Mostri giapponesi in mostra a Bologna

[di Paolo Linetti]

In tutte le epoche, i mostri hanno destato stupore, orrore e curiosità, suscitando emozioni che hanno profondamente influenzato il  nostro immaginario, dall’alba dei tempi fino alla contemporaneità. L’uomo li ha inventati per cercare di dare risposta a fenomeni che sfuggivano alla sua logica.

Figure di mostri sono state tramandate attraverso storie, miti e racconti. In Giappone, per esempio, gli Yōkai sono creature inquietanti che abitano il confine fra mondo reale e fantastico.

Dal 7 aprile al 23 luglio, a Palazzo Pallavicini, a Bologna, inaugura una mostra dal titolo Yōkai. Le antiche stampe dei mostri giapponesi a cui si accompagna l'edizione di un volume, in italiano e in inglese, edito da Skira: Mostri giapponesi. Brividi e leggende al riflesso della luna.

    

Scopo di questa esposizione è far conoscere questo immaginario, avvicinando i mostri che ne fanno parte, anche per ripulirlo da errate interpretazioni che recentemente hanno avuto diffusione virale.

Nella mostra è inserito un rituale molto diffuso in Giappone, quello delle 100 candele, le cui origini risalgono al 1660, nel periodo Edo. A inventarlo, come prova di coraggio, furono i guerrieri samurai Bushi, i quali, chiusi all’interno di una stanza illuminata da 100 candele, raccontavano storie di paura tratte anche dal libro Ehon Hyaku Monogatari (Libro illustrato di cento storie), che si diffuse nello stesso periodo. A ogni storia raccontata, una candela veniva spenta. Una volta fatto ciò, il narratore andava verso uno specchio e fissava il proprio viso per una manciata di secondi, per poi tornare a sedersi e dare la parola al narratore successivo, fino all’esaurimento di tutte le candele. Sul finire dei racconti, un'atmosfera sempre più cupa e un senso di suspence e angoscia si diffondevano fra gli ascoltatori e, con lo spegnimento dell'ultima candela, lo specchio diventava una porta per il manifestarsi di un'entità, uno yokai, caratterizzata da lunghi capelli neri ricadenti sul viso, un kimono bianco e due corna.

  

     

Alcune immagini da Ehon Hyaku Monogatari

La parola yōkai  è composta dagli ideogrammi (, maleficio) e (kai, manifestazione inquietante) e indica mostri del quotidiano, spiriti, fantasmi, bestie mutaforma, spettri, demoni, piccole divinità: insomma, un’infinita quantità di creature tra le più fantastiche che vivono intorno a noi e ci possono osservare di nascosto. Sono mostri che, per alcuni aspetti, appartengono a una dimensione non conforme alle leggi del natura. La loro storia va fatta risalire ai tempi antichi. Già nel periodo Heian (794-1185) esistevano diverse raccolte che parlavano di mostri, come ad esempio il Konjaku Monogatari-shu.

Itaya Keii Hironaga, Hyakki yagyō (Parata notturna dei cento demoni), emakimono, 1800 circa

Gli Yōkai sono mostri unici, difficili da paragonare a quelli di altre culture, e di complessa comprensione per noi occidentali influenzati dalla cultura cattolica. In particolare, in Portogallo, Francia, Spagna, Italia, Austria, si parla solo di mostri soprannaturali, ossia di demoni che da un'altra dimensione, l'Inferno, possono entrare nel nostro mondo. Infatti, nel cristianesimo e nella letteratura religiosa, (cfr. libri del Nuovo Testamento) i demoni assunsero gradatamente sempre maggiori connotazioni negative e malefiche. Non a caso le malattie fisiche o psichiche erano considerate espressione della loro influenza o possessione su una determinata persona. Pertanto, guarire un individuo significava cacciare i demoni dal suo corpo e dal suo spirito, conformemente a quanto avrebbe insegnato e mostrato lo stesso Cristo, secondo le narrazioni evangeliche.

Nell'Europa protestante e ortodossa, in particolare in Germania, Grecia e nei paesi balcanici, invece, i mostri hanno una natura prodigiosa e sottostanno a leggi particolari. Qui troviamo licantropi, vampiri, folletti. A differenza di quanto creduto dai cristiani, per i quali le anime dei morti tormentate o irrisolte hanno un posto da cui non possono sfuggire, ossia il Purgatorio, nell’Europa protestante i fantasmi possono apparire agli uomini e tormentarli. Questi sono mostri preternaturali, ossia mostri che fanno parte della natura, contraddistinti da prodigi e stravaganze. Sono mostri che fanno parte di questo mondo, ma in modo anomalo come scherzi della natura o variazioni mostruose.

