Il preferito

[di Valentina Pellizzoni]

Libri per l'infanzia sulla gelosia tra fratelli ce ne sono moltissimi. Alcuni molto belli, altri semplicemente molto didattici. In genere l'approccio che gli autori hanno nella gestione del tema è basato sul legame implicito tra fratelli, come se l'avere dei fratelli o delle sorelle fosse già di per sé una condanna alla gelosia. Raramente in questi albi si riflette sulla figura genitoriale, tutt'al più mamma e papà devono intervenire per gestire al meglio la furibonda scenata.

Riflettendo su di me invece, spesso mi percepisco come parte molto attiva di questa dinamica: non una mera dipanatrice di sentimenti contrastanti, ma motore attivo di questo sentire. È ormai da qualche anno che si discute sulla possibilità che un genitore abbia un figlio preferito,possiamo dire quindi che in parte questo tema non sia più un tabù e che, come si evince dagli studi, basta un po' di sana consapevolezza da parte del genitore per creare un ambiente più equilibrato in famiglia. Un po' meno attenzioni per il pargolo preferito e un po' di più per l'altro ed ecco che tutto si sistema.

Di sicuro in questa visione delle cose cambia la posizioni dei genitori nel gioco delle gelosie. All'improvviso ci rendiamo conto che probabilmente i bambini vedono bene, non sono dei piccoli egocentrici irrazionali che pensano possa essere minata la loro posizione nel mondo familiare, forse semplicemente ci stanno indicando uno sbilanciamento. Io sento di avere senza dubbio delle preferenze. Capisco che a volte quando guardo mio figlio, il mio sguardo muta spessore, i miei sensi si aprono, la mia attenzione è vibrante. Sì, ma quale figlio?

Nel gioco delle statistiche a me sono capitati tre figli maschi. Naturalmente non sono contemplata tra le madri che preferiscono figlie femmine in quanto alter ego dove far ricadere aspettative e proiezioni. Ma nemmeno tra quelle che preferiscono il maschio come contralto a sé, avrei l'imbarazzo della scelta. Non ho nemmeno una dualità che mi salva: non ho un figlio intellettuale e uno sportivo, né il timido e l'estroverso. Ho il tre dalla mia parte, numero divino che spariglia sempre mescolando tutte le componenti in gioco. Sono libera di preferire.

Dando per assodato che i genitori hanno delle preferenze rispetto ai propri figli, farei un passo in più asserendo che le preferenze mutano. Cambiano pelle, cambiano sostanza, cambiano oggetto, cambiano nel tempo. In certi periodi della mia vita con loro ho preferito il più piccolo perché il nostro rapporto stava ancora tutto nel contatto, ed era ciò che in quel momento sapevo di dare al meglio e dal quale ricevevo di più. Poi c'è stato il periodo in cui è stato il mio figlio più grande il mio preferito: tra noi accadevano dinamiche nuove che mi rendevano euforica, con le quali non avevo mai avuto a che fare e che mi stimolavano intellettualmente.

Se non che il mio figlio di mezzo se n'è uscito con quella frase, quella frase su di me, quell'istanza di cura che mi ha donato, come quando ti coglie all'improvviso un'intensa felicità. Ho guardato meravigliata la sua attenzione e mi ha rapita.

Sono la loro madre, sì. Ma come loro, sono una persona regolata da movimenti interiori, che aprono piccole brecce e dove ognuno di loro, in modi e tempi differenti, mette un pezzetto. Questi loro gesti attirano la mia attenzione in un modo particolare e mi viene naturale concedere a questi momenti il privilegio della relazione unica: li innalzo, li idealizzo, rendo speciale in quel momento esatto, la mia relazione con lui, proprio con quel mio figlio lì.

So che in quegli attimi - che possono durare settimane - il mio sguardo su di lui è molto diverso da quello che poso sugli altri due. In quei momenti non percepisco sensi di colpa, so che durà un po', cerco di gestire al meglio la mia relazione con gli altri, ma la mia preferenza rimane lì. Se io eccedo, la gelosia dilaga. Giustamente. Ha lo stesso sapore dell'innamoramento questo gioco. È un momento magico in una relazione, è una pausa dedicata in una vita di corsa.

Mi sono anche chiesta cosa possa accadere a un figlio unico. È una realtà che non conosco e quindi mi spingo solo ipotizzare che non sia molto differente la mia posizione da quella di un genitore con un unico figlio. Ci saranno momenti di intensa sintonia, seguiti da periodi più ordinari. Penso che anche a una madre con solo un figlio accadranno dei piccoli innamoramenti nei suoi confronti. E questo figlio certamente percepirà l'avvicinamento come la distanza. L'unica differenza è che non avrà un capro espiatorio immediato a cui fare riferimento e forse potrebbe essere più difficile da disvelare questo sentimento sottile.

Noi adulti siamo dentro nel gioco delle gelosie tra fratelli, più di quanto possa sembrare in apparenza. La famiglia è una piccola società dove ogni movimento si ripercuote sull'altro e noi genitori più spesso di quanto crediamo, attiviamo reazioni nei nostri figli.

La gelosia tra fratelli a volte rimanda delle immagini di noi che non riusciamo ad accettare. Riuscire a percepire ed essere coscienti di avere preferenze può aprire molte strade. Una di queste è riconoscere una leggittimità alla scena di gelosia, per esempio. Dare un contenitore a quel sentire così forte è un passaggio da non sottovalutare. Se quel sentimento ha una ragion d'essere nella realtà, se non c'è negazione aprioristica, allora sarà più semplice verbalizzarlo, scioglierlo, metterlo sul tavolo della parola.

La gelosia familiare è palestra delle gelosie esterne che investiranno i nostri figli, dicono gli esperti. Capire che le relazioni mutano e si coltivano e hanno un andamento non lineare e incidono sulle vite di altri e a tratti sono imprevedibili, forse può far diventare la famiglia una palestra anche per l'innamoramento.

Le immagini di questo post, scelte e realizzate da Valentina Pellizzoni e Tommaso Falzone, si riferiscono ad alcuni albi illustrati che trattano il tema della gelosia fra fratelli. Spesso sono felice, di Jens Christian Grøndahl, racconta anche di gelosie fra fratelli mai superate e ancora vive in età adulta.