La leggerezza perduta

di Cristina Bellemo e Alicia Baladan, 2013

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La leggerezza perduta, di Cristina Bellemo e Alicia Baladan, coinvolge e ha una qualità rara: coniuga il senso pratico della realtà con la resa immaginifica dell’irrealtà in maniera esemplare e con una naturalezza che induce alla lettura rapita, quella che i bambini ricercano (e gli adulti spesso agognano: un testo che incolli alle pagine nutrendo chi legge), chiedono a viva voce, in qualsiasi ora del giorno e, ahimè!, della notte.

Le pagine si svolgono in tavole che sono affreschi, o meglio ancora, arazzi; arazzi medievali portatori di richiami alla modernità talmente tanto bene integrati tra un punto e un altro della trama, da dar luogo a un “surrealpopmedievalismo” delizioso, intrigante ed elegante. Ritrovo Magritte e il suo Castello dei Pirenei; ripenso agli altri mondi di Escher, che ritorna anche nei mosaici che compongono scale e pavimenti; ritrovo la Tentazione di Sant'Antonio senza l’inquietudine e priva dell’angoscia che contraddistinguono Dalì. Il testo si dipana con leggerezza, senza voler istruire o suggerire significati altri, racconta una storia che è perfetta dalla prima fino all’ultima riga. Esempio illuminante di come possano essere vivi e produttivi il talento e la passione quando si incrociano a doppio filo con la competenza.

C’era una volta un castello in piena regola: con il suo borgo, col suo re e i suoi abitanti, compresi cavalieri con tanto d’armatura. L’unica eccezione è che il castello s’adagia non sulla terra ma su una nuvola, e questo da quando si ha memoria. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, però, gli abitanti hanno accumulato in uno spazio che è giocoforza limitato, gli oggetti più disparati, specchio di sentimenti e attitudini altrettanto variegate. Tanto è stracolmo da incominciare a scricchiolare sotto il peso delle cose, rischia di sprofondare. L’unica soluzione è di liberarsi del superfluo (con un’attenzione al lessico che rimane tra le righe arricchendolo), e così ordina di fare a tutto il suo popolo il re Celeste, che per fortuna, accumulando di tutto non ha ancora soffocato del tutto la reale saggezza.

Tutti si liberano di qualcosa e nel farlo ne acquisiscono altre, senza peso ma considerevolmente più consistenti. C’è chi rinuncia alle passeggiate a motore o al frullatore per montarsi la testa, così come chi tenta di liberarsi di ansie e paure lanciandole oltre i merli del castello. I risultati sono immediati e salvifici.

È un castello la cui leggerezza rimanda a Calvino: i suoi cavalieri hanno radici rampanti, talvolta dimezzate, altre ancora invisibili. Il tono è quello tanto ambito e diretto a là Rodari. È un castello nel cielo che associo anche ad Hayao Miyazaki, alla sua levità. Non mi serve altro per dire che questo è un albo che rientra a pieno titolo tra quelli che non possono mancare nella libreria dei vostri bambini.

Da Alla ricerca della leggerezza perduta, di Barbara Ferraro, in Atlantidekids, 15.03.2018.