Perché leggere è importante?

[di Barbara Scotti]

Quando ho iniziato a lavorare in libreria ho provato, in alcune situazioni, un certo stupore e a distanza di tempo, ancora ne sono colpita (un po' ingenuamente, lo ammetto). Una di queste è la necessità di spiegare il motivo per cui è importante (e bello) leggere. Con la bellezza non sempre si riesce a far presa, a catturare l'attenzione (Eh si, è bello ma il tempo chi lo trova? E quanto costano i libri ...).

Più facile invece con l'importanza e la necessità della lettura. La maggior parte dei genitori è sensibile a questo argomento: «I
bambini devono imparare a leggere! I bambini devono esercitarsi nella lettura! Lo dice anche la maestra!»

In me la sorpresa nasce dal fatto che ho sempre letto molto, fin da piccola. Andavo in biblioteca e oggi vado in libreria. Sempre. Non ho quindi bisogno di motivazione né di spiegazioni. Leggo e basta. Inoltre la mia frequentazione con i bambini, in questi anni da libraia, mi ha mostrato chiaramente che basta prendere in mano un libro e leggerlo, raccontare una storia, e i bambini si fermano e ascoltano.

In questo articolo ho raccolto delle suggestioni sull'importanza della lettura e della narrazione in cui negli anni mi sono imbattuta. Se siete fra quelli che vogliono farsi spiegare perché leggere è necessario (e bello), allora questo articolo è per voi.

Prima del libro era la voce

Prima dello scrittore c'era il poeta, che cantava accompagnandosi con la lira. Prima del libro c'era la voce, quella della madre, che si ode da prima della nascita. Perché il futuro re Enrico IV non fosse di cattivo umore, ogni mattina una dama della corte cantava un'aria al cospetto di sua madre, per tutta la durata della gravidanza. Allo stesso modo, le donne cantano o raccontano ai bambini che hanno in grembo delle storie che sono altrettante musiche, e quelli le ascoltano: è stato notato che i neonati preferiscono ascoltare una storia che è stata letta loro dalla madre durante la vita intrauterina piuttosto che una raccontata dopo la sua nascita.

[…] Lo sbocciare della psiche avviene poi nel neonato attraverso il rapporto con la madre o con la persona che si prende cura di lui e che equivale alla madre; negli scambi sensoriali, nel contatto dei corpi, nel ninnare e nel cantilenare di canzoni e filastrocche; poi nel dialogo nelle parole materne che fanno da contrappunto alle prime sillabe balbettate; in questo spazio tra dentro e fuori in cui si spiega la voce materna che il bimbo ascolta, voce apportatrice di senso […] .

Se poi si sente a proprio agio, arriva un momento in cui prende in sé la voce della madre; in un certo senso se ne appropria
[…] riprendendo la canzone che lei canta o la storia che racconta […] Queste sonorità, questa storia, lo proteggono […]  Rappresentano […] il viaggio del bambino che passa dallo stato di unione con la madre allo stato in cui è in relazione con lei, in cui può accettare la separazione e beneficiare di essa […] inizia a costruirsi come soggetto […] .

L'esperienza estetica ha origine in questi primi legami tra madre e figlio. La lettura si inscrive nel prolungamento di queste esperienze
[…] in cui a partire da una situazione gratificante, si prende qualcosa che viene dall'altro per trasformarlo nel proprio percorso individuale. (M. Petit, Elogio della lettura, Ponte alle grazie, pagg. 29 e 30).

Dunque, parla a tuo figlio!

Hai un potere di umana magia nella gola, unico eppure comune: perché ne sei avaro? Parla con lui, con lei. Non negargli ciò che sai fare, che gli serve. E se non sai cosa dire, ci sono sorgenti di parole giuste, che son fatte per questo: leggi un libro. (R.V. Merletti, B. Tognolini, Leggimi forte. Accompagnare i bambini nel grande universo della lettura, Salani editore, pag. 6).

Luigina Mortari (professore ordinario di Pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze Umane dell'Università di Verona, n.d.r.) analizza il tema della cura […] individuandola come pratica di emancipazione (non di protezione, come spesso è male intesa). La studiosa sottolinea, inoltre l'importanza per i soggetti […] della scoperta di come ciò che si riceve come dono all'interno di una pratica di cura è […] ri-donabile. […]

Una delle pratiche in cui […] la cura evidenzia il suo potenziale di intensità affettiva coniugato con gli aspetti portatori di emancipazione, autonomia e incremento delle risorse cognitive, è quella in cui un adulto racconta una storia a un bambino. […] La pratica di cura e il vissuto gratificante e rassicurante legato ad essa si mettono al servizio di un processo di emancipazione culturale e cognitiva, poiché trasferiscono progressivamente sul piano simbolico […] l'originaria relazione fondata sulla soddisfazione di esigenze primarie. (M. Dallari, Incanto e racconto nel labirinto delle figure,  edizioni Erickson, pagg. 24 e 25).

Chi ha frequentato un po' i bambini e ha letto loro delle storie, sa bene che a un certo punto iniziano a raccontare quelle stesse storie, fingendo di leggere a loro volta.

E infatti anche lei cominciò a raccontare. Agli amici di gioco, a casa, e ai compagni di scuola, a mensa. Dapprima, quando era più piccola, inventava le storie […] poi più avanti, raccontava quelle dei libri che leggevamo insieme. (R.V. Merletti, B. Tognolini, Leggimi forte. Accompagnare i bambini nel grande universo della lettura, Salani editore, pag. 107).

Non c'è bisogno di sottolineare, credo, come questo comportamento giovi allo sviluppo delle competenze narrative sia dal punto di vista linguistico che da quello cognitivo e della capacità di organizzare il pensiero.

