Avventure /12: Le illustrazioni nascono anche così

Lapineta di Torre Astura, dove si svolge l'antefatto di questaavventura.



SR:Agosto 2013: una mattina Paolo, a bordo della "Bomba alMetano", passa all'alba a prendere prima Daniela e poi me. DestinazioneTorre Astura, per una tranquilla mattinata al mare. E di cosa volete cheparlino due illustratori e un editore? Avevo visto nel blog di Danieladelle illustrazioni ad acrilico: montagne. E proprio in quel periodoanch'io mi ero messo a disegnare montagne, però a matita. Quelledi Daniela mi sembrava avessero una particolare affinità al miomodo di utilizzare il colore. E per un po' parliamo di quello.
Poi confesso che mi sarebbe piaciuto partecipare a Ilustrarte,ma non avevo il minimo appiglio, uno scarabocchio su un fazzoletto,un’idea, niente di niente. Paolo tira fuori dallo zaino Il vello d’orodi Robert Graves, legge un brano e mipropone di partire da quello. Anche Daniela è incuriosita; e sembraabbia lo stesso problema con Ilustrarte. E la scadenza era abbastanzaprossima. Così, Paolo, che ha proprio la mania di voler far lavorare gliillustratori a coppie o in gruppo, se ne esce con la fatidica frase.

Laspiaggia non era proprio impeccabile, ma trovatelo voi
un posto deserto il 20 agosto, alle porte diRoma


DT: Sì, ce ne stavamobeatamente a farci bruciare dal sole su una spiaggia quasi deserta,ignari del nostro destino e, già prima di mezzogiorno eravamofermamente decisi a realizzare delle illustrazioni a quattro maniper Ilustrarte. Il tempo a disposizione era pochissimo ed entrambinon avevamo esperienze di lavoro collaborativo. Ma forse è stataproprio la curiosità di vedere cosa sarebbe potuto venirne fuori checi ha spronati! All'inizio abbiamo pensato di dedicarci proprio allibro di Graves (che Paolo mi ha gentilmente prestato e forse nonrivedrà più!): già solo il prologo è una miniera di immaginiincredibili, ricche e suggestive. Ma non riuscivamo a concludere,a prendere il via. Ci sembrava troppo superficiale mettersi al lavorosu un testo del genere così in fretta, senza avere qualche settimanain più per fare un’adeguata ricerca.
Così, ci siamoaggrappati a quelle montagne che, del tutto casualmente, sembrava cipotessero unire.  Dovevamo comunque capire come integrarcicon la tecnica, quale utilizzare, da cosa partire, come fare.

Lamontagna di Simone; e quella di Daniela (ora nella collezioneTopipittori).


SR: Abbiamo iniziato senzaun’idea forte. Purtroppo - o per fortuna - non sapevamo di precisocosa volevamo raccontare. L'approccio iniziale non è stato facile: laprima volta che ci siamo incontrati non abbiamo concluso molto. Danielaha disegnato una montagna a matita, io ho disegnato il cielo e poici siamo inventati un lago ghiacciato dove far pattinare una piccolafolla di personaggi realizzati da entrambi: ballerini, strani ibridi,animali e altro. Ma la prova non ci ha gratificato molto...

Lavoriin corso sulla prima tavola.
Pregasi notare a chetipo di pornografie
si dedica Simone, invece di lavorareseriamente.

DT: Afine giornata ci siamo guardati e abbiamo capito (stremati!) che nonpoteva assolutamente andare: il lavoro  non era omogeneo,troppo confuso, improvvisato, ma anche la tecnica non ci davasoddisfazione. Entrambi siamo abituati a lavorare da soli, io forsepiù di Simone. Iniziare insieme, per di più senza un’idea precisa,ci ha gettati nella confusione.
Abbiamo lasciato decantare unpo’ di sensazioni, fino a che abbiamo capito che era meglio organizzareil lavoro in maniera più sistematica, con più calma, ognuno per contoproprio, dandoci delle regole e delle direttive generali per impostare letre illustrazioni.

SR: Cosìci siamo dati delle regole: sentirci liberi di intervenire sul lavorodell'altro e di obiettare le scelte cromatiche ed espressive; e dirci inmaniera molto diretta qualunque cosa ci venisse in mente.
Laseconda volta ci siamo solo sentiti via Skype. Abbiamo deciso il formatodelle illustrazioni e il supporto (Fedrigoni Quadrex 500g). Abbiamo anchedeciso di occuparci separatamente (ognuno a casa propria) di diversielementi compositivi e intervenendo successivamente sul lavoro dell'altro,convinti che questo ci avrebbe tolto un po' di inibizione.

