Un grande giorno di niente

Oggi vi presentiamo la nostra ultima novità per questo 2016, l’attesissimo Un grande giorno di niente di Beatrice Alemagna. Lo facciamo attraverso le parole dell'autrice, che ringraziamo per aver condiviso con noi e con voi queste riflessioni. Beatrice il 21 dicembre sarà alla Libreria Stoppani, a Bologna, dalle ore 18, per presentare il libro e dedicare le copie. Vi aspettiamo!

[di Beatrice Alemagna] La prima cosa che è nata di questo libro, è il titolo. Spesso una sola parola, un suono abbozzato, un nome strambo, sono il pretesto per fare emergere una realtà che mi porto dentro. Un giorno, ho scritto di punto in bianco questa frase in inglese: "Just a day of nothing" e ho visto un paesaggio annegato nella pioggia. Tutto è nato da qui, dall'idea del tempo vuoto. Era tempo che volevo parlare della noia.

Beatrice Alemagna, copertina di Un grande giorno di niente.

Ho due figlie: una si annoia di continuo, l'altra è ancora troppo piccola per farlo. Paradossalmente però non ho pensato alla noia di mia figlia, ma alla mia stessa di quando ero bambina. A quello spazio di vuoto insopportabile e incolmabile che esiste solo nel periodo dell'infanzia. Da adulti la noia ce la sogniamo perché ne abbiamo imparato il valore e pure l'utilità, invecchiando. Da piccoli ignoriamo che annoiarsi significa avere la possibilità di sognare e che sognare è un atto necessario alla costruzione di noi stessi.

La noia è in effetti un tempo privilegiato per osservare, riflettere, immaginare, creare. Il tempo vuoto, senza obblighi né faccende da sbrigare o attività prestabilite, è quello spazio elastico che permette al bambino di trovare se stesso all'interno delle sue risorse personali.

Beatrice Alemagna, frontespizio di Un grande giorno di niente.

Entrare in sé e fabbricarsi vite diverse. Questo mi sono ricordata, pensando alla mia perduta noia infantile. Penso che la noia debba essere un diritto per tutti. Il momento importante è imparare a realizzare che la noia è libertà. I bambini di oggi, i "nativi digitali", hanno una propria estensione corporea: telefonini, computer, tablet o quant'altro la tecnologia più disparata permetta. Ora, la tecnologia è affar serio e spesso vantaggioso e ho voluto semplicemente parlarne a mio modo, senza... l'aspetto altamente immorale che queste azioni scandalose nascondono. Scherzo ovviamente! Ma fa male a ogni genitore della mia generazione, vedere i propri figli buttati sui divani, alienati davanti a uno schermo luminoso, quando magari fuori c'è un mondo di meraviglie da esplorare.

I libri cambiano le persone e io ci credo. Se non ci credessi, non impiegherei due anni della mia vita a strappare disegni e riscrivere frasi. Anche se noi che facciamo libri siamo in partenza tutti matti. Infatti, come tutti i miei libri, anche Un grande giorno di niente è il risultato di mesi e mesi di lavoro, dubbi, momenti di esitazione, rifacimenti e marce indietro.

Beatrice Alemagna, studi per il protagonista di Un grande giorno di niente.

Con l'esperienza dell'età, ormai so perfettamente che, nel portare avanti un progetto per mesi, la mia motivazione interiore dev'essere tenace. Dovrà infatti resistere a lunghe fasi di incertezze e fatica. Nella mia mitologia artistico-personale, la Semplicità è una delle divinità principali. Non per i disegni di questo libro. Volevo che la natura apparisse alienante e misteriosa almeno quanto una sconosciuta valle annegata dalla pioggia. Volevo provare a disegnare i rumori delle gocce d'acqua e del frusciare delle fronde, far entrare lo spettatore nello spazio umido dei paesaggi.

Disegnando, mi sono chiesta più volte come dare a tutto questo "niente" un'enorme importanza. Come tentare di renderlo straordinario senza mai riempirlo veramente di qualcosa.

