A scuola principessa

di Giovanna Zoboli e Gabriella Giandelli, 2006
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A scuola, Principessa! si muove in ambienti di metropolitani. [...] Leggendo, il lettore attraversa giardinetti, semplici cucine, rampe di scale, pianerottoli, camere da letto. Ci sono pezzi di strade asfaltate, motori in corsa, cemento. Con ogni probabilità, la scuola è pubblica. [...] La vita di periferia, qui, non è grigia, umiliante o pericolosa; piuttosto, è carica di mistero, di curiosità, di voglia di confrontarsi con gli altri. I personaggi che si incontrano possono fregiarsi di titoli nobiliari e nomi altisonanti: principessa Drusilla, conte delle Sette Oche, duca di Brocca Maliarda, marchesa di Malga Ribalda, re di Gatta Randagia, regina di Tazza Dipinta, marchese di Stazza Massiccia, baronessa del Dente Spezzato. Giovanna Zoboli descrive così, la famiglia di Drusilla: «[…] era una famiglia di re molto moderni, che vivevano in città, in uno speciale palazzo con tanti appartamenti, tutti per principi, conti, principesse, re e regine, così stavano fra loro e potevano fare discorsi adatti a gente altolocata.».
La scelta di affidare questa storia a Gabriella Giandelli, finissima fumettista, impareggiabile narratrice di atmosfere, storie e tipi metropolitani, si rivela cruciale nell’interpretazione del testo. L’alluvione di principesse che sommerge il mercato editoriale rivolto a bambine e ragazze fa affidamento su un iconografia fra le più abusate e leziose che declassa le impavide principesse delle fiabe a smorfiosissime reginette di bellezza. Qui i cliché si capovolgono: Giandelli fa un ritratto accurato di bambine vere che vivono in condomini, vestono con abiti di grandi magazzini, prendono l’autobus. Bambine vere che, in effetti, sono davvero principesse, ma non perché belle: perché curiose, riflessive, coraggiose, proprio come da sempre ci vengono descritti i più bei personaggi femminili delle fiabe. C’è ironia nelle tavole della Giandelli, ma soprattutto un saldo amore della verità: la capacità di tradurre un archetipo in un linguaggio contemporaneo.
Andare a scuola è un’imposizione cui Drusilla reagisce, prima in modo impulsivo, poi in modo riflessivo. All’inizio prova rabbia; quindi, dopo un lungo meditare, confrontarsi, cercare soluzioni, il suo atteggiamento subisce una svolta, in positivo. Fino a questo momento, la scuola è rimasta un luogo su cui si fantastica. Tutti parlano per “sentito dire”, finché il lettore si imbatte in un’affermazione sulla scuola il cui carattere esplosivo è direttamente proporzionale alla modestia con cui viene pronunciata: «A me hanno detto che la scuola è dove i bambini diventano grandi.»
A parlare è una principessa «molto timida che parlava sempre per ultima»: la principessa del Passero. È l’unica voce veritiera sull’argomento e Drusilla lo capisce immediatamente. [...] Di sera, adagiata in una coltre di stelle artificiali, Drusilla si interroga sulla spinosa questione e scopre di avere una risposta riflettendo sulla propria natura nobiliare: «Sono o non sono una principessa? E le principesse non sono nate per l’avventura? »
L’indomani insieme alla principessa del Passero, sua prima ed eletta amica, affronterà l’inizio della tanto temuta scuola.

Da In una gornata di sole, di Giulia Mirandola, Catalogone 2007.