Ancora lavori in corso sulla primatavola.


DT: Il primo passo toccava a me:avrei dovuto inventare delle scenografie prendendo come spunto le nostremontagne. Acrilici alla mano, ho ripreso la piccola montagna rossa cheavevo fatto un mese prima [ora nella collezione Topipittori,NdR], e l’ho ingrandita. Ho lavorato con grande serenitàma anche con una punta di agitazione, perché desideravo dare aSimone una tavola che gli piacesse, per metterlo nella condizionedi lavorare bene. Ho cercato di trattare la superficie nel modopiù curato possibile, pur essendo consapevole di potermi ritrovare,alla fine, con un risultato molto lontano da questo primo passaggiopittorico. L'idea che Simone mettesse le mani su una mia tavola mientusiasmava: ho una grandissima stima di lui e sapevo che avrei imparatomolto; e che il risultato sarebbe stato bello e di importante per noi,per la nostra esperienza, al di là del concorso.


La prima tavola nella versionefinale.

SR: Danielaha preparato la prima tavola e sono andato a prenderla a casa sua:un paesaggio bellissimo!
Tra me e me ho pensato: «E mo' socca...!» Non è facile raccontare qualcosa e inserire dei personaggisenza stravolgere il lavoro dell'altro. Infatti, ci sono volute unpaio di settimane per capire che non potevo non stravolgerlo.
Così ho ricalcato la punta della montagna su carta velina (peravere i riferimenti), ho ridipinto la montagna cercando di riprendereil più possibile il cielo già colorato di Daniela, ho spostato lamontagna come se fosse aperta, spaccata da un gigante che ci vivevadentro e ho aggiunto una teoria di personaggi che corrono versoqualcosa (o scappano da qualcosa).
Quando ho restituitola tavola a Daniela, per i suoi interventi, mi sono portato a casadue nuove basi su cui lavorare.



La secondatavola.

DT:Terminata la prima tavola, le altre sono venute diconseguenza: un’immagine tirava l’altra. La seconda era un paesaggioroccioso una dominante cromatica blu; la terza due case speculari,con l’idea di far giocare i personaggi che aveva aggiunto Simone siaall’interno che all’esterno di queste costruzioni.
Anchequeste due tavole hanno subito cambiamenti: per dare continuità ecoerenza alla sequenza delle immagini, nella seconda siamo tornatial rosso; nella terza è rimasta solo la casa di sinistra (ma soloperché non avevamo il tempo di realizzare anche l’altra). Abbiamocontinuato così fino alla fine, aggiustando mano a mano il tiro doveci sembrava necessario, seguendo le tracce e e i segnali che l'altro cilasciava.

Lavori in corso sullaterza tavola.



SR: Lavorare insieme èstato difficile, ma non troppo. In fondo, quello che facciamo,come illustratori, non ci appartiene mai completamente: le tavolevengono riprodotte e stampate in migliaia di copie e, spero, usate,manipolate, sporcate, modificate da mani bambine. Serve solo un po'rispetto per farlo guardandosi negli occhi; e un po' di coraggio perguardarlo fare.

DT: Siamopartiti entrambi con un certo pudore: non è facile mettere le mani suun'espressione così intima della personalità di un altro. Ma questolimite, come tutti gli altri che abbiamo incontrato e che all’inizioci sembravano ostacoli insormontabili si sono rivelati, alla fine, unpretesto per essere più determinati a trovare la soluzione giusta.

La terzatavola.


SR: Il momento chiave diquesto processo? Per me il punto di svolta è arrivato quandoho capito di dovermi occupare del progetto con molto distacco:come se dovessi accudire il figlio di qualcun altro.

DT: Per me è stato quando Simonemi ha mostrato il lavoro che aveva fatto sulla prima tavola. Sono rimastadi sasso: era stupenda! Aveva avuto il coraggio di scoperchiare la MIAmontagna, liberando un gigante.
In quel momento mi è sembratoche tutti i tasselli fossero finiti al posto giusto, che le illustrazionifinalmente avessero cominciato a vivere.