Storia di un processo creativo

Da pochi giorni è in libreria Prima di me, testo Luisa Mattia, illustrazione di Mook, al secolo Francesca Crisafulli e Carlo Nannetti. Qui Francesca ci racconta come è andata, che hanno fatto questo libro.

[di Francesca Crisafulli in arte detta Mook]

Questo libro è stato un parto. E non sarà stato un caso visto l’argomento…
Non so se a voi è mai capitato, ma penso sia una cosa comune quando si è piccoli, di domandarvi:  «Ma chissà com’ero prima di nascere e dove stavo e cosa facevo?». Domande che nascono sicuramente da un’innata curiosità di capire come funzionano le cose, ma anche da una certa sensazione primordiale di benessere che ogni tanto ci prende quando pensiamo alla nostra incubazione. Insomma, io ricordo di averlo chiesto spesso ai miei genitori.

E ricordo anche le precise spiegazioni scientifiche sui nove mesi nella pancia della mamma. Ma non mi bastavano. Le trovavo interessantissime, capiamoci. Ma quello che mi piaceva di più era immaginarmi una vita tutta e solo mia. Una pre-vita, per l’esattezza. Fatta di sensazioni, rumori, e immagini inventate. Una realtà non troppo definita, che mi lasciava quel tanto di mistero così che il gioco potesse non finire mai. Conservo ancora molti miei disegni in cui ritraevo me stessa e tutta una serie di altri esseri viventi dentro le rispettive pance, in quel classico modo a raggi X in cui i bambini riescono a far convivere idea e rappresentazione: dev’essere stata una fissazione.

Un esempio della serie Pance che disegnai da piccola.

Quando i Topipittori ci hanno proposto il testo di Luisa Mattia, ho pensato subito a tutte quelle cose lì. Dev’essere per quello che alla prima lettura ho ingenuamente pensato: che bello! E in effetti il testo di Luisa è bellissimo. E non solo bello, ma anche difficilissimo, specie quando sei tu a doverlo illustrare. E qui è cominciato il parto: quando io e Carlo Nannetti, ovvero l'altro Mook, abbiamo realizzato che non si trattava della classica narrazione per bambini, ma di una poesia in piena regola, senza limiti d’età. Nel testo non c’è un protagonista da descrivere o una sequenza narrativa a scandire la storia, né delle immagini vere e proprie. Le uniche parole che fanno riferimento a cose o animali, in realtà sono usate per descrivere sensazioni.
Ecco, questo è un testo di sensazioni. Vi pare facile?

Frontespizio e prima pagina di Prima di me.

Un po’ ci ha rassicurati incontrare Luisa e parlare con lei di come lo aveva scritto. Luisa è una di quelle persone che ha la capacità di parlarti di qualunque cosa con parole semplici, chiare e con una modalità da incantatore di serpenti: da lei potresti ascoltare qualsiasi storia per il puro gusto di sentirla raccontare. È in questo modo che ci ha spiegato che il testo nasceva da un’esperienza diretta con i bambini sul tema “cosa eravamo prima di venire al mondo”. Non aveva fatto altro (si fa per dire) che ricomporre in quella forma le parole uscite dalla bocca dei bambini: prima, niente, tutto…
Ma come si disegna il niente? E il tutto? Per non parlare di un rumore o di un brivido!
Ahhh!! Non soffermiamoci sulle parole, ci siamo detti. E così la prima scelta che abbiamo fatto è stata prendere le distanze dal testo e creare con le immagini una storia a sé stante.
I disegni delle prime pagine sono nati subito, d’istinto, e non sono stati mai modificati. Il problema era come andare avanti.

Quattro schizzi per individuare i soggetti.

Tutto il resto, invece, è cambiato completamente almeno tre volte. In questo bisogna dire che l’intervento dei Topi è stato decisivo. Prima Paolo, che essendo la reincarnazione di un’enciclopedia, ti riempe di stimoli e cose da andare a vedere (e guai a non farlo perché poi interroga!). Poi Giovanna, nella sua veste di art director. Al principio infatti ci era preso quello scrupolo che ti spinge, non dico a essere descrittivo, ma quantomeno a creare immagini facili da comprendere per un pubblico bambino.

