Le immagini di una rivoluzione dolce

 
Portavano le api a pascolare. Le portano ancora, se è per quello. Le portavano in giro affinché impollinassero per bene i frutteti, raccogliessero il nettare e ne facessero miele. In Slovenia, le api erano una grande ricchezza e gli apicoltori vendevano gli sciami in gran parte dell’area di influenza austriaca e tedesca, oltre a raccoglierne il miele.
 
 
 
L’unico problema era riconoscere le proprie arnie dalle altrui, una volta abbandonate nei prati, nei boschi e nei frutteti. Così, alla metà del Settecento, un certo Anton Jansa (1734-1773), pittore accademico e apicoltore talmente innovatore ed eccellente da diventare il primo docente di apicoltura nell’Impero Austro-ungarico decise di applicare la propria arte ai pannelli frontali – nella lingua locale panjska koncnica – di un nuovo tipo di arnia  che lui stesso aveva sviluppato. 
 
 
 
È nato così un fenomeno folkloristico, un prodigio di imagerie popolare, incontrato questa estate, pedalando lungo gli argini della Drava, che ha avuto un periodo aureo fra il 1820 e il 1880 ed è durato fino alla Prima guerra mondiale.
 
 
Queste semplici tavolette di legno raffigurano scene devozionali, episodi delle Scritture (in qualche caso da punti di vista inusitati, come l'arca di Noè che vedere qui sotto), ma anche scene surreali da mondo alla rovescia e ingenue espressioni di una misoginia che dipingeva le donne come esseri pasticcioni e diabolici al tempo stesso, autoritari e sopraffattori di poveri maschi ingenui (vedi sopra).
 
 
 
In un mondo ancora scarsamente alfabetizzato, queste immagini avevano fra le altre la funzione di trasmettere una cultura popolare che se, da una parte, era sottomessa e ossequiente al potere temporale della Chiesa, dall’altra si prendeva la libertà di sovvertire il mondo, auspicandone, se non promuovendone, un cambiamento che donasse il potere ai deboli, mettesse le prede al posto dei predatori, convincesse gli uomini a pascersi del sangue dei lupi, in luogo di quello degli agnelli. 
 
 
 
Ma era una rivoluzione dolce, per nulla radicale, che lasciava intatta una struttura sociale nella quale la sottomissione della donna era giustificata dalla minaccia che rappresentava. Una minaccia da esorcizzare con un umorismo banale, oggi sopravvissuto solo nelle barzellette della Settimana Enigmistica, negli spogliatoi delle palestre di periferia e nei bar della Padania pedemontana.
 
 
 
Un utile approfondimento sull'iconografia delle arnie decorate solvene nel sito del Museo Etnografico di Lubiana, dal quale sono tratte alcune delle immagini del post: http://www.etno-muzej.si/sl/digitalne-zbirke/panjske-koncnice