I Tartaglia verdi come ramarri

Con la licenza che ci è consentita, fin daitempi del teutonico vescovo e patrono Ambrogio, dall’esseremeneghini, possiamo parlare ancora di Carnevale, anchein tempi che per tutti gli altri son di quaresima.
E lofacciamo con un po’ di nostalgia per le maschere della tradizioneitaliana, che sono sempre meno frequentate da chi, bambino oadulto, si lascia trascinare dalla febbre del travestimento. Ma,si sa, la nostalgia del bel tempo andato è cosa che accomunale generazioni. Infatti, nella nostra collezione abbiamo trovatoquesto libro e vi abbiamo letto:



I ragazzi d’oggi conoscono maschereche ai miei tempi non esistevano; una, stupendamente italiana, Pinocchio,l’ho vista nascere; altre, come Fortunello, son venute d'oltremare;e quelle più propriamente teatrali, Gioppino, Fagiolino, Sganapino,Gianduia, Gerolamo sono relativamente moderne, vestite press’a poco comei nostri nonni e bisnonni, con qualche aggeggio e nastro e agghindamentoridicolo in più. 


Ma lemaschere vecchie che son state, per quasi tre secoli, la delizia,non già dei bambini, ma degli uomini serii, dei parrucconi piùimmusoniti, gli Arlecchini, i Truffaldini, i Pantaloni, i Brighella, iCapitanacci spagnoleschi che tagliavano le montagne con una sciabolata,i Tartaglia verdi come ramarri sono andati quasi tutti in pensione, ei loro colori si perdono nelle nebbie dell’oblio.





Ma il nome resta, entrato nellanostra parlata: e per questo non è forse inutile rievocarli, ripeterealla letizia dell'infanzia d’oggi com’è nata e che cos’era laletizia infantile di chi, ormai, nel migliore dei casi, se ha ancora icapelli, li ha bianchi come la neve.





Perché queste maschere non sono statesoltanto travestimenti carnevaleschi o balocchi vivacemente verniciati;alla loro invenzione hanno collaborato l’estro comico del popolo,il gaio istinto d’osservazione e  di imitazione, la suavivacità motteggiatrice e satirica: e per esse e intorno ad esse s’èformato un teatro nuovo, ricco di tali fermenti vivi, che il teatro piùimportante e artistico, per nascere, ha dovuto distruggerle derivando,però, in parte, da esse, una più sciolta umanità di quella cheil solenne teatro letterario gli trasmetteva.


Il libroè Piccola storia d’Arlecchino e C., diRenato Simoni, con illustrazioni di Sergio Tofano, pubblicato daEditoriale Milano nel 1946. Il libro è piuttosto raro, ma noncostosissimo. La rilegatura, rivestita in carta, è abbastanzafragile, soprattutto alle cerniere. Esemplari privi di difettisono rari. Il nostro ha uno sbocconcellamento al piede deldorso, visibile nella foto, ma ce lo teniamo lo stesso.
Ulteriori notizie su Sergio Tofano le trovate qui. Manon dimenticatevi il catalogo dellamostra curata da Hamelin, che forse potete comprare qui e,più probabilmente, nel sito di OrecchioAcerbo.