Avventure /8: Sono una fabbrica di illustrazioni

Questa sono io. La foto è di FabriceBeau.

[di FrancescaFerri]

Mi chiamo Francesca Ferri eillustro libri di stoffa per bambini piccolissimi.
Il miomestiere, nella sua estrema specializzazione, suscita sempre moltacuriosità.
Qualche settimana fa, al pranzo per celebrareCicale,  ilprimo libro di Marta Iorio, ho finalmente incontrato dipersona Paolo Canton della casa editrice Topipittori e Anna Castagnolicuratrice del blog Le figure dei libri. In quellaoccasione, entrambi mi hanno chiesto di raccontare il percorso che mi haportato a fare questo lavoro. Si sono accapigliati un po' e, dopo qualchegiorno, mi hanno informato di essersi accordati: il post sarebbe uscito -se avevo veramente intenzione di farlo - sul blog dei Topi. Ed eccomiqua. Ignoro che cosa Anna abbia ottenuto in cambio

Ho studiato arte sperimentando grafica, pittura e arte concettuale,appassionandomi di quell'arte moderna che cerca di unire nell'operalinguaggi diversi, e mira a coinvolgere altri sensi oltre lavista.
Ho sempre cercato di giocare e divertirmi creandole mie opere e spesso il giudizio generale che ricevevo era che ilmio linguaggio sembrava indirizzato a un pubblico infantile, anchese in realtà non ne avevo avuto l'intenzione.
Finiti glistudi ho fatto diversi lavori nel campo delle arti visive. Poi io eOscar, il mio fidanzato, che fa il grafico, abbiamo aperto un piccolostudio e l'abbiamo chiamato Pirulino.


Questo è lo studio Pirulino visto dafuori...


Una delle prime commesse furono le illustrazioni di unlibro di archeologia per bambini, al quale lavorammo insieme aPietro Grandi, talentuoso fumettista.
Presentammole illustrazioni realizzate al concorso per la Mostra degli Illustratori dellaBologna Children's Book Fair e le tavole venneroselezionate.
Bisognava quindi sfruttare l'occasione perpresentarsi agli editori in fiera. Mi resi conto che i miei lavoridi illustrazione erano pochi per costituire un vero portfolio,cercai quindi di farmi venire qualche idea.


... edentro


La mia vita quotidiana in quel periodo era dedicata ai figli,piccolissimi, e al mio lavoro. Non avevo tempo di leggere neanche unariga di un libro o di vedere un film, per cui presi ispirazione da ciòche avevo intorno per inventare un libro di stoffa che cucii io stessa(credo non ci fosse neanche una cucitura diritta), composto da scenarisemi-astratti e corredato da animaletti sagomati con cui i bambinipotevano giocare liberamente sulle pagine.
Feci un testall'asilo nido, le "dade" dei miei figli e i bambini erano entusiasti,facevano i turni per giocarci: il libro piaceva e funzionava.
A questo punto dovevo presentarlo, ma come? Avevo visitatomolte volte la fiera, ma non conoscevo il mondo dell'editoria, nonsapevo come prendere contatti e nemmeno cosa dire per presentareil libro.

Alla fiera di HongKong.

Mi piacevanomolto gli albi illustrati di Chiara Rapaccini, così Oscar mi suggerì dichiamarla e chiedere consiglio a lei. Mi invitò nel suo studio a Roma:Chiara fu generosissima e mi spiegò l'ABC di rapporti e trattative congli editori. Apprezzò anche alcuni disegni a tratto molto grafico,quindi decisi di prepararne una serie da presentare in fiera. Credoche, al di là delle nozioni pratiche, Chiara Rapaccini mi abbia datouna grande spinta, mi abbia convinto a lanciarmi.

Giunta in fiera mi presentai agli editori che avevo selezionato,ricevetti tantissimi responsi negativi. Poi trovai due stand cheesponevano esclusivamente libri di stoffa. Uno in particolare, Rettore,era minuscolo. I due ragazzi che mi ricevettero mi dissero subito chenon era possibile produrre il libro in serie, perché i costi sarebberostati troppo alti, ma si mostrarono interessati all'idea e al miostile grafico.