A questo punto, se vi è piaciuto quello che avete letto, vi starete domandando quali libri scegliere.

Noi lettori sappiamo che i libri che ci piacciono di più, sono quelli che ci lanciano una sfida, che ci lasciano senza parole, che sono apparentemente lontani da noi, ma che ci muovono qualcosa dentro, che ci sconvolgono. Sono spesso libri inattesi.

Non è detto che questi libri parlino proprio di noi, dei nostri problemi e della nostra vita, ma, attraverso una metafora, ci toccano e ci inducono a pensare. La metafora serve a mettere una distanza fra noi e la nostra inquietudine.

Per dirla con Alison Lurie (A. Lurie, Non ditelo ai grandi, Mondadori), un libro di qualità deve essere sovversivo, capace di far ridere o piangere, toccare i sentimenti, suscitare un senso di avventura o di ribellione.

Un buon libro non deve essere utilizzato o avere intenti didascalici o pedagogici, non deve essere proposto da noi adulti per evidenziare temi, situazioni o valori.

È legittimo, per genitori e insegnanti, cercare libri che trattino un tema preciso. Quello che suggerisco agli adulti è di cercare i temi a partire dai libri, non cercare i libri partendo dai temi. Lo faccio mostrando come all'interno di libri costruiti con cura, con attenzione a tutti gli aspetti e con una storia che funzioni narrativamente sia possibile rintracciare pressoché qualsiasi tema. (N. Gramantieri, responsabile della Biblioteca Salaborsa Ragazzi a Bologna in M. Terrusi, Meraviglie mute, Edizioni Carocci, pag. 33).

Nel già citato Elogio della lettura, Michèle Petit, alle pagine 64 e 65, ci spiega che una bambina adottata ha ricostruito la propria storia attraverso la lettura di Tarzan, allevato dalle scimmie, mentre si era molto annoiata alla lettura di libri dedicati all'adozione.

E anche di come alcuni bambini, attraverso la vicenda di Ulisse e della ninfa Calipso, abbiano avuto la possibilità di esprimersi sulla propria situazione familiare (genitori separati) e come da lì sia scaturito un discorso sulle diverse tipologie di famiglia.

Il mio pensiero non va solo a genitori o insegnanti, ma anche agli scrittori: Un buon libro è quello che scrivi liberamente e con il cuore. Io desidero che tutti gli autori abbiano la stessa libertà degli scrittori per adulti e che scrivano come piace a loro. Avere libertà di espressione, scrivere liberamente con il cuore, raggiungendo un'armonia tra contenuto e linguaggio. (A. Lindgren in S. Blezza Picherle, Astrid Lindgren. Una scrittrice senza tempo e confini, Pensa Multimedia, pag. 63).

E naturalmente agli editori.

Quali sono i punti di vista decisivi nella scelta di ciò che si pubblica? O pubblichiamo libri che reputiamo il pubblico debba leggere, oppure libri che reputiamo il pubblico voglia leggere. Gli editori di questa seconda categoria, quelli cioè che rincorrono servilmente il gusto del pubblico, per noi non contano […] Per una simile attività editoriale non c'è tra l'altro bisogno né dell'entusiasmo né del gusto. Si fornisce la merce che viene richiesta. Bisogna insomma sapere cosa agisce sulle ghiandole lacrimali o sessuali o di altro genere, cosa aumenta i battiti del cuore dello sportivo, cosa provoca i brividi più intensi ecc.

Noi editori dell'altra specie
[…] svolgiamo un'attività creativa, cerchiamo di entusiasmare i lettori a ciò che appare originale, valido dal punto di vista letterario, gravido di futuro, non importa se di facile o difficile accesso. Ciò vale sia per la narrativa che per il resto della letteratura. (K. Wolff, Memorie di un editore, Giometti e Antonello, pag 14).

Cosa ci dice la scienza?

Arrivati qui, avremmo già molto su cui riflettere ma non è ancora finita. Oggi, attraverso concetti di psicologia, biologia e neuroscienze possiamo spiegarci il mistero del narrare storie (J. Gottschall, L'istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani, Bollati Boringhieri) di come le storie riempiano e plasmino le nostre vite, la nostra cultura, la nostra morale e di come non possiamo fare senza.

Ne L'istinto di narrare, Jonathan Gottschall ci racconta che il segreto del nostro successo, come specie, è la narrazione.

Inoltre la teoria dell'evoluzione e le scienze cognitive all'interno delle quali è possibile studiare la narrazione e la letteratura, ci indicano che la capacità di narrare storie ha avvantaggiato la specie umana rispetto alle altre specie: recenti studi mostrano una relazione fra la produzione di utensili e lo sviluppo di capacità narrative. (M. Cometa, Perché le storie ci aiutano a vivere. La letteratura necessaria, Raffaello Cortina Editore). Una spiegazione scientifica e razionale per fare ciò di cui abbiamo sempre sentito la necessità.

Concludo con alcune considerazioni di carattere socio – economico: È impressionatane constatare la corrispondenza tra le percentuali di produzione del PIL per aree territoriali e la quantità di libri letti nelle stesse zone […] C'è una correlazione forte tra il benessere, non solo economico, e gli indici di lettura […] i Paesi nei quali si legge di più ed in cui le biblioteche marcano un presenza più incisiva, sono anche i Paesi in cui i livelli di competitività sono più elevati, la corruzione e la criminalità pesano in misura minore, la parità fra donne e uomini è scontata […] (G. Solimine, L'Italia che legge,  Laterza, pag. 69).

Tutto ciò non è stupefacente? E lo potete ottenere semplicemente leggendo.