La minestra con gli ombelichi

Quest'anno, l'attesissima mostra realizzata da Hamelin nel corso della Bologna Children’s Book Fair, è Vita di uno strano signore, dedicata a Sergio Ruzzier, di cui come sapete abbiamo in catalogo tre libri, il quarto in uscita, ovvero Fox + Chick, che presentiamo a Bologna, domenica 25 marzo, alla libreria Trame, in via Goito 3/c, alle 18.30. La mostra presso la sede di Hamelin, che per chi non lo ricorda è in via Zamboni 15, inaugura il 28, alle 19.30. A Sergio Ruzzier, autore e illustratore, è dedicata anche la seconda uscita della collana Oblò che sarà disponibile alla Bologna Children’s Book Fair presso lo stand di Hamelin, 25 A3. Da Oblò viene, appunto, questo bellissimo pezzo che vi proponiamo oggi in lettura, di Sophie Blackall, compagna di studio di Sergio, a New York, che racconta bene il mondo di Sergio, e che persona lui sia, - che parola usare per dirlo? - adorabile? Sì, adorabile va bene per uno che inventa la minestra con gli ombelichi.

[di Sophie Blackall]

Una volta, all’inizio della nostra condivisione di atelier, Sergio si è avvicinato tendendomi la mano chiusa a pugno. Né a me né a lui viene molto spontaneo il gesto del “pugno contro pugno”, perciò la cosa per un attimo mi ha confusa. Lui invece ha lasciato cadere una noce nella mia mano. Tac! ha detto.

Questo è Sergio, in nuce: sorprendente, fuori dagli schemi, divertente, affettuoso, generoso e affascinato dalle cose piccole e irregolari.

Il nostro atelier si trova all’interno di una vecchia fabbrica tessile in un quartiere industriale di Brooklyn, costeggiato da un canale putrido. Siamo in quattro a condividere una sala ampia e luminosa. L’angolo di Sergio risplende sotto i lucernari da cui a volte, quando piove, filtrano gocce d’acqua. In quei giorni il suo spazio è ricoperto da teli di plastica, come una vecchia casa lasciata dagli inquilini per l’inverno.

Nei giorni di sole le sue mensole rivelano una collezione di tesori - regalati da amici, trovati per la strada o acquistati su eBay. C’è una fila di uccelli in legno grezzo di diverse dimensioni. Anatre, pulcini, cigni, passeri. C’è un orso intagliato, la cui testa apribile rivela la presenza di un calamaio. Teneri, tristi animali di peluche rimasti orfani, si stringono gli uni agli altri in un angolo. Sulle pareti, una collezione di cartoline vintage di The Mistery Spot, (una Roadside Attraction californiana che sfida la forza di gravità), una stampa di Saul Steinberg, un disegno di Arnold Lobel e una fotografia di Sergio; sua figlia, Viola; e Maurice Sendak.

Ci sono pile di libri e pile di fogli e pile di disegni, ognuna delle quali potrebbe crollare – in qualsiasi momento – sul pavimento. (Il mio spazio è MOLTO più in disordine, perciò non sono nella posizione di giudicare). Sulla sua scrivania ci sono dei contenitori per campioni medici che contengono liquidi sospetti – di fatto, dei colori ad acquerello diluiti con acqua. Ci sono tazze piene di matite e pennelli, bottigliette di inchiostro di china e un’esplosione di pennini abbandonati. Sergio stesso, una volta, è stato paragonato nel suo modo di vestire ad un letto disfatto (da una bibliotecaria innamorata). Eppure disegni realizzati su quella scrivania trasandata sono meticolosamente ordinati. I suoi tratti a penna e inchiostro sono i più raffinati che abbia mai visto. Sergio lavora a più illustrazioni contemporaneamente, posizionandole - in un equilibrio precario - su ogni superficie disponibile, ma la cosa non si è mai risolta in un disastro (fatta eccezione per quell’unica volta in cui ha rovesciato l’inchiostro, di cui restano - come uniche prove - dei minuscoli schizzi sulla parete più lontana…). Sergio dipinge in maniera rapida, con una decisione invidiabile, apparentemente senza esitazioni, mentre la torre di fogli completati si innalza solennemente. La carta, piegata delicatamente dal movimento dagli acquerelli, sembra una pergamena medievale.