Una illustrazione scartata.

La grande rivelazione è stata scoprire che, incredibilmente, all’editore in primis questa cosa non interessava. La mitica frase di Giovanna, che ancora conserviamo in calce sul blocco da disegno, è stata “voi vi ha rovinato il realismo”. La Zoboli, sappiatelo, quando si lavora è tanto acuta quanto spietata. Con affetto, ma noi la immaginavamo sempre come la nostra adorabile aguzzina. Fatto sta che mai nessun consiglio è stato così prezioso. L’aguzzina ha voluto vedere tutte le prove che avevamo fatto, ma proprio tutte (anche quelle che non vorresti far vedere a nessuno), per poi puntare il dito ed esclamare entusiasta: «Ecco, questo dovete fare!».

«Ecco, questo dovete fare!»: inizia la fase dell'astrattismo.

Aveva scelto alcune bozze delle prove di stampa, dove le sagome di legno stampate al torchio si disponevano sul foglio in modo assolutamente casuale. Allora dillo subito che possiamo giocare con le sagomine come piace a noi! Da questo momento, si è aperta la fase dell’astrattismo.
E ci siamo sentiti liberi di usare una tecnica che ci appartiene da sempre: quella, appunto, della rilievografia con sagome di legno, una sorta di xilografia semplificata in cui rimane fondamentale l’uso del torchio calcografico per imprimere la stampa. Per noi questa tecnica è un po’ il modo di poter rendere bidimensionali le nostre sculture fatte di assemblaggi di legno vecchio e altri materiali recuperati,  in cui il deperire della materia porta con sé la memoria del tempo.

Una nostra scultura con materiali di recupero + rilievografia con sagoma di legno.

Lasciare una traccia di memoria. È un po’ questo il motivo conduttore del nostro lavoro, che spazia dalle sculture agli allestimenti, dall’illustrazione alla grafica d’arte, dal design fino ai laboratori di autocostruzione col legno di recupero per i bambini. E lo stesso procedimento che insegniamo loro è quello che connota questo libro: dall’assemblaggio di pochi pezzi elementari si può dare vita a forme diverse, complesse e originali, che rappresentano la creatività di ognuno.
Nel libro ci sono forme semplici, che ritornano nelle pagine, scomponendosi e ricomponendosi per creare ogni volta immagini diverse, fino alla loro unione in un corpo finale, un corpo nuovo. È il momento della nascita.
Che si tratti di quella di un essere umano, di un animale o di un’opera d’arte, in Prima di me si racconta essenzialmente lo sviluppo di un processo creativo.
La creatura mal assemblata che si scopre alla fine del libro è sicuramente frutto della nostra peculiare creatività e specchio della nostra attitudine all’ironia. Non è un corpo riconoscibile come ci si aspetterebbe dagli indizi figurativi. Nel libro, infatti, fanno apparizioni fugaci uova, uccelli, rami, qualche pesce…che inducono a pensare a una biologia riconoscibile.

Alcune pagine di Prima di me.

E invece, alla fine, quel che nasce è una pura invenzione. Quando è uscita l’ultima tavola ci sembrava talmente assurda che non riuscivamo a smettere di ridere. Ci rappresentava perfettamente. Anche oggi sembriamo quei classici genitori obnubilati dalla loro creatura.
Insomma, si capisce che a noi fare questo libro è piaciuto molto? Anche perché va detto che c’è stata una cosa sorprendente nel lavoro coi Topi, proprio nella fase creativa del progetto: hanno cercato di far uscire al meglio le nostre peculiarità, pensando unicamente alla qualità del lavoro. Certo, è faticoso come partorire, ma poi sei pienamente soddisfatto di quello che hai sfornato.

La tavola finale del libro.