Una delle fabbriche dove si producono i mieilibri.

Non era propriouna casa editrice. Era un "packager": un'azienda che crea progetti dilibri, li propone agli editori e li produce. Scoprii in seguito chequesti due ragazzi avevano aperto la loro attività da pochi mesi ecercavano qualcuno che gli curasse sia il design del prodotto sia leillustrazioni.

Cominciai così a collaborarecon loro: mi commissionarono le illustrazioni per un primo libro chefu un banco di prova per entrambi.
Come spesso capita allaprima esperienza sbagliai un poco la scelta dei colori e l'impostazionedella copertina non era risolta bene, ma feci di tutto per presentareun progetto tecnicamente perfetto e nei tempi indicati. Anche ilcommittente fu puntuale nei pagamenti e questo creò la base del nostrorapporto.

Da undici anni faccio libricosì...

Durante lalavorazione di questo primo libro nacque un forte scambio di idee suquali, come e quanti libri di stoffa avremmo potuto fare. Cominciaia stilare un elenco e lo aggiornavo continuamente.
A uncerto punto mi resi conto che erano decine di titoli e con un po'd'ansia chiesi: «Ma quand'è che li dobbiamo fare?» La risposta futranquillizzante: «Nei prossimi anni!» E  così è stato. Edè così che sono diventata una fabbrica di illustrazioni.

... ecosì...

In questi 11anni, ho disegnato circa duecento libri. Gran parte di questo tempo l'hotrascorsa dentro il mio studio, disegnando. Il lavoro a distanza puòrisultare un po' alienante, anche per una persona solitaria come me. Percompensare ho voluto conoscere approfonditamente tutto il percorso cheun'idea compie per trasformarsi in libro e finire in mano a  unbambino: ho visitato le fabbriche manifatturiere in Cina; ho incontratoalle fiere agenti, produttori ed editori di tutto il mondo; e ho condottolaboratori per costruire libri di stoffa con i bambini.
Amoil confronto con i bambini in età prescolare, mi regalano sempre puntidi vista inaspettati sul libro.
Amo anche andare alle fiere:parlare con persone provenienti da paesi e culture che mai avreila possibilità di conoscere, è un confronto stimolante.

... ecosì.

Tra tutti gliincontri mi piace ricordare un signore armeno, intellettuale poverissimo,che tutti gli anni viene allo stand Rettore durante la Buchmesse diFrancoforte, entusiasta dei nostri libri e che ogni volta,fissandomi con i suoi  grandi occhi azzurri che sembrano finitiper sbaglio nel volto scuro e barbuto, mi dice: «Ce la farò, sonosicuro che ce la farò a portare questi libri nel mio paese!» e io ognivolta gli rispondo di sì, anche se entrambi sappiamo che nessun bambinoarmeno potrebbe permettersi di comprare neanche una pagina di un libro distoffa...

Unpo' dei miei doudou sullo scaffale, pronti per essereadottati.

Alla fine ditutto il processo, il libro finisce nelle mani di un bebè, che lo studia,lo scuote, lo stropiccia, lo ciuccia e lo usa per sperimentare e conoscerese stesso.
Il mio augurio è che ogni libro possa essere perun bambino e per chi gli sta accanto un'occasione per scoprire insieme lameraviglia delle cose che accadono per la prima volta.
E che ungiorno questo possa succedere anche in Armenia. In fondo, è già successopiù o meno un milione e mezzo di volte, in ogni angolo del mondo. Perchénel preparare questo post ho fatto un po' di conti e ho scoperto, nonsenza sorpresa, che i miei duecento libri sono stati venduti in tuttoil mondo in un milione e mezzo di copie (in totale, non ciascuno).

Prendete questo bambinoe moltiplicatelo per un milione e mezzo.
Impressionante,vero?
Sotto la rubrica "Avventure" trovateanche questi post:
1) La fondazione di uno studio che contiene10 illustratori
4 bis) Un posto per disegnareinsieme (e scusate l’errore dinumerazione)
6) Lo studio dei 10 illustratori un annodopo