In due, colori in coppia





[di Francesca Chessa]

Nei miei post precedenti ho parlato di colori singoli come se fossero esseri autonomi, capaci di vivere da soli nel mondo. Ma cosa capita quando li avviciniamo, quando li mettiamo uno accanto all’altro o addirittura li sovrapponiamo? Il colore come tema, per me, è molto simile alla vita: un colore singolo può crogiolarsi nell’illusione di bastare a sé stesso, ma è sufficiente che venga accostato a un altro perché qualcosa cambi e scopra che, forse, in due si sta meglio.

Due colori possono accogliersi, respingersi, guardarsi con diffidenza, si possono trasformare, si possono migliorare. Come noi. Sono nata gemella di un fratello, e forse è per questo che non riesco a pensare alle cose come a delle entità  isolate. Anche quando avrei dovuto essere sola, prima della nascita, in realtà non lo ero. Questo mi ha insegnato a vedere nel “due” una possibilità: uno spazio di dialogo, di sostegno, di scambio.

Il mio amico Cesare diceva sempre: “Due è il numero perfetto, tre è già una folla”, e con il colore, a volte, è proprio così. E come nella vita alcune coppie riescono a parlarsi, altre si sovrastano, altre ancora semplicemente non si ascoltano.

Il modo in cui i colori si relazionano tra loro è una questione che ha attraversato anni, culture, discipline. Nel tempo, diversi artisti, teorici, chimici hanno cercato di capire cosa accade quando due colori si incontrano, e come questa relazione ci coinvolga.

Johann Wolfgang Goethe, nel suo libro La teoria dei colori, pubblicato nel 1810, tratta di coppie cromatiche, e lo fa da una prospettiva soggettiva, quasi simbolica. Per lui i colori non sono semplici fenomeni ottici, ma esperienze interiori. Il giallo e l’azzurro, ad esempio, secondo lui sono una coppia cromatica povera perché non vi è il rosso, e il rosso per Goethe conteneva tutti gli altri colori. (1) Giallo e verde, invece, hanno un carattere di serenità comune mentre azzurro e verde hanno un carattere scostante. (2)

Michel-Eugène Chevreul, con il suo principio del contrasto simultaneo dei colori fu tra i primi a studiare scientificamente l’interazione tra colori adiacenti: ogni colore è influenzato da quello che gli sta accanto, non possiamo percepirlo mai da solo, ma sempre in relazione. Con il suo trattato De la loi du contraste simultané des couleurs, Chevreul, chimico e direttore dei laboratori dei Gobelins, osservando i tessuti notò che un colore sembrava modificarsi a seconda di quello che gli stava accanto. Da qui la formulazione del concetto di contrasto simultaneo: due colori vicini si influenzano reciprocamente, alterando la nostra percezione.

Per Johannes Itten, docente al Bauhaus, nella sua teoria del colore, le coppie cromatiche servivano a creare equilibrio, contrasto o armonia non solo sulla tela ma nella vita quotidiana. Uno degli esercizi più noti è proprio la mescolanza progressiva tra complementari fino a ottenere un grigio neutro, misura della loro “autenticità”. Utilizzando i contrasti cromatici venivano esplorati anche i poli del colore quali il caldo e freddo e il chiaro scuro. Le coppie cromatiche possono regalare sensazioni e aiutare a costruire piani prospettici o creare un’atmosfera.

Anche Paul Klee, nella lezione del 28 novembre 1922 sempre al Bauhaus,(3) introduce l’idea delle coppie cromatiche, osservando con attenzione la relazione tra colori complementari: rosso-verde, giallo-viola, azzurro-arancio. Nel parlare della coppia rosso-verde, scrive che se fissiamo a lungo il rosso, il nostro occhio percepirà poi il verde, e viceversa. Si tratta di ciò che oggi definiamo come “immagine postuma”: un fenomeno percettivo in cui, per effetto di compensazione, i neuroni coinvolti nella visione dopo essere stati stimolati da un colore generano, su una superficie bianca o neutra, l’impressione visiva  di un colore che “compensa” il colore osservato solitamente chiamato “complementare”.(4) Questo effetto non è solo ottico, ma percettivo, quasi emotivo. È il corpo che cerca compensazione, quasi come nelle relazioni tra le persone. Paul Klee propone un esercizio che invito a provare. (5) Si prende una striscia bianca divisa in almeno sette caselle. Alle estremità si collocano i due colori complementari, ad esempio il rosso e il verde. Procedendo verso il centro, si mescolano gradualmente: al rosso si aggiunge del verde, al verde del rosso, finché al centro non si ottiene una mescolanza.

