Andata e ritorno all'altro capo del mondo

[di ValentinaColombo]
 
Poco dopola Fiera del libro di Bologna, la mia vita ha subito uno scossone. Daun giorno all'altro, mi sono ritrovata con un invito per la FieraInternazionale del libro di Seoul. E oltretutto, per andarci dasola, per una settimana. Io che no ho mai viaggiato fuori dall'Europa. Ioche per più di tre ore non sono stata in aereo.
Un'entusiasmoincontenibile mi accompagna in questi mesi di attesa. La notte tra il12 e il 13 giugno, sento la stessa sensazione di quando ero piccolae si partiva per il mare. Sono troppo emozionata per dormire.
Quattordici ore di viaggio e sette di fuso orario sono molte. Quandoapro gli occhi, sono all'altro capo del mondo.
La primacosa che capisco è che il mio inglese non mi servirà. La seconda, èche Claire, la nostra agente in Corea, è venuta a prendermi e saràil mio angelo custode per i giorni successivi. Mi sento spaesata,un po' come un pacco postale, trascinata qua e là, con la boccaspalancata e gli occhi strabuzzati.

La fiera di Seouldurerà dal 15 al 19 giugno. Abbiamo un piccolo stand, con nessunadecorazione, per poter incontrare gli editori coreani e far vedere alpubblico i nostri libri. Di fronte a noi l'immancabile (e chiccosissimo)stand dei francesi, onnipresenti e attrezzatissimi.
Mi viene consegnato il pass e ilvademecum. In coreano.

Faccioun giro, e mi rendo subito conto che la fiera non ègrandissima, ma gli stand vengono allestiti con una cura ed unaattenzione al design mostruosi.

Il giornodell'inaugurazione, l'entrata è sommersa di fiori. C'è un pubblico moltovario, dagli editori, agli studenti, agli agenti. Moltissimi ragazzi,tutti curiosi, molto timidi, di una educazione rara e rispettosidei libri come si trattasse di preziosi gioielli. Mi colpisce laloro maniera di consultarli, aprire le pagine con delicattezzae immancabilmente estrarre l'iphone o la macchina fotograficae scattare le foto, non prima di aver chiesto il permesso. Inun inglese stentato chiedono informazioni, chiedono persino dicomprarli. Chi se lo sarebbe aspettato?

Durantele riunioni con gli editori, lo stand è un turbinio di gentesilenziosa e attenta. Alcuni si fermano ad ascoltare le spiegazioniin coreano di Claire, che mi fa da insostituibile interprete. Misento come ubriaca di volti, espressioni, parole e richieste. Riescocomunque a ritagliarmi un paio di ore per cominciare a girare unpo' per la fiera.

All'inizio la mia attenzione vieneattratta dai grandi stand nel mio padiglione. Sono per la maggior partecase editrici generaliste, con copertine graficamente molto interessanti euno stuolo di vendiori solleciti e veloci. La gente si avvicina e afferratre o quatto libri per volta. Gli altri stand vendono reminders, anchein lingue straniere, specie in inglese. Moltissimi gli stand dedicatiai gadget e agli ebook. Centinaia di readerssono sparsi per la fiera, in libera consultazione. Questa sezionesi chiama E-square ed è l'angolo dedicato allibro digitale. Non avevo idea che esistessero circa 70 diversidevices... L'applicazione della tecnologia in ambito editoriale è moltopiù sviluppata rispetto all'Italia. Un po' come negli Stati Uniti,i contenuti digitali sono parte fondamentale del marketing, quando nonlo sono dello stesso libro, che si può leggere in parte in cartaceo,in parte sullo smartphone, scaricando contenuti extra. Questo vale ancheper i libri per ragazzi.

Una prima sostanziale(e rivelatasi poi esatta) riflessione: i libri per bambini in Coreaservono per insegnare qualcosa. Hanno un carattere educativo, a volteanche solo nozionistico, che avvicina la produzione di questo mercatoa quella degli Usa. Moltissimi i libri di attività, i testi scolasticie parascolastici, i saggi. Faccio fatica a trovare dei picturebooks che non abbiano il foglietto esplicativo alla fine. Unapaginetta, insomma, dove si spiega qual è il messaggio, la nozione,cosa c'è da sapere in quella storia. Ma di questo, parlerò in modopiù approfondito nel prossimo post.
Cammino cammino(quanto ho camminato!) e arrivo al padiglione dedicato alle caseeditrici di libri per bambini. Anche qui la stessa cosa del padiglioneprecedente. Ma in fondo al corridoio mi si apre la prima finestraindimenticabile di questa fiera. Sul lato destro, la mostra deilibri pop-up. E sul lato sinistro, una cosa che ero curiosissima divedere: il muro degli illustratori.

La mostra deilibri pop-up mi regala un ricordo sepolto nella memoria: quellodi un Cappuccetto rosso, (che Dio solo sa dovesia ora) con il quale ho passato molti pomeriggi da bambina. Emoltissimi altri volumi, alcuni molto conosciuti ed altri meno,che passano di mano in mano, si aprono e strappano degli "Oh!" dimeraviglia. Books are alive! è il titolo diquesta sezione. Più vivi di così!

A fianco, la mostra deilibri premiati al BolognaRagazzi Award, una piccola selezione dilibri a tema dedicati alle ragazze (chiamata Girls! Picturebooks with a theme) e il muro degli illustratori.

Ordine, questa è la parola. Ed una creatività chemi ha subito rapito. Un lineare insieme di cornici, libri coi fili,libri pop-up, biglietti da visita, cassettine della posta e poster,ognuno con il suo spazio vitale e ognuno con una fortissima esteticapersonale. Un livello molto alto di illustrazioni ed un rispettoreciproco che mi hanno fatto pensare al muro bolognese, un crogiolocaotico di foglietti, dove capita persino di vedere il propriolavoro strappato e rovinato (è successo). Una lezione di civiltàche forse alcuni dovrebbero imparare.

Ilprimo giorno è volato e già ho imparato molte cose. Il secondogiorno, sono invitata a parlare ad un seminario sui diritti esulla situazione del picture book in Italia. Eanche lì scoprirò alcune cose...