di Kurt Vonnegut e Ivan Chermayeff, trad. Monica Pareschi, 2016
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«Guarda, mamma, questa è la stella. Questa invece la luna, e questo il sole».
Nella stanza brilla l’albero di natale, con le sue mille luci colorate, a creare l’atmosfera appropriata alla lettura. Avevo cominciato a leggere Sole luna stella (Topipittori) con Luigi di tre anni, colpito e affascinato dalla copertina di Riccardo Falcinelli. Da subito il piccolo è attratto dalle magnifiche, monocolori illustrazioni di Ivan Chermayeff, un iconico testo a fronte alle parole di Kurt Vonnegut, nella traduzione di Monica Pareschi. È stata una lettura dicotomica, da una parte io che mi stupivo per una narrazione assolutamente originale e innovativa, in cui la divinità veniva raccontata con uno sguardo umano e imperfetto, l’unico possibile all’uomo, e dall’altra Luigi, preso dalla particolarità delle illustrazioni, nella loro sinestetica essenzialità.
«Perché questa pagina è verde, mamma?»
«Perché il bambino sta sognando, e per la prima volta scopre un colore diverso dal nero da cui proviene».
Non appena Luigi si addormenta, mi abbandono a una rilettura silenziosa, gustando parola dopo parola e lasciandomi trascinare dalla suggestione dei colori.
Fondo nero con lettering bianco sulla sinistra, fondo monocolore spesso nelle diverse tonalità del blu con immagini ripetute che più che disegni sembrano ritagli di carta, bianca per luna e stella, gialla per il sole, di cui la stupenda copertina riproduce una pagina. Gli astri si ripetono, si intrecciano, invadono la pagina, si rimpiccioliscono e talvolta scompaiono, in un gioco di ottica e di percezione che vuole ricalcare la visione di un neonato.
Che le illustrazioni siano tutte giocate sulla percezione visiva è chiaro dal primo disegno: un occhio descritto nella sua anatomia. La vista come senso fondamentale per comprendere il mistero della nascita di Dio. Un paradosso, un’incongruenza che è chiave d’accesso alla narrazione di Vonnegut, in cui la natalità di Gesù è osservata dall’interno, sotto le spoglie di un piccolo umano.
Un testo escatologico, che spiega senza essere dottrinario il mistero dell’incarnazione, l’imperfezione dell’umano che sembra sovrastare il divino, che capovolge il concetto di luce e di buio, che è la perfezione della conoscenza. L’elemento più fascinoso del libro è senza dubbio la maternità di Maria, che è un sole per il neonato, un sole che travolge tutta la creazione. Tutto il mondo del Creatore si riduce alle Stelle, la fiaccola accesa da Giuseppe per vegliare lui e la Madre e le fiaccole dei pastori che lo vengono a conoscere, alla Luna che è la levatrice, e al sole che è Maria. La visione materna è per il neonato divino una vera e propria teofania.
Sole luna stella è uno di quei libri preziosi quanto coraggiosi. Bellissimi. Pieni.
Coraggioso perché nel formato tipico della letteratura per ragazzi, offre un testo che di infantile ha l’ingenuità dello sguardo e lo stupore della costruzione, ma si sostanzia di una validità concettuale e un sostrato filosofico e poetico a cui solo un adulto, con il supporto della propria enciclopedia sedimentata nel tempo e nelle esperienze può accedere. Una lettura che ti culla con la dolcezza, ti pungola con la folgorazione di alcune affermazioni: comprese allora che la perfetta oscurità non Gli sarebbe più appartenuta per tutto il tempo che avesse scelto di vivere; ti commuove nella costruzione osmotica tra pagine di testo e pagine di immagini. Il dono di questo libro è farti tornare bambino, quel fanciullino pascoliano che in parte somiglia al dettato evangelico in cui Gesù sollecita i fedeli a essere come bambini, perché solo così si può aspirare al regno dei cieli. Vonnegut sembra alludere proprio a questo insegnamento, mostrando il Creatore come un neonato, che si affida ciecamente alla madre, con fiducia non scalfita neppure dal canto di un gallo, che si ode nonostante il sole si sia levato da ore.
Da Sole luna stella, in Giuditta legge, 12.2016.