Questo gioco prima di dormire

Oggiprosegue la carrellata di novità che troverete aBologna. 

Su questo libro non perdetevi lamostra Poesie della notte, del giorno, di ogni cosaintorno. Illustrazioni e poesie di Marina Marcolin eSilvia Vecchini, che lunedì, 24 marzo inaugura a Bologna, presso Atelier Les libellules, ViaSan Vitale 36/G , alle ore 18 e fino alle 21 (ingressolibero). 

L'iniziativafa parte di Settemostre, un percorsoa cura di ZOO
in occasione di Children's Book Fair2014.


Per parlare di questo librodevo iniziare da una poesia.


Il mio gioco preferito prima
di dormire èfingermi
un sasso in mezzo
al bosco. Esserecoperta
di muschio, stare
dentro l’oscurità,stare
nella pancia del lupo
sapendo chenessuno
mi mangerà.

Illibro è nato qui, in questo gioco prima di dormire. Naturalmente,da sola, questa poesia non sarebbe bastata. Ci voleva un po’ dilievito. Ce lo ha messo Giovanna.

Raccontoquesto particolare perché per me è straordinario e la dice lunga suchi sia un editore. Giovanna ha letto questa poesia e in questi nove,brevissimi versi, sapendo poco o niente del mio percorso, ci ha trovatodentro un libro che ancora non esisteva.
Mi ha chiesto seci fossero altre poesie. Le ho detto che scrivevo da sempre versi, mapensando agli adulti. O meglio, scrivevo e basta.
Giovannami ha detto di provare.
Io mi sono fidata. Allo stessotempo sapevo una cosa: con la poesia non si bara, non si finge,non si costruisce. O almeno è così per me. O c’è, o nonc’è.
Per fortuna c’era.

C’eraperché è la poesia la lingua in cui ho sempre pensato e detto lecose che più mi toccano, perché è il mio modo di allacciare coselontane, ricomporre il senso di quello che mi circonda. C’era perchéavevo conosciuto presto la forza che la poesia aveva su di me, avevoscoperto la poesia proprio da ragazzina.
C’era perché nelfrattempo avevo vissuto e stavo vivendo l’infanzia e i suoi passagginei miei figli ed ero caduta, di nuovo e in pieno, nella mia.
Una alla volta, a gruppetti, a grappoli, con varie gocciolaturefinali e riprese, sono arrivate le poesie. Scritte ai margini di altrecose, in fogliettini, quadernetti.

Piùscrivevo, più definivo il linguaggio, più mettevo a fuoco il cuore dellibro. Più avevo voglia di scrivere, ma sempre senza forzare.
Non volevo soluzioni facili o “poetiche”. Anche se i lettorierano bambini, soprattutto perché erano bambini.
In unasua cartolina di risposta ai miei versi scritti a vent’anni (tral’altro fantastica perché ritraeva la cripta dei Cappuccini a Romain assoluta consonanza con lo spirito del mittente), Patrizia Valdugami disse in sostanza che ero sulla strada giusta, mi incoraggiò moltoa proseguire e mi mise in guardia dalle poeticherie. Non me lo sono piùscordato.

Dasubito, anche se procedevo per tentativi, ho capito che il libro dovevaaprirsi con la notte (perché il libro era stato scovato proprio in unapoesia notturna) e chiudersi con la notte.
La lettura dovevaabbracciare una giornata anche se dentro si attraversavano stagioni.
Volevo che per i più piccoli fosse sì un’esplorazione, ma cheavesse un ritmo quotidiano, familiare. Che nei versi incontrasserooggetti, gesti, persone, discorsi e si riconoscessero. Volevo cheinvece per i più grandi fosse una lunga immersione, un ripercorrerequasi da sogno, per poi risvegliarsi come da un incantesimo, in ungiorno nuovo, ancora da fare, in un’età diversa, sul confine,aperta a quello che deve accadere.

Ele immagini? Scrivendo poesia per gli adulti, in principio non mifiguravo che volto avrebbe potuto avere il libro. Paolo mi dissedi aver scelto Marina con un intuito e una precisione che ancoraadesso mi stupiscono.
Grazie a Giovanna, Marina e io cisiamo incontrate a Bologna. In seguito abbiamo avuto qualche scambio,molto intenso, sui testi. Ho capito che era la persona giusta dallasua delicatezza e sensibilità. Sentiva la poesia. Per questo nonho chiesto di vedere niente fino alla fine. Mi fidavo di Giovannae Paolo e volevo essere sorpresa dalla lettura di Marina.
Ed è quello che è successo. Non avrei potuto chiedere dimeglio.
Come io avevo scritto in assoluta libertà, lei neavuta altrettanta nell’illustrare.

Aimiei occhi Marina ha colto ogni occasione che il testo offriva per farsentire questa età di passaggio, questa soglia sfumata, questo saluto,lento, pieno di gratitudine per tutto quello che c’è, per quello cheè stato, quanto ha significato e continuerà a significare il tempomisterioso, stupendo, dolce e aspro insieme dell’infanzia quando lastai per lasciare, questa punta di dolore che si scioglie nella graziadi certi momenti e nell’allegria per la voglia di andare a vedere cosaci sarà. Non è un caso che, nelle immagini di Marina, la leggerezzadegli uccelli, delle piume, accompagni tutto il libro e ci dica senzapaura che c’è un nido da lasciare, un volo tutto da iniziare.

MarinaMarcolin, taccuino di appunti per Poesie della notte, delgiorno.


 Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato a questolibro. In particolare Giovanna e Paolo per la loro fiducia, la sapientee attenta cura del progetto, Marina perché ha messo in questo libro sestessa e ha regalato ai miei versi i suoi colori particolarissimi.
La dedica è per i miei figli e l’ultimo grazie ad Antonio. Nonricordo una sola volta che in questi venti anni non abbia salutato una miapoesia con un bacio.

Marina Marcolin, una tavolaper Poesie della notte, del giorno, work inprogress.


[di Marina Marcolin]

“Cisono delle poesie, scritte da Silvia Vecchini, che dovresti provarea illustrare tu” .
Con questa frase che, confesso, mi hafatto tremare non poco, è cominciata un’ avventura intensa, fatta dicose piccole e immense.
Quando ho letto le poesie la primasensazione è stata “naturale”, nel senso di affine alle sensazionidell’infanzia e anche del vivere presente, ma anche della naturaintesa come stagioni, vento, cambiamenti, attese, rumori e silenzi.

Marina Marcolin, una tavolaper Poesie della notte, del giorno, work inprogress.

Leho subito sentite così vicine che dovevo illustrarle con la chiavedi lettura che sentivo più personale e intima, con lo sguardo cheadopero quando il disegnare e dipingere è necessario come respirare,camminare. Allora ho fatto ciò che mi è più naturale: ho apertoil blocchetto degli schizzi e ho camminato con loro; per portare leparole di Silvia con me le ho imparate a memoria e quando i miei occhiincontravano la sensazione dei testi, il disegnare era un tutt’uno conle poesie tra le labbra.
“Documenti d’atmosfera”, cosìli aveva definiti Paolo prima che mi mettessi al lavoro e così ho cercatodi raccontare. La fiducia che mi è stata data ha fatto sì che questopercorso si sia svolto con naturalezza, con lo scambio e il rispetto. Undono.