Nel suo lavoro Sergio non è ammorbato dall’indecisione come tutti noi, perché lui dipinge un mondo ben definito. Ogni libro ha la sua indipendenza, ma i personaggi abitano un universo simile. Le sue illustrazioni sono immediatamente riconoscibili per gli altopiani e le collinette color caramella e le scogliere biancastre; per le fluttuanti nuvole rosa, gli alberi a bastoncino e le pietre sfaccettate; le piante non terrestri; per i pavimenti piastrellati in maniera geometricamente perfetta nelle stanze vuote.

Si potrebbe immaginare che i personaggi dei suoi tanti libri si imbattano gli uni negli altri lungo uno dei suoi sentieri disseminati di ciottoli o che uno trovi l’altro a sbirciare in un burrone color pastello.  Potrebbero incontrarsi tutti in una rustica taverna sul pendio di una collina per una zuppa; una festa con due topi, un’anatra, un coniglio, un assortimento di uccelli malinconici, una volpe, una donnola, una talpa e sua nonna. Per non parlare dei mostri di mare, i serpenti pelosi, i pesci con un solo occhio e il tizio che credo sia l’alter-ego di Sergio, un piccolo, adorabile omino rosa con il musetto schiacciato di un maialino da latte, le orecchie a sventola, le braccia penzolanti e una coda gommosa.

A proposito di zuppa, noi pranziamo insieme quasi tutti i giorni nel nostro atelier. Poco tempo fa Sergio ha portato a tavola un’ampia scodella piena di zuppa fino all’orlo. Era densa e corposa (letteralmente). Sergio ha immerso il suo cucchiaio per recuperare una piccola massa tondeggiante.

Sapete come si chiama questa zuppa? ha detto, allegramente. La minestra con gli ombelichi!

La carne contenuta nella zuppa era cuore di pollo tagliato a fettine. In effetti, ogni fetta somigliava a un ombelico, e noi, i più schizzinosi del tavolo, siamo stati attraversati da un brivido. Sergio ha una certa affinità con il grottesco, ma riesce in qualche modo a renderlo adorabile. I suoi libri sono colmi di indescrivibili protuberanze grumose, pelose, carnose, tumorose. Crescono da piante aliene o rotolano sotto i tavoli. Sono inquietanti ed esilaranti, attraenti e repellenti. Sergio disegna molto raramente esseri umani ma credo che con queste masse prive di corpo ci vada molto vicino. È come se stesse dando riconoscimento ai nostri peggiori frammenti, alle parti più imbarazzanti dei nostri corpi. Le tratta però con tenerezza, mettendole – quasi - in mostra, in agguato negli angoli, o pronte a spuntare da sotto un tappeto.

I libri per ragazzi sono stati resi terribilmente sterili negli ultimi anni. Abbiamo paura di offendere genitori o bibliotecari, insegnanti di scuola o librai. Non ci preoccupiamo davvero dei bambini. Sappiamo che loro non verranno offesi dalla maggior parte delle cose a cui si oppongono i guardiani. I libri di Sergio sono testardamente e meravigliosamente settici, e adorati da bambini e dai migliori adulti. Lui ha creato il suo mondo e lui ne crea le regole. Di tanto in tanto un editore preoccupato gli chiede di mettere un giubbotto di salvataggio ad un’anatra, o di cancellare qualche scheggia di vetro rotto per evitare che un pulcino illustrato possa ferire la sua zampetta illustrata, ma solitamente – e saggiamente – questi sospendono il giudizio.

Tutte le immagini di questo post sono tratte da Oblò n.2. Sergio Ruzzier.

Le storie di Sergio Ruzzier hanno luogo in un mondo onirico, senza tempo – familiare e confortevole con accenni di incertezza. Dietro quella formosa collina potrebbe nascondersi un burrone. I suoi protagonisti, qualsiasi sia la loro forma, sono bambini piccini; come uccellini appena usciti dall’uovo, sono vulnerabili, esigenti, contrastivi, divertenti, melanconici e incredibilmente teneri.

Ma qualunque piccola prova si trovino ad affrontare, sappiamo che torneranno a casa sani e salvi, in tempo per la minestra.

Con ombelichi che galleggiano.

(da La minestra con gli ombelichi, di Sophie Blackall, in Oblò n.2. Sergio Ruzzier, trad. di Sara Azzarelli e Giuditta de Concini)