Fidiamoci di loro

Allenove del mattino,
il mondo è ancora inordine. 
Una fiera commerciale, come la romana "Più libri piùliberi" da cui siamo appena tornati, è un osservatorio idealeper l'editore che abbia voglia di prestare occhio, orecchio epensiero ai suoi lettori e ai criteri, agli impulsi a cui questi siaffidano nell'addentrarsi nella foresta dei suoi titoli. L'editore,infatti, si è costruito nel tempo un'idea molto precisa del propriocatalogo. Lavorare per anni sui singoli libri, la lunga consuetudine conle loro specifiche problematiche autoriali, produttive, editoriali, glipermette di instaurare con ognuno di essi un rapporto unico, intenso,approfondito. È stupefacente, dunque, per lui rendersi conto dicome il contatto casuale, fra libro e lettore, l'incontro fra le lorodiverse identità, sia in grado di far scoccare una sorta di scintillamagica, creatrice, in grado di spazzare via ogni pregressa esperienza,conoscenza, azzerandole completamente, per porlo, indifeso, davanti auna creatura del tutto irriconoscibile e sconosciuta, nuova, su cuipoter posare uno sguardo carico di inquietudine, e perciò acceso,attento. E con ciò di poter vedere di essa cose mai viste, sapute,intese. Se poi il lettore di cui sopra, è un bambino, l'esperienza ètanto più interessante, destabilizzante. 
Un editore considerabile nel novero di coloro che editanoi famigerati libri per i “figli degli architetti”, per esempio,può scoprire improvvisamente di fare libri per bambini normalissimi,chissà poi figli di chi. Libri che i bambini leggono, guardano, toccano,capiscono, desiderano e, infine, vogliono che siano acquistati, cosìcome fanno con una normalissima cosa che gli piace, come il gelato,la pizza, la macchinina, l'orso. Libri che in seguito si farannoleggere per mesi, tutte le sere, da nonne, zie, mamme, papà. Escoprire che un sacco di gente normale, senza laurea in architettura,ma delle più disparate esperienze, culture e provenienze, quel libro,il più delle volte, è disposta a comprarlo se il suo bambino diceche sarà bello, che gli piacerà,anche se magari ha un testo che si potrebbe giudicare troppo “lungo”o “complicato”, o troppo "corto" e sintetico, o dominanti cromaticheinusuali, o tematiche “difficili”, improprie in quanto non specifichealla fascia d'età, o è manchevole di una fine chiara o addiritturadi un lieto fine, o non è scritto in caratteri ritenuti adatti, o haillustrazioni eccessivamente complesse, “da adulti”, o è dotato diuna copertina non sufficientemente sgargiante, magari troppo nera, troppobianca... 
Dopo un'esperienza così,un editore può tornare fiduciosamente al proprio lavoro, con nuoveenergie e nuove speranze. E riflettere sul fatto che oggi molti equivocia proposito di quel che nei libri piace o non piace ai bambini, quel chesi deve o non si deve dar loro sotto forma di libro, non si fonda sullereali capacità e potenzialità dei bambini lettori, ma su un prodottomedio basso che nel pensiero degli adulti ha preso il posto dei bambini,e su codici visivi e linguistici che una lunga, perversa consuetudinecommerciale, editoriale e non, ha imposto al nostro immaginario diadulti come adatti o adeguati ai bambini. 
Poco, in verità, questi hanno a che vedere con loro econ la loro acuta intelligenza, sensibilità, capacità di vederee riconoscere la bellezza, con la loro voglia di crescere, cioèdi sentire tutta la gioia avventurosa di affrontare cose nuove edifficili. 
Piuttosto questicodici hanno a che vedere con noi, con le nostre scelte, il nostrogusto degradato e conformista, la nostra incompetenza, faciloneria,superficialità, ottusità, ridotta spinta vitale, pigrizia, mancanzadi coraggio e incultura.
Torniamoai lettori. Torniamo ai bambini. 


Viva i bambini! Fidiamoci diloro.