Quell'altipiano da cui siamo scesi

Qualche giorno fa, siamo staticontattati da una addetta dell´Istituto di Cultura di Berlino,interessata a L'arte dipubblicare, la mostra dedicata a GiulioEinaudi, su cui qualche tempo fa, Valentina Colombo ha scritto un bel post. Così ci siamomessi in contatto con Malcolm Einaudi che lavora alla FondazioneEinaudi, promotrice della mostra. È capitato, così, fra unmessaggio e  l'altro, di scambiarci qualche parola sul lavorodella Fondazione, sull'Einaudi di ieri e quella di oggi, sulla collanaTantibambini (progettatada Munari ed edita dal 1972 al 1978), sull'incontro che c'è stato aMilano, in chiusura della mostra, al quale abbiamo assistito, ed èstato molto interessante, perché dalle parole dei relatori è emersoun aspetto di quella casa editrice, che poi riguarda più in generale unmodo di fare il mestiere dell'editore. Vale a dire quel lavoro accurato,complesso, interminabile, del tutto invisibile e poco conosciuto,che sta dietro i libri. Un lavoro collettivo che implica l'impegno dimolte persone, e che richiede una presenza costante, e da cui nasce illibro che è, propriamente, il risultato di  un'interazioneche attiva e si nutre di conoscenze, competenze, idee provenienti dallepiù diverse persone.



Nello specifico,poi, della casa editrice Einaudi, interessante è che i ruoli nonfossero rigidamente definiti, per cui le persone - grafici, redattori,editor, artisti - partecipavano all'intero processo editoriale,lo conoscevano e avevano voce in capitolo. Significativo a questoproposito, è stato anche l'intervento di Anna Steiner, figlia di Albe, che ha ricordato lo spirito diquel gruppo, che insieme lavorava, ma anche sentiva con urgenza lanecessità di riunirsi, incontrarsi fuori dalla casa editrice, econ grande frequenza, per discutere, scambiarsi idee, informarsi. Eanche questo faceva parte di quell'energia e di quello spirito chealimentava il lavoro editoriale.



A questo proposito, Malcolmci ha passato questa riflessione di Giulio Einaudi, davvero esemplare:“Quando dico autore non penso a niente di sacrale; non penso a unafigura mitica che l'editore deve solo scovare, ripulire e venerarecome una pietra preziosa o una sacra immagine. Penso proprio a questacomplessa trama di rapporti e di incontri nella quale le personecrescono, le idee si scambiano, penso a un grande lavoro reciproco,qualcosa di molto concreto e materiale. Penso a ideologie e temperamentianche opposti. Penso a un catalogo che trova i suoi grandi snodi in alcuninomi che diventano simboli, percorsi riconoscibili e necessari. (in Colloquio conGiulio Einaudi, SeverinoCesari, 1991).



Detto questo, e per tornare anoi, durante questo scambio di messaggi, abbiamo toccato anche il temadella letteratura per ragazzi. Quello che leggerete è ciò che ci hascritto in proposito Malcom Einaudi. Noi ci troviamo molto più ched'accordo con le sue parole. In esse ci ritroviamo perché colgono allaradice e con estrema precisione, l'idea che è alla base del nostro lavoroe l'idea di infanzia che lo muove. Così, anche se queste righe fannoparte di uno scambio privato, abbiamo chiesto al loro autore di poterlecondividere con i nostri lettori. La sua risposta è stata affermativa. Loringraziamo e ve le proponiamo.



"Ma se considerassimo l'editoriaper ragazzi, non una provincia minore, periferica e incantata,del grande continente dell'editoria... Ma piuttosto il centro, illuogo di partenza di una rifondazione di tutta l'editoria libraria,cartacea, materiale, intesa come luogo di applicazione delle artivisive, disciplinatore e coordinatore delle competenze che servono aorganizzare e comporre i discorsi, a individuare le necessità cognitive,informative, etc... Non è in fondo l'infanzia semplicemente il luogodell'integrità, dell'anticonformismo, di una umanità che non è ancoraculturalmente decaduta o compromessa? Quando sei riuscito a decifrarei codici con cui far capire le cose a un bambino, non hai con questo -più semplicemente - trovato la via con cui le cose si capiscono, "unavolta per tutti"...? O più semplicemente, l'infanzia non è in fondo,l'umanità tout-court? L'altipiano da cui siamo scesi senza neppureaccorgercene (in obbedienza ai codici di varie ignoranze collettive checi ricattano inconsapevolemente per bisogno di socialità e di scambio)e a cui dovremmo faticosamente e umilmente risalire (mentre invece cela raccontiamo come la lontana pianura ai piedi del monte che abbiamoscalato)..."

Le immagini di questo post,si riferiscono ad alcuni volumi della collana Tantibambini, e provengonoin gran parte dalla Collezione Bruno Munari e dal blog AtlantideZine.