La capacità di vedere

Abbiamo conosciutoil lavoro e la figura di Giulio Gianini in occasione della mostra torinese dedicata a lui e a EmanueleLuzzati. In quell'occasione Antonella Abbatiello, che conoscevaGianini molto bene per aver a lungo collaborato con lui e Luzzati, ciinviò il link a un documentario su Picasso girato da Gianini che cisembrò bellissimo (il link oggi però non è più attivo). Per questoabbiamo chiesto a Carla Rezza Gianini di far conoscere meglio a noi e ainostri lettori il lavoro di questa straordinaria persona. La ringraziamodi cuore per questo articolo che ci ha regalato.

[di Carla Rezza Gianini]

Mio marito Giulio Gianini era grande appassionatodi cinema fin da ragazzo. Nel primo dopoguerra, non ancora ventenne,si era costruito da solo un perfetto proiettore 35 mm e organizzavaproiezioni di film mai visti prima per i suoi amici, giovani quanto lui,nel garage di casa a via Monti Parioli. Garage che era diventato neglianni successivi, per molti affermati professionisti e cineasti, unasorta di luogo mitico nel quale ricreare il ricordo della giovinezza edi quegli anni straordinari. In quella Roma, “stupenda e misera” comecantava Pasolini, che cercava ancora di chiudere le ferite della guerra,ma percorsa da straordinari fermenti ed energie, si caricava le pizze 35mm a bordo di una bicicletta sgangherata e le trasportava dai depositidei distributori su per la collina dei Parioli, per poi proiettarli auna platea quanto mai variegata, che andava dai semplici coetanei allefiglie del Re dell’Afghanistan, da Alida Valli a Luchino Visconti. Moltepellicole americane, ma anche tanto cinema francese, come tutto RenéClair e l’amatissimo Les Enfants du Paradis.

Al bancod'animazione.


Dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti come scenografo,si specializzò invece sin da subito e praticamene da autodidattanella pellicola a colori, della quale fu pioniere in Italia, tantoda vincere per questo il Nastro d’Argento nel 1952, a soli 25anni. Il prestigioso riconoscimento gli valse una serie di incarichicome direttore della fotografia, prevalentemente nel campo deldocumentario d’arte, realizzati assieme ad alcuni importanti registiitaliani. In quegli anni, Giulio era uno dei pochi direttori dellafotografia italiani a saper valorizzare le pellicole reperibili inItalia a prezzi contenuti, cioè la Ferrania e la Gaevert, ottenendocolori straordinari e luci bellissime. Pur essendo una persona chenon si vantava facilmente, raccontava con un po’ di civetteria cheera stato lui ad aver insegnato in quegli anni l’uso del colore amolti colleghi che sarebbero poi diventati famosi.


Al bancod'animazione.


Parallelamente aveva però sperimentato per divertimento deifilmati di animazione sia con il suo amico pittore Gian Berto Vanni,sia con l’altro amico regista, Citto Maselli, anche loro entrambigiovanissimi. Il pallino dell’animazione veniva dritto dritto dalla suapassione per il teatro dei burattini per il quale allestiva spettacolinicasalinghi, obbligando parenti, amici e le adoranti domestiche a fareda pubblico: ho ancora in casa meravigliosi burattini realizzati congrande maestria da suo padre Carlo, geniale ingegnere meccanico, con unevidente coté ludico che condivideva con il suo figliopiù piccolo. La passione per la musica, invece,  gli venivadalla madre Marcella, appassionata melomane e discreta pianista.

 Tavola originale di Luzzati perPulcinella


Cinema, burattini, musica: ecco qui gli ingredienti che nefaranno uno dei maestri dell’animazione mondiale. Ma restiamo ancoraai documentari, ai quali Giulio – tranne sporadiche eccezioni nelmondo del lungometraggio – rimarrà fedele per tutta la sua carrieradi cineasta dal vero. In quegli anni, perciò, gira una quantità didocumentari di tutti i tipi, a sfondo sociale, industriale, paesaggisticoe artistico. In questo contesto, si pone il documentario del 1954 suPicasso per il quale il regista Luciano Emmer lo chiamò come direttoredella fotografia: uno dei primi girati a colori sull’opera del grandemaestro.

ConPicasso.


Un’esperienza ovviamente indimenticabile: erano decine gliepisodi grandi e piccoli che raccontava, dalla meraviglia di vederel’artista al lavoro, non soltanto per creare come per magia le sueceramiche o i suoi dipinti, ma anche per fabbricare con gli oggettipiù disparati i giocattoli per i figli piccoli Claude e Paloma;oppure le visite di cortesia agli altri “mostri sacri” cheabitavano nei dintorni; e ancora, Picasso che affrescava davanti allamacchina da presa un’intera parete con “La Guerra e la Pace”,uno dei momenti più emozionanti del lungo documentario. Ma certoil rimpianto della sua vita fu quello di non aver creduto fino infondo alla proposta che Picasso stesso gli aveva fatto: di realizzareun’animazione assieme, quando aveva saputo della sua passione perquesta arte. Finite le riprese e rientrato in Italia, la sua timidezzagli impedì di tornare alla carica e di riparlarne con l’artista.

Gianini eLuzzati nel boccascena di un teatrino disegnato per il FlautoMagico.