Se il centro diventa un grigio neutro, la coppia viene considerata “autentica”: i due colori si sono annullati, equilibrati. Se invece non si arriva a un grigio, quella coppia è detta “falsa”. Secondo Klee, il fatto che una coppia di colori sia “falsa” non significa affatto che non possa essere utilizzata, anzi. Il grigio che nasce da queste unioni improbabili può rivelarsi sorprendentemente interessante, con “una maggiore ricchezza espressiva” (6) proprio perché conserva qualcosa del colore che le due tinte hanno in comune. Prendiamo il verde e l’arancione: potrebbero per alcuni sembrare incompatibili, eppure producono un grigio con una sfumatura gialla interessante e vibrante, dato dal fatto che il colore giallo è presente in entrambi i colori. (7) Coppie cromatiche “autentiche” o “false”quindi ? In realtà una delle domande essenziali è perché e quando usarle. Come sempre, dipende dall’obiettivo. Vogliamo equilibrio, tensione, vibrazione? Le coppie cromatiche, ovviamente  sono strumenti. E come tutti gli strumenti, funzionano al meglio se sappiamo cosa vogliamo farne, non esistono regole inviolabili. 

Josef Albers, nel suo libro Interazione del colore (1963), analizza come la percezione di un colore cambi radicalmente in base allo sfondo su cui è posto, dimostrando che la realtà del colore è relativa e mai assoluta. Non è più questione di teoria, ma di percezione soggettiva: ciò che vediamo dipende dal contesto. Il complemento non è  più solo una regola, ma un inganno ottico che ci porta a guardare con più attenzione. Anche Max Lüscher, psicologo svizzero, ha indagato la relazione tra colori e stati interiori. Il suo test dei colori (1947) è uno strumento psicodiagnostico basato sulla scelta spontanea di colori: si basa sull’idea che la scelta di certi colori, quindi anche il loro rifiuto, rifletta lo stato interiore della persona. In questo caso, le coppie cromatiche riflettono dinamiche psichiche: ad esempio la coppia rosso-blu “denota la capacità di lavorare in equipe” (8), mentre la coppia rosso-giallo denota un’attività in espansione estroversa ed attiva. Rosso e blu, verde e giallo, sono tensioni tra desiderio e calma, controllo e apertura. Il colore diventa linguaggio dell’inconscio.

Il colore non è mai solo. Vive sempre in relazione. E come accade tra le persone, alcune relazioni costruiscono, altre distruggono. Alcune si cercano, altre si evitano. Alcune si fondono fino a diventare neutrali, altre restano sempre in tensione. In questo, il colore ci somiglia. Forse per questo ci parla tanto.

Come ultimo spunto, vi suggerisco un esercizio da fare con calma: provate a scegliere un soggetto semplice, come un frutto, un fiore o un oggetto di uso quotidiano e provate liberamente a sperimentare colorandolo utilizzando una coppia cromatica, sperimentate come anche uno sfondo bianco o nero possa fare la differenza. Scoprirete che, semplicemente cambiando i colori abbinati o la loro quantità, è possibile creare atmosfere completamente diverse con solo due colori.

 

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(1) Johann Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, Il saggiatore, Milano, 2014, pag. 195-199

(2) Johann Wolfgang Goethe, op.cit. , pag.201

(3) Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione, Il pensiero immaginale,  Volume I, a cura di Marcello Barison, Mimesis, Milano,2011, pagg.471-482

(4) Riccardo Falcinelli, Cromorama, Einaudi, Torino, 2017. pag.87

(5) Paul Klee,op.cit Pagg.472-474

(6) Paul Klee,op.cit. Pag.475

(7) Paul Klee,op.cit. Pag.479

(8) Lia Luzzatto, Renata Pompas, Conoscere e capire il colore/2, Il castello, Milano, 2005 pag.42