  

Enjaku, L’attore Yonezo Ichikawa III nel ruolo del fantasma di Oiwa e stampa teatrale di Toyokuni III (Kunisada) raffigurante un mostro ombrello.

Tornando alla cultura giapponese, i mostri possono essere buffi e simpatici come l’Aburaakago che lecca l'olio e l'Aburagaeshi che invece lo restituisce; possono essere dediti a leccare la sporcizia, come l'Akaname, o il soffitto, come lo Tenjoname; possono sembrare apparentemente umani, come la Rokurokubi-onna, donna dal collo allungabile, o di appetito insaziabile, come la Futaguchi-onna (donna con una bocca sulla nuca); i Seko, Yōkai, alti quanto un bambino, che tengono sveglie le persone di notte facendo baccano, a meno che non gli si lancino teste di sardine; i Nupperabō, ossia uomini senza testa; le Ohaguro Bettari, donne dal viso liscio e piatto tranne che per la bocca con i denti neri.

Nakekubi dal rotolo Bakemono no e, periodo Edo

Nel mare troviamo i Kaiju, immense e strane bestie marine, e le Ningyo, sirene che, diversamente dalle tritonesse greche o dalle sirene medioevali, non sembrano avere un'intelligenza umana né un bel canto, dotate di scaglie iridescenti e amanti delle acconciature alla moda delle geishe. Un'altra curiosità relativa alle Ningyo riguarda il sashimi di sirena. Si dice che sia profumatissimo e buonissimo, ma che abbia una controindicazione: portare a una morte atroce oppure, raramente, offrire l'eterna giovinezza.

Nei fiumi e negli stagni possono vivere i Kanibozu (enormi granchi mangiatori di uomini) e i Kappa. I Kappa sono ominidi alti fra un metro e un metro e quaranta, con becco e guscio di tartaruga, lunghi arti esili palmati, una frangetta circolare e ghiotti di cetrioli. Hanno una concavità sulla nuca grazie alla quale possono uscire dall'acqua senza disidratarsi. Fanno dispetti e possono essere pericolosi. Ci si può difendere da loro tramite un amuleto con peli di scimmia, o ingraziarseli lasciando lungo il fiume un cetriolo con scritto il proprio nome o il proprio simbolo dello zodiaco cinese. Se doveste incontrarli, salutateli. Loro risponderanno al saluto chinandosi e rovesciando l'acqua, cosa che li costringerà a tornare subito nel fiume. È possibile capire l'eta di un Kappa dalla concavità sul capo che tende ad appiattirsi con la vecchiaia.

Utamaro, "Kappa"

Parenti dei kappa, ma più cattivi, sono i Suiko, succhiatori di sangue che, per certi versi, ricordano i vampiri dell'area greco-balcanica.

Signori delle foreste sono i Tengu suddivisi in Ootengu, con vestiti da monaci buddisti dal volto rosso, con un lungo naso, un piccolo copricapo, un ventaglio chiamato hauchiwa, fatto di foglie di aralia japonica, con cui possono scatenare tempeste o allungare il naso alle persone. Ci sono quelli più antichi e simili ai corvi: i Karasutengu 'corvi Tengu'; i Kotengu, 'piccoli Tengu'; i konohatengu 'Tengu silvestri' che vivono in clan gerarchici a capo dei quali si trova un potentissimo Tengu dai capelli bianchi, chiamato Sōjōbō, sul monte Kurama.

Sebbene si sappia che nascano da uova, nei testi, racconti e nelle raffigurazioni non c'è documentazione di Tengu femmine.

Tengu

Due fattori possono creare o mutare gli Yōkai. Uno è il tempo: oggetti personali dopo 100 anni possono prendere vita come gli Tsukumogami; anche gli animali che vivono molto a lungo o diventano troppo grandi diventano Yōkai, come i rospi Gama o i topi Kyūso (su cui ci sono storie terrificanti: una vede protagonista un'enorme Kyūso femmina che allattò i micini orfani della sua amica gatta).