È in quegli stessi anni che Gianiniconosce Luzzati: incontrando lo scenografo,gli chiese subito di dipingergli il boccascena del suo famosoteatro dei burattini. Luzzati, che condivideva la stessa passione,non se lo fece ripetere due volte e fu così che nacque la lorocollaborazione. Perciò, non stupirà nessuno sapere che i loroprimi tentativi d’animazione avevano per protagonisti proprio ipersonaggi della Commedia dell’Arte, come Arlecchino e Colombina,ma soprattutto Pulcinella, quel piccolo eroe scapestrato cheè stato il compagno-totem di tutta la loro carriera.

Giugi e Lele, cometutti li chiamavano, avevano due personalità molto diverse e perciòcomplementari, unite da una grande sintonia, che passava attraverso canalimisteriosi, noti solo a loro due. Li accomunava la straordinaria abilitàartistica e professionale, oltre a una componente di entusiasmo candidoe disarmante, una profonda amicizia, un grande senso dell’humour equella incapacità di prendersi troppo sul serio, anche quando erano ormaidiventati famosi. Il loro lavoro aveva una forte componente giocosa e ilgrande divertimento era trovare assieme le soluzioni per procedere con lesequenze da girare. Soggetto, sceneggiatura e regia erano opera comune;dopo di che, l’uno realizzava con semplicità e freschezza una stupendae coloratissima tavolozza a cui l’altro dava vita, lasciando inalteratoil messaggio dell’artista, sia in termini cromatici che poetici.

Ma va ancheaggiunto che Giulio era un grande tecnico del mezzo cinematografico:non si limitava ad animare, ma partiva proprio dalle basi, nel sensoche la sua verticale con il banco d’animazione li aveva costruitipersonalmente, anche con l’aiuto di una serie di improbabili maindimenticabili fornitori di materiali tecnici, con rivendite al mercatodi Porta Portese. Inoltre, comprava la pellicola adatta, la girava e poila sviluppava a Cinecittà, rompendo le scatole a tutto lo stabilimentofinché non otteneva esattamente i colori che diceva lui. Dopo, montavatutto il materiale, sincronizzando le colonne. Insomma, faceva da soloil lavoro di cinque o sei persone diverse. Anche se il suo più grandetalento era la capacità di “vedere” in anteprima la sequenza chepoi avrebbe girato: la tecnica del decoupage vafatta principalmente sotto la macchina da presa e non con un “fogliomacchina” prestabilito, come nella tecnica tradizionale a fasi, doveun operatore può filmare le sequenze sui fogli numerati. Competenze cheha trasmesso nel corso di una lunga carriera al Centro Sperimentale diCinematografia, a numerosi giovani animatori italiani, per i quali nonera solo un maestro, ma una sorta di fratello maggiore, con il quale sistabiliva un rapporto paritario e a volte di duratura amicizia.

Con Leo Lionni, neglianni Settanta.


Giulio ha realizzato anche cinque piccoli film con Leo Lionni,straordinario grafico e illustratore. Collaborazione connotata da unabella amicizia e dalla reciproca ammirazione di due tecnici-creativi. Seinfatti Lionni era in grado di raccontare poeticamente e illustraremagistralmente le sue moderne fiabe, la grande esperienza di Giuliocome direttore della fotografia a colori e il suo innegabile talento dianimatore – cioè inventore di movimenti – riuscivano a convertirequelle immagini in puro linguaggio cinematografico.
Il lororapporto professionale, o meglio l’incontro tra due perfezionistimaniacali, era estremamente diverso da quello tra Giulio e LeleLuzzati. Qui esisteva una sorta di teatro nel cinema, dove molto eralasciato all’improvvisazione di entrambi e che sinteticamente sipuò riassumere con la frase “elogio dell’imperfezione”.

 Durantela lavorazione del film È mio diLionni.


Con Leo, che invece metteva a disposizione le impeccabili immaginidei suoi libri, il lavoro era contemporaneamente più semplice dalpunto di vista grafico ma molto più impegnativo sotto l’aspettotecnico.  Provate voi a disegnare, ritagliare e animare decine,centinaia di zampette di rana, codine di topo e pesciolini rossi… Èquello che ci trovammo davanti io e Antonella Abbatiello, loro amicae preziosa collaboratrice, a sua volta raffinatissima disegnatrice,quando mi accinsi a disfare, assieme a lei, quanto rimaneva dello studiodi Gianini e Luzzati. Fu lei che, con infinito amore e una precisionemaniacale degna dei suoi maestri,  ricompose molte delle tavoled’animazione da cui sono stati tratti i cinque film di Lionni.

 Immagine di Lionni per il filmGuizzino.


Raccogliendo questi pochi ricordi di vite altrimenti intensissime,mi viene in mente come tutti questi vari mondi interagissero fraloro, apportando ognuno tesori inestimabili all’altro: così,dal mondo del cinema romano nacquero i titoli di testa dei film suBrancaleone di Monicelli, o l’attenzione cheFellini dedicò sempre al duo Gianini-Luzzati; e viceversa, tutto ilmondo teatrale, musicale e culturale che ruotava intorno a Luzzati (quii nomi sono troppi per elencarli) ha sempre svolto un ruolo di primopiano nei loro film; mentre Lionni, che nella sua vita straordinariaaveva incrociato le strade artistiche di quasi tutto il secolo scorso,venendo a contatto con molti autori di grande fama (come AlexanderCalder, per il quale Giulio girò uno dei suoi ultimi documentari, maimontato e inedito, nel 1970), apportò la sua insuperabile esperienza dicittadino del mondo.

Brancaleone didottor_h