Salire e scendere per le scale minori dell’infanzia

Da ieri è in libreria C’è questo in me, L’ultima fatica letteraria di Silvia Vecchini: la sua autobiografia di infanzia, pubblicata nella collana Gli anni in tasca. E questa è la storia.

[di Silvia Vecchini]

Nel 2014, Giulio Mozzi mi propose di scrivere un pezzo per la rubrica La formazione della scrittrice nel suo blog Vibrisse. Ero contenta dell’invito tanto quanto ammiravo (e ammiro) il suo lavoro. E poi sapevo che anni prima aveva letto il mio primo libro di poesie Diverse fedeltà quando era in giuria per il premio Diego Valeri. La mia piccola raccolta vinse come opera prima, ma io non riuscii ad andare a ritirare il premio di persona, né a conoscerlo perché stava per nascere la mia prima bambina. Era questione di giorni.

Così, l’invito di Giulio dopo tanto tempo, mi sembrò l’occasione giusta per ritentare un incontro. Mi misi a scrivere. Tentai più volte. La formazione della scrittrice. La formazione della scrittrice. La formazione della scrittrice. Queste parole erano una stringa, un nodo, un fiocco che non voleva farsi. Scrivendo andavo sempre più indietro e indietro. Dove iniziano le parole. Dove e perché sono venute a cercarmi. Perché le ho cercate io. Non mi interessava infatti, in quel momento, mettere in fila letture e incontri. Che sì, c’erano stati, ma prima? Prima, perché? Da dove?

Ho preso tempo. Poi, a un tratto, mi sono detta che questa domanda, per come la sentivo io, aveva già una forma di risposta. L’invito di Giulio Mozzi aveva acceso una ricerca che a quel punto volevo proprio portare fino in fondo. La forma di risposta che mi sembrò di intravedere aveva i contorni della collana Gli anni in tasca, Topipittori.

Allora mi assegnai un compito. Scrivere un libro della collana (naturalmente senza proporlo all’editore), per rispondere all’invito di Giulio Mozzi (che mi stava chiedendo un’altra cosa). Sono infatti molto brava a fare le cose inutili.

C’è questo in me l’ho scritto nel 2014. Tutto di seguito, una settimana in cui non ho scritto nessun’altra parola che non fosse dentro quel tempo e quello scavo. Ho trovato tante cose, il principio forse della mia scrittura e una presenza dentro quel principio. Quella raccontata benissimo da Nella Nobili in due brevi poesie contenute nel libro Ho camminato nel mondo con l’anima aperta curato da Maria Grazia Calandrone per Solferino.

Quell’altra me teneramente avvinghiata
Che a volte frena i miei passi e mi tiene per mano
E mi spinge verso di me fuori di me davanti ai sentieri
Della vita fino all’inizio

Fedelmente lei e io insieme
L’altra che sono e che torna
A sé lungo i sentieri dell’infanzia

La mia formazione al desiderio della parola mi aspettava lungo quei sentieri. Non inviai lo scritto a Giulio Mozzi perché pensai che la mia risposta si fermasse troppo presto nel tempo, che fosse troppo lunga, che non fosse la risposta alla sua domanda. Insomma, non era quello che serviva. Non inviai lo scritto nemmeno all’editore tenendo fede al proposito di concentrarmi sull’esercizio e basta. Per rileggerlo tempo dopo, senza altro scopo che averlo scritto. Arrivai semplicemente in fondo per capire.

Quattro anni più tardi, Giovanna Zoboli mi chiese se avessi voglia di scrivere un titolo per la collana Gli anni in tasca. Sorpresa, il libro c’era già.
Lo rilessi e ebbi l’impressione di aver scritto salendo e scendendo «per le scale minori dell’infanzia/ con l’interno di fuori/ e un microfono attaccato alla tempia» come scrive Agi Mishol.

Grazie dunque a Giulio Mozzi per la domanda, grazie a Giovanna Zoboli e Paolo Canton per aver ospitato la mia strana risposta in questa bellissima collana.

La copertina di C'è questo in me, illustrata da Miss Goffetown.

La scrittura è la più tortuosa delle vie
per ricevere amore.

Vivere per lei è
salire e scendere per le scale minori
dell’infanzia
con l’interno di fuori
e un microfono attaccato alla tempia

è chinarsi sulle parole
finché non si trasformano in porta
e allora farvi irruzione
come frattali
di broccoli

è sbarrare sempre gli occhi
dalla seconda alla terza dimensione
sino a una danza di lettere
che si inchinano l’una di fronte all’altra con l’umiltà del tempo
di fronte all’eternità

vivere per lei è
cadere dai cieli
con una lucente coda di cometa
come un desiderio
di nessuno.

Agi Mishol, Ricami su ferro (Giuntina)