Beatrice Alemagna, tre studi per il bambino disperato.

Beatrice Alemagna, illustrazione definitiva per Un grande giorno di niente.

In questo si è concentrato tutto il mio lavoro più grosso, sia dal punto di vista narrativo che illustrativo. Quando si fa un lavoro con molta sincerità, alla fine io penso che si sia sempre guidati dal giusto, perché è quello che ci appartiene davvero, a portarci.

Questo libro ha vissuto anche molte vicissitudini da un punto di vista logistico e pratico. Venti versioni di testo diverse, agenti persi, editori cha hanno abbandonato il campo per paura e sfiducia, mia figlia nata praticamente tra un disegno e l'altro. Tutte le immagini sono state lunghe e laboriose. Ma tra le due più difficoltose ci sono senza alcun dubbio la copertina e l'immagine del bambino disperato dopo la perdita del gioco.

Beatrice Alemagna, schizzo per la caduta.

Queste due immagini, entrambe centrali, hanno rappresentato un ostacolo per via della tonalità lirica che volevo evocare. Cadere nel lirismo di un'immagine per me è come, da golosi, cadere in un gigantesco panetto di burro. Questo accade di rado nella realtà, ma disegnare momenti accorati è, per me, avvertire precisamente questa sensazione. Avvolgersi dentro a un panetto di burro e lasciarsi andare. Crogiolarsi, per intenderci, nella propria melensaggine. E io diffido molto della melensaggine.

La scena disperata è stata inizialmente immaginata da lontano, poi ripensata da vicino e infine molto discussa per via delle diverse espressioni, delle famose gambe-tronco, rifiutate completamente dalla prima editrice americana in quanto angosciose e invece amatissime dalla seconda che ne ha apprezzato l'eventuale forza grafica.

Beatrice Alemagna, schizzo per la caduta.

Beatrice Alemagna, illustrazione definitiva per Un grande giorno di niente.

Quanto i libri che facciamo dipendono dagli editori che lavorano insieme a noi. L'immagine che oggi rappresenta il bambino con le gambe d'albero, non sarebbe mai esisitita nella prima versione americana. È stata proprio questa immagine sulla quale mi sono impuntata a determinare la fuga dell'editrice iniziale. Non permetto di scartare qualcosa che trovo "forte" solo per il fatto che possa impaurire un bambino. Spaventare un bambino, se vogliamo, è una cosa molto importante, per un povero libro fatto di semplici, silenziose pagine.

Marcare l'immaginario di un bambino: francamente non chiederei di meglio. Ricordo oggi perfettamente le immagini più spaventevoli dei miei vecchi libri illustrati: ricordo come mi attiravano e come amavo tornare a guardarle, con quella morbosità legata allo sconosciuto, all'apprendimento. E poi, la paura per un bambino, non è mai senza speranza. La paura è propriamente speranza. Essere turbati, è porsi delle domande. E riuscire a darsi delle risposte è salvifico.

Beatrice Alemagna, studi per la copertina di Un grande giorno di niente.

Per la copertina, dopo mesi e mesi di ricerche, la soluzione è arrivata da una scena vista al parco sotto casa, osservando un bambino che rubava le scarpe a suo fratello. Quel bambino nella realà non ha afferrato un ramo, slanciandosi in avanti, ma io l'ho immaginato così. A volte le idee che ci facciamo delle persone, evocano immagini.

C'è un'ultima cosa che vorrei dire di questo libro. Mentre lo finivo, ho perso una persona a me carissima e vicinissima. Paradossalmente con la sua vita, questa persona aveva uno sguardo illuminato su di lei, rideva da far tremare i muri, era felice di ogni qualsiasi piccolezza dell'esistenza. Mai ne avrebbe perso un solo granello, annoiandosi. È a lei che questo libro è dedicato.

Beatrice Alemagna, studi per il protagonista di Un grande giorno di niente.