Disegnare con Hokusai

La casa editrice WoM ha recentemente pubblicato il Manuale del disegno abbreviato (略画早指南di Katsushika Hokusai in versione restaurata con il suo bianco e nero originale. Uscito per la prima volta nel 1812, questo libro del grande pittore giapponese della grande onda di Kanagawa è una guida per imparare a disegnare a partire da semplici forme geometriche. 

"Tutte le cose traggono origine da quadrati e cerchi. Ora il vecchio Hokusai ti insegnerà come diventare abile nei disegni di vario tipo usando il compasso e la squadra". Così attraverso curve, rombi e semplici linee ecco comparire scimmie, pipistrelli, aironi e calamari. 

Questa edizione del libro è impreziosita da una prefazione con le illustrazioni di Philip Giordano, che come il grande maestro giapponese parte da semplici forme per le sue illustrazioni. Ringraziamo Philip e l'editore e pubblichiamo la sua prefazione.

Se vi capitasse di passeggiare in un giardino giapponese con molta probabilità vi imbattereste in uno stagno. Anche lo specchio d’acqua più piccolo avrà sempre abbastanza spazio per ospitare qualche carpa koi (鯉), il pesce d’acqua dolce selezionato in Giappone in ragione della curiosa costellazione di macchioline di cui è punteggiato il suo dorso. Uno stagno di medie dimensioni sarà altresì sufficientemente profondo da giustificare la presenza di un austero ponte in pietra a forma di mezzaluna e di un piccolo padiglione strutturato a pagoda, tō (塔), a dare profondità al paesaggio. Come qualsiasi stagno, anche questo tenderà ad attrarre verso le sue acque scure e melmose una moltitudine di ospiti. Con l’inizio della primavera e poi, per tutta l’estate, rane, gama (蝦蟇), e salamandre, sanshōuo (山椒魚), faranno festa dall’alba al tramonto, mentre i gerridi, amenbo (水馬), non smetteranno mai di pattinare e saltellare come pazzi sulla sua superficie.

In autunno libellule, tonbo (蜻蛉), scintillanti andranno a caccia di piccoli insetti, e immancabile qualunque sia la stagione, col sole, la pioggia o la neve, ci sarà sempre un airone cenerino, aosagi (青鷺), o una garzetta dai piedi giallini, immobile e imperturbabile come una statua. Negli stagni giapponesi si incontrano persino granchi e gamberi d’acqua dolce, kawaebi (川蝦), come ho avuto la sorpresa di constatare personalmente nei dieci anni di passeggiate verdi, durante il mio soggiorno nel Paese del Sol Levante.

In una giornata di sole tra le rocce affioranti sarà facile scorgere qualche tartaruga, kame (亀), dal carapace ricoperto di squame esagonali. Del tanuki (狸), piccolo mammifero elusivo simile ad un procione, vedremo solo per qualche secondo l’ombra, mentre si aggira sospettoso sulla sponda più appartata con la speranza di abbeverarsi indisturbato. Puntata come una freccia al cielo, la foglia di una sagittaria, omodaka (沢瀉), ospiterà una graziosa falena geometrica in attesa del crepuscolo, mentre pipistrelli famelici, kōmori (蝙蝠), avranno già fatto incetta di un migliaio di zanzare.

Ora che la notte è scesa sullo stagno e la vista indugia sui contorni delle cose, sono sicuro che incontrerete almeno una di quelle creature bizzarre che popolano le cronache antiche di questo paese dal passato nemmeno poi così lontano: il kappa (河童), che simile ad una tartaruga ne condivide l’ingordigia. Ha un portamento eretto. Una depressione sulla sommità del capo svela uno stagno in miniatura nel quale, come in un gioco di specchi, potreste vedervi riflessi mentre passeggiate.

In lontananza, poi, dove inizia il bosco di canfora, vedrete danzare delle fiammelle bluastre. Penserete appartengano a delle lucciole, hotaru (蛍). In realtà si tratta di una processione di kitsune (狐), volpi magiche col potere di cambiare forma. Se osserverete con attenzione lo stagno e i suoi abitanti, reali o immaginari, sarà facile ora scorgere, sfere, triangoli, quadrati, mezzelune, esagoni e tutta la gamma di forme geometriche composite che sono a fondamento di ogni struttura di questo umido microcosmo.

È un processo di sintesi che mi aiuta a muovermi nella rappresentazione della realtà e a sopperire a certe mie lacune nel disegno. Il mio modo di dialogare con la complessità del reale (senza esserne sopraffatto). Individuata la struttura geometrica di un soggetto lo trasfiguro usando forme basilari: perlopiù cerchi, triangoli e quadrati. Il risultato non ha esattezza o rigore scientifici ma rispecchia quella che per me è l’essenza del soggetto. Una verosimiglianza più interessate della rappresentazione di stampo accademico. È il mio sguardo sbilenco sul mondo. Come ci insegna il grande maestro giapponese Hokusai; ogni cosa, dal bruco flessuoso all’ombrello di carta e bambù, disvela una struttura geometrica.

A guardar bene, ogni cosa sembra scomponibile e rimodellabile attraverso uno schema modulare di forme. Hokusai ci spinge ad allenare lo sguardo, ad osservare cosa si nasconde, letteralmente, sotto la superficie delle cose. A scovare un ordine segreto di forme, moduli, incastri e poetiche associazione di figure. A osservare un bruco non solo come insetto sinuoso e informe, ma come una ghirlanda di tonde sfere perlacee in bilico sopra lo stagno mentre si dondola sul margine pentastellato di una foglia di momiji (紅葉).