto al tipo di carta dell’originale) e, di doppia pagina in doppia pagina, mostra quattro diverse tonalità di blu. La notte, in Anselmo va a scuola, è un momento in cui ritrovare la calma, superare il disagio, guardare la scuola in modo diverso. Anselmo ci va, entra in classe volando dopo aver viaggiato nel cielo, a bordo di un’auto rossa. [...] Dall’altezza dei sogni, l’ingombro dell’insicurezza si polverizza e cessa di deformare i sentimenti.

In questo punto, torna a esserci un’aria di gioco, spiritosa, che accomuna bambini, animali e oggetti e che ridà vigore al coniglio. È l’atmosfera propizia che nelle storie precede il verificarsi di fatti straordinari: infatti, come se nulla fosse, prendono a parlare lettere dell’alfabeto, dizionari, righelli, mappamondi, schermi di computer. [...] Intimoriti dall’energia dell’infanzia, gli oggetti del sapere si scambiano preoccupazioni. Anselmo, che ha fatto esperienza della paura, ne è toccato. Per infondere coraggio ai computer - i più spaventati di tutti, forse perché oppressi dal mondo virtuale cui danno vita, in opposizione alla trionfale concretezza dei bambini – Anselmo si espone in prima persona: “Senti, non ti devi preoccupare. […] È vero, i bambini sono vivaci. Ma anche molto gentili. Pensa a me: c’è qualcosa di più delicato di un coniglio? E osserva: neanche una scucitura!” Anselmo scopre che la paura è uno stato d’animo. Dipende da pensieri che si nutrono di cose che non si conoscono. Pensieri che si possono curare con l’esperienza: quella, per esempio, di un coniglio che è, sì, molto delicato, ma che, tuttavia, non ha neanche una scucitura. La fragilità cambia di segno: diventa, riflessione su di sé, pensiero e, quindi, forza. La cura proposta da Anselmo funziona, per sé e per gli altri.

Da Il muso della mitezza, di Giulia Mirandola, Catalogone, 2007.