Su un foglio bianco, tutto è possibile

All'inizio dell'estate è stato pubblicato in Francia, da Èditions MeMo, un libro  di straordinario interesse. Si tratta di una biografia artistica di una delle più grandi e, probabilmente, meno conosciute illustratrici del Novecento: Elisabeth Ivanovsky. Un libro (Elisabeth Ivanovsky. Sur la page blanche, tout est possible) che non trae importanza solo da una documentazione ricchissima e da riflessioni acute e approfondite sull'opera variegata e, in alcune sue manifestazioni genuinamente geniale di una illustratrice che ha contribuito a "inventare" il libro per l'infanzia così come lo conosciamo - anche attraverso alcune arditissime sperimentazioni grafiche che hanno influenzato alcuni talenti attuali -, ma anche dall'evidenza in cui mette - per quanto non esplicitamente - il lavoro culturale dell'editore.

La riscoperta contemporanea di Elisabeth Ivanovsky si deve a Christine Morault e Yves Mestrallet delle Èditions MeMo, che dal 2007 ripropongono i libri più interessanti e importanti illustrati dall'artista belga, di origini bessarabe, in stretta collaborazione con il figlio di lei, Georges Meurant, che è anche l'autore di questa monografia. Questo lavoro di ricerca e di approfondimento dell'opera di un'illustratrice insigne non trova il proprio fondamento solo nell'opportunità di sfruttamento commerciale e nel soddisfacimento dei desideri di raffinati bibliofili e bibliotecari preoccupati di mettere a disposizione del pubblico opere di grande valore senza mettere a repentaglio il patrimonio dei libri preziosi e rari. Da questo libro, e dalla sua relazione con il catalogo della casa editrice, si evince con estrema chiarezza quale possa - e forse debba - essere il "discorso culturale" sviluppato da una casa editrice seria. 

Un discorso che da un lato si fonda su un'intensa attività di indagine sul contemporaneo e dall'altro suggerisce e rende imprescindibile un costante lavoro di scavo sulle radici della contemporaneità. In questo discorso, di quando in quando, prende forma un libro come questo, che sonda non solo la dimensione artistica dell'opera di un autore, ma anche la sua dimensione politica ed etica. Una dimensione che esiste nell'opera di tutti (o quasi) gli autori, ma che in alcune occasioni, come in questa, assume una manifesta rilevanza.

Citiamo dal libro: «Elisabeth illustra fin dall'infanzia. Adolescente respira "l'aria dei tempi" - la speranza, suscitata dalla Rivoluzione [d'Ottobre, della quale ricorre in questi giorni il centenario, NdR] di costruire un mondo nuovo, più rispettoso delle persone. Da sempre considera il lettore di immagini come una persona diversa, più completa, anche nel caso si tratti di un bambino, perfino molto piccolo, e ritiene dovere dell'illustratore trattarlo come un cittadino consapevole, contribuire a emanciparlo attraverso una cultura della sensorialità e dell'immaginazione. Ha partecipato all'invenzione del libro per ragazzi, fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento, in un contesto visivamente vivace. Dopo la guerra, l'abbandono dell'illustrazione destinata agli adulti e l'industrializzazione dell'editoria per ragazzi hanno ridotto l'intensità della sua opera: da allora non ha più condiviso l'intimità e il rischio della vera e profonda relazione dell'illustratore con la narrazione. [...] Quale editore ormai si accontenta di libri di immagini, privi di testo, se non nel caso siano destinati al pubblico dei più piccoli? La letteratura che Elisabeth ha servito è nella più parte dei casi invecchiata al punto da rifiutare, oggi, la riedizione di alcune delle sue opere».

Da Ricochet si apprende che: Nata nel 1910, a Kichineff, nell’attuale Moldavia, fin dall’infanzia Elisabeth Ivanovsky illustra piccole storie da lei scritte. Studia alla Scuola d’arte di Kichineff, i cui insegnamenti si basano sulle teorie dello strutturalismo, a cui aderisce completamente, facendole proprie e rifiutando ciò che l’arte era stata prima della Rivoluzione. A Bruxelles prosegue i suoi studi a partire dal 1932, a La Cambre, scuola ispirata al modello del Bauhaus. Qui lo scrittore Franz Hellens le propone di illustrare un testo per bambini, Bass­Bassina-Boulou, storia di un feticcio africano. All’inizio vincolato a limiti di stampa, il suo stile raffinato e dai colori piatti risente del clima della Rivoluzione. Elisabeth Ivanovsky ha contribuito allo sviluppo dei libri per l’infanzia in Belgio, dove dovettero passare trent’anni prima di veder emergere una produzione di qualità. 
Nel 1937, Elisabeth incontrò il poeta René Meurant. Insieme pubblicarono la collezione Pomme d'Api aux Éditions des Artistes, che ebbe grande successo commerciale. In seguito, illustrò oltre 300 libri per bambini, sperimentando diverse tecniche e linguaggi. Oggi, gli eredi di Elisabeth Ivanovsky sono numerosi (Delphine Chedru, Blexbolex, Gwenola Carrère, Anne Crausaz...). E mentre si assiste a un ritorno a metodi educativi fondati sull’esperienza, va imponendosi un’estetica nuova, più raffinata. Le illustrazioni a tinte piatte stampate in colori dichiarati (Pantone), accompagnano questa tendenza.

Una delle cose che Elisabeth Ivanovsky. Sur la page blanche, tout est possible ci insegna, in sé e nella sua relazione con le centinaia di altri libri pubblicati dal medesimo editore, è quanto sia illusorio cercare di rintracciare, evidenziare e diffondere valori etici e politici attraverso un'unico libro. Non esiste libro (o, forse, ne esistono solo pochissimi nell'intera storia dell'umanità) sul quale si possa caricare tanto onere senza distruggerlo, renderlo pesante, indigesto e - alla fin fine - dannoso. Questa dimensione va cercata nel complesso dell'opera: nel corpus della produzione di un autore o di un illustratore; nel catalogo di un editore. 

Non tutti i libri di Elisabeth Ivanovsky sono capolavori. Anzi, alcuni sono francamente scadenti, e il brano citato lo lascia intendere esplicitamente. Non tutti i libri pubblicati da Èditions MeMo sono rilevanti. Anzi, alcuni finiranno dimenticati. Ma nel complesso dell'opera di questa autrice e di questo editore si identifica con chiarezza una coerenza che non è fedeltà a se stessi e alla propria immagine pubblica, ma a un'idea di libro, un'idea di infanzia, un'idea di cultura. E della relazione che fra questi tre soggetti debba intercorrere.
Georges Meurant, Elisabeth Ivanovsky. Sur la page Blanche tout est possible
Nantes, Èditions MeMo, 2017