I figli della scarpa

I bambini di FrancescaGhermandi sono dei mostriciattoli. Degli alieni, dei rifiuti,dei reietti. Nella galleria di umani orrorifici che affollano lesue pagine, sono forse i personaggi più imbarazzanti. Non capiscononulla. Non sanno nulla. Vogliono tutto. Non hanno niente. Sono ottusi,pavidi, arroganti, capricciosi, terrorizzati. Terrorizzanti. Laloro innocenza è insopportabile perché è la fonte di tutte leloro disgrazie, passate, presenti e future. Su di essa si fondal'incoscienza criminale e soddisfatta dell'età adulta. Esistonobambini così? Sì, esistono. Lo sappiamo tutti. Ho un ricordovivissimo di alcuni di loro, incontrati anni fa su un traghetto per laSardegna. Sono, infatti, bambini che si incrociano quotidianamente,un po’ ovunque. Sono i figli della scarpa.

Chi sono i figli della scarpa? Sonoi due pargoli protagonisti del brevissimo fumetto Il giorno delpacchino, pubblicato l'anno scorso nell'antologia Canicola bambini e quest'anno inesposizione a Bilbolbul, nella mostra Non è mai troppo tardi,alla Cineteca di Bologna, che inaugura domani, dedicata allaproduzione a fumetti per bambini di Francesca Ghermandi.
I figli della scarpa sono due fratellini: il maschietto èblu, la femminuccia rossa: azzurro e rosa sarebbe stato troppo pocoper queste due creature livide e furibonde. La loro mamma è unascarpa leopardata. O, almeno, questo è quel che ho pensato io,mentre leggevo la storia. Un inconfondibile zatterone da zoccolache di tanto in tanto compare accanto a loro, lasciando caderedall’alto surreali predicozzi.

Come nei cartoni di Tom &Jerry, infatti, anche qui, accanto ai piccoli protagonisti i grandicompaiono sottoforma di piedi e calzature. Ma con Francesca, quella cheprima era solo una corretta nota fenomenologica (il piccolo del grandevede solo una parte, e del resto percepisce l’incombere), diventa anchesociologica. La scarpa indica un inconfondibile contesto di crescita. Chespiega, senza bisogno di ulteriori indicazioni, la ragione di tantamostruosità infantile. Quando è una scarpa da zoccola a farti da mamma,ti si prepara un futuro da mostro. Punto. Oltretutto se la scarpa è dazoccola, la mamma, per definizione creatura ambivalente, non è dettolo sia. Semplicemente la mamma segue la moda. Anzi, semplicemente lamamma è la scarpa.

Non c’è il resto della mamma,oltre la scarpa, come invece oltre la ciabatta si sapeva esistessela mamma di Tom & Jerry. Qui è la scarpa a parlare.
I figli della scarpa vivono in disagevoli contesti popolati dicose orrende. Oggetti orripilanti, case oscene, giochi schifosi,piante mutanti, animali ripugnanti, adulti luridi. Sono gli amicidella scarpa, fra i quali la scarpa, ora leopardata, ora panterata,cammina balenga e sicura al tempo stesso, come le si addice. Sicuraperché balenga: la scarpa non conosce dubbi, esitazioni, infatti. Lascarpa è tutta azione. Non ha cervello. Dall’alto della suainesistenza e contraddetta dal basso della sua estetica impazzita,impartisce ai pargoli valori indiscutibili: «Non sietemai contenti! Ci sono i bambini che soffrono la fame del mondoe voi non siete mai contenti!»

Sarebbe bastata questa battuta perfetta perfare di questo fumetto una meraviglia. Ma in questa demente perladi saggezza c'è molto di più di quel che a prima vista appare e,cioè, la realistica approssimazione di una lingua straparlatache prende il posto del parlante e parla per lui, la sgangheratasintassi di chi mette in fila parole orecchiate in qualche aula discuola o in qualche chiesa o su qualche isola dei famosi. Chissà dove,insomma. Parole di chi si barcamena e tira a campare nei territori delsentito dire (gli eterni bambini del Biafra o somali o haitiani, chel’Occidente, avido di buoni sentimenti, non si stanca di sbandierarecome trofei davanti agli occhi dei suoi minori obesi), ramazzando unpo’ dove capita buoni principi da inculcarein marmocchi abulici e strafottenti, per usare un verboche recentemente ha conosciuto una certa voga.

La scarpa, tuttavia,non sa di esprimere, nella sua approssimazione e con la suabocca sgangherata, una grande verità: i bambini soffrono“la fame del mondo” perché il mondo,come mostrano sistematicamente i fumetti di Francesca Ghermandi,da Pasticcain poi, è un mangiatore di bambini. Da sempre. Come gli orchi. E ibambini patiscono la sua fame. C'è da stupirsi che siano isterici,insopportabili, furiosi? «WHUAAAHH noi non la vogliamsoffrire la fame del mondo!!! BUHUUU...»si sgolano, infatti, inviperiti, i due alla minaccia materna. Mai scarpapronunciò verità più scandalosa, degna di una sibilla. E mai larinnegò più rapidamente in risposta più menzognera: «Oh,per carità! Questo no! Questo mai!! »

Dal 2 marzoall’8 aprile, al Museo Archeologico di Bologna, Bilbolbul dedicaa Francesca anche un'altra importante mostra: Officina Ghermandi che inauguraoggi alle 19. Allestita in stretta collaborazione con l'autrice,questa esposizione si propone di mostrare il processo ideativo ecreativo di alcune opere - albi illustrati, fumetti, animazioni,illustrazioni per magazine -, attraverso l’esposizione del materialepreparatorio: matite, bozzetti, appunti. Il lettore, muovendosi nellafucina creativa a cui normalmente non ha l’opportunità di accedere,qui in mostra accanto alle tavole originali, avrà modo di comprendereil lavoro di un’artista dominata dal piacere disegnare, di creareimmagini dalla cui forza e passione nascono incessantemente storie,personaggi, racconti. Di Francesca a Bologna c'è anche la mostra Faccia di coccio: disegni su ceramicaesposti a Crète piece unique.  Infine,domenica 4 marzo alle ore 16,30 all' Auditorium Sala Borsa in PiazzaNettuno 3, a Bologna: Cronache Dolenti, Povera Patria:Francesca Ghermandi incontra Giorgio Vasta. Non perdetevele: questaautrice associa talenti rari ed estremi di narratrice, osservatrice,disegnatrice che spende con generosità assoluta (basta andare sul nuovosito che ha messo in piedi: un'opera in sé). L'omaggiodi Bilbolbul è meritatissimo.