L'altro elemento di trasformazione è il rancore. Il rancore nella cultura giapponese è come una malattia degenerativa che può contaminare tutti: Yōkai, fantasmi e anche Kami, trasformandoli in qualcosa di incontrollato, indefinito, con perdita di ragione e identità come i monoke.

Gli Yūrei, fantasmi, sono di solito mossi dalla vendetta o dal rimpianto. Rispetto a quelli europei, però, sono meno diafani, appaiono dal nulla, ma hanno una fisicità tangibile, afferrano, prendono oggetti e alcune volte si accoppiano con i viventi.

Nella grande famiglia degli Yōkai c'è, poi, un sottogruppo: i Bakemono, ossia i mostri trasformisti. Sono mostri in grado di trasformarsi, come i gatti che, nello specifico, diventano Bakeneko. Quando il prodigio avviene, il gatto si trasforma in un essere di grandi dimesioni e la coda si sdoppia.

All'interno dei Bakemono ci sono gli Henge, mostri in grado di prendere aspetto umano. I migliori trasformisti sono i Tanuki (cani procione), le Kitsune (volpi) e i Mujina (tassi/procioni).

Uccisione del vecchio Tanuki da parte di Naoyuki nel palazzo di Fukujima

Utagawa Kuniyoshi, Apparizione mostruosa del gatto

Oltre a diventare un un Bakeneko, un gatto, se lecca sangue umano, può divenire un Henge e, se il rancore o la sete di vendetta non tarda ad arrivare, può degenerare in Nekomata, ossia un enorme gatto (solitamente nero), in grado di animare e muovere i cadaveri a piacimento, muovendo le due code.

Le Jorogumo, donne bellissime la cui vera natura è quella di un'enorme ragno femmina, e gli Tsuchigumo, ragni di terra, sono Henge sempre cattivi.

 

Lo tsuchigumo, di Tsukioka Yoshitoshi e Raiko e il ragno di terra di Hokusai-Katsushika

Gli Oni sono sempre descritti come esseri corpulenti, con zanne e corna, pelosi, vestiti di pelli di fiere (a indicare che anche i predatori pericolosi sono loro prede).

Attenzione: anche se gli Oni possono ricordare diavoli, non hanno le caratteristiche dei nostri demoni (immortalità, manifestazioni del Male e interesse alla corruzione delle anime umane). I primi gesuiti che arrivarono in Giappone per illustrare il Diavolo si ispirarono a loro, dando inizio a una prima confusione. Ma gli Oni corrispondono più ai nostri orchi antropofagi delle fiabe.

Gli Oni sono cattivi, ma non maligni.

 

 Chikanobu Yoshu, Oni femmina e Hikoshiki e la principessa Oni

Ci sono anche Yōkai buoni e utili, come l'Hakutaku, simile a una grossa capra, ma dotato di nove occhi distribuiti in triadi sul volto e su entrambi i fianchi, accompagnati da tre paia di corna. Il suo nome può significare bianca gentilezza o palude bianca e fu lui a insegnare agli uomini il numero degli Yōkai, quali fossero pericolosi, oltre ad alcune conoscenze di medicina e botanica.

Nel 1846, nella regione di Kumamoto, comparve un'Amabie, una creatura con lunghi capelli da donna, becco, occhi romboidali, il corpo ricoperto di squame che terminava in tre code di pesce. Spiegò che per far cessare una pandemia si sarebbe dovuto mostrare il suo ritratto agli abitanti.

Un'amabie, stampa xilografica, tardo periodo Edo

Se l'ansia provocata dal pensiero degli Yōkai turbasse il sonno, la soluzione potrebbe consistere proprio in un altro mostro: Baku, il tapiro, uno Yōkai massiccio, con poderose corte zampe e proboscide, pelo maculato e ghiotto di sogni. Durante il sonno si avvicina ai dormienti, mangiandone i sogni e cancellando i loro ricordi.

Anche se è un parassita onirico, lo si invoca per liberarsi da incubi ricorrenti con una formula che va prnuciata ad alta voce per tre volte: “Do da mangiare il sogno di questa notte al Baku”. Oppure, se ci si svegliasse dopo un incubo, per scordarlo subito si deve esclamare: “Lo do al Baku, lo do al Baku, lo do al Baku!”.

Gli Yōkai sono a Bologna, veniteli a trovare!