Quando arrivano gli dei

Uscita nell'autunno 2022 nelle collana l'Età d'oro, la storia di Filemone e Bauci, tratta dalle metamorfosi di Ovidio, è stata raccontata sul nostro blog dalla sua traduttrice Cristana Pezzetta. Oggi scrive cosa ha significato metterla in figure l'illustratrice Daniela Tieniche ringraziamo.

[di Daniela Tieni]

Filemone e Bauci è in libreria da ottobre, le mie copie sono qui, eppure certe volte mi sembra di non aver ancora chiuso questo libro. È stato sicuramente uno dei progetti più lunghi e impegnativi da affrontare,  intervallato, certo, da altri lavori e commissioni, ma diventato nel tempo un pensiero fisso, anche nei momenti di pausa. 

Giovanna mi ha presto suggerito di allontanarmi dalle classiche rappresentazioni della mitologia per provare a restituire la grandezza del mito in chiave moderna. Procedendo in questa direzione, abbiamo entrambe guardato ad alcune opere di Picasso: le figure possenti, i segni grandi e consapevoli, il tratteggio libero, la rilettura del mito e le ceramiche, splendide, potevano essere per me di grande ispirazione.



Dopo un periodo di studio e letture, ho iniziato a lavorare sulle forme alla ricerca di nuove possibilità; ragionando sulla vecchiaia - un momento della vita che non ho mai indagato a fondo con il disegno - ho cercato di rendere i corpi leggeri, morbidi, non grotteschi. Eppure qualcosa nelle numerose prove sembrava non andare: sfuggiva soprattutto la vitalità della scrittura di Ovidio, quel moto vertiginoso raccontato così egregiamente. Qual era, dunque, il problema? Forse l’aspetto che avevo dato ai due vecchi? Forse la palette, ancora troppo tenue, poco ardita? Come dare slancio a quelle immagini che rimanevano troppo ferme, poco gioiose, così serie?

Illustrazione scartata.

Le abbiamo pensate un po’ tutte, anche ad inserire una sottotrama che potesse dare spazio e richiamare altre trasformazioni vegetali dell’opera. Sembrava questa un’ipotesi suggestiva ed è la strada che per un po’ abbiamo percorso. Ci ha accompagnato Cristiana con precise e puntuali note (la ringrazio anche per questo prezioso aiuto), condividendo con noi una ricerca apposita sulle tante, bellissime storie che raccontano la mutazione da essere umano a vita vegetale, come quelle di Driope o Siringa, Clizia, Adone, Menta, Narciso. Ma i richiami erano troppi, troppe le trame, i temi e i personaggi dietro ogni metamorfosi. Avremmo rischiato di creare confusione e confondere i lettori. Così, anche questa via è stata abbandonata

Illustrazione scartata.

Nel testo ogni piccolo gesto viene descritto con cura. In questa nuova e bellissima traduzione, il suono delle parole scorre in modo molto dolce e accogliente, come lo sono i due vecchietti, soprattutto nel momento in cui entriamo nella loro piccola dimora e li seguiamo nelle faccende domestiche:

Nel mezzo della piccola casa si trovava anche un letto, con le gambe e le sponde di salice; appoggiato sopra stava un materasso fatto di morbide erbe di fiume. Filemone e Bauci cominciarono a scuoterlo delicatamente e poi lo ricoprirono con un telo, che usavano solo nei giorni di festa. Era consumato e vecchio anche quello, ma andava bene per il loro letto. Gli dei così vi si accomodarono sopra.

Poi, quando le divinità si palesano, ecco che il tono diventa inflessibile:

E cominciarono a parlare: “Noi siamo gli Dei e i vostri vicini, crudeli, pagheranno la loro giusta pena. A voi invece sarà dato di restare immuni da questo male. Lasciate dunque la vostra casa, seguite i nostri passi, andate insieme verso la cima del monte”.

Come restituire sul foglio l’attenzione data da Cristiana aogni parola e al suo significato?

Senza volerlo mi sono ritrovata con lo stesso umore del povero Ovidio nel periodo del suo esilio a Tomis! Lontano dai fasti e dalla bellezza, mandato da Augusto ai confini dell’impero e mai più tornato. Insomma, inconsolabile.

Ed ecco affacciarsi puntuali le domande di rito: se anche nella mia ricerca personale il tema della trasformazione è sempre presente, perché su questo progetto non riesco a essere completamente libera? Sono davvero la persona adatta a illustrare questa storia? Come mettere sulla pagina quello che io vedo di questo racconto che parla di una vita rigenerata, di una terra a cui è stata restituita la sua sacralità, di un ordine ristabilito, di ospitalità? Come avvicinarmi alla dimensione del mito senza cadere in facili soluzioni? 

Illustrazione scartata.

Ci ha salvato una sonora risata! Sdrammatizzare con Giovanna sulle tavole che non funzionavano, sui toni cupi e sulla palude in cui mi ero impantanata, mi ha alleggerito e le idee hanno ripreso vigore. D’altronde è sempre bene non prendersi troppo sul serio.

Successivamente Giovanna ha avuto un’altra ottima intuizione: guardare ancora al Novecento, ma spostandoci verso Matisse, in particolare prendendo come riferimento Jazz, il suo magnifico libro d’artista realizzato con la tecnica dei papiers découpés e pubblicato nel 1947. E questa è stata la giusta direzione: fare un tentativo diverso e lavorare su figure molto semplici, quasi piatte, che potessero restituire concetti universali; lasciare le forme libere nella pagina con pochi e vivaci colori, e tanto spazio da riservare al testo. Questa chiave di lettura mi ha fatto riprendere il lavoro con divertimento e anche molta curiosità. Come spesso succede, la cosa migliore da fare è andare a togliere tutto quello che non è necessario ai fini del racconto e verificare che nell’immagine non ci sia nulla di ridondante, soprattutto in questo caso, dove le parole di Ovidio sono capaci di descrivere con estrema precisione come ogni corpo si trasformi. Un’illustrazione troppo ricca e particolareggiata qui non funziona.

Insieme al lavoro di impaginazione di Anna Martinucci, l’impianto del libro è stato poi rivisto più volte, fino ad arrivare alla forma finale. 

 
 
Illustrazioni scartate.
La sequenza delle tavole relative al passaggio umano / albero poteva tranquillamente impegnarmi su venti pagine, anziché tre. Solo puntare all’essenziale mi ha fatto avvicinare un poco a Giove e Mercurio, e con molta cautela sono entrata insieme a loro nella casa di Filemone e Bauci. Ma il lavoro, come dicevo all’inizio, non mi sembra esaurito, come non lo è questo grande racconto del cosmo che Ovidio ha scritto in modo mirabile. Non si ferma, non si assesta, richiede ascolto e numerose letture; è un brulicare di eventi, di corpi celesti, umani e vegetali; di catastrofi, amori e desideri. Torna con lui la consapevolezza che non siamo al centro dell’universo; come esseri umani siamo solo una piccola parte di questo sistema e pertanto dobbiamo avvicinarci con riguardo e premura anche alla piantina più piccola, al singolo arbusto, perché vivo, sacro, e casa, forse, del divino.
 
 
 
Illustrazioni definitive e schizzi preparatori.