Costruire giocattoli

[di Claudia Barone]

Mi chiamo Claudia, ho appena compiuto 35 anni e faccio la giocattolaia. Qualche anno fa ho scelto di vivere il privilegio di seguire la mia passione e di far diventare un lavoro quello che faccio da sempre grazie a due genitori illuminati che ci hanno insegnato che qualunque cosa, purché venga fatta per bene, in qualche modo e in qualche forma fiorirà.

Ricordo che a casa nostra i giocattoli non venivano comprati, ma costruiti. Grazie a questa visione, da piccola ho imparato cosa significa desiderare e che sapore ha l’attesa: perché quel seggiolone di legno che costruimmo io e mio padre dapprima l’abbiamo immaginato, poi disegnato, poi progettato, poi tagliato, levigato, assemblato, colorato… e ancora me lo ricordo. E mi commuove già solo l’idea, inimmaginabile allora, che quello sarebbe diventato il mio incantevole lavoro. Era davvero poco realistico pensarlo negli anni Ottanta. La mia è una generazione particolare, di passaggio, e  - credo - ancora molto legata a meccanismi che non ci appartengono più. È questa la ragione per cui la mia vita, a un certo punto ha preso una direzione diversa sebbene la mia passione per i giocattoli di legno sia rimasta immutata. Dai nostri viaggi, sempre sui generis, portavo ogni volta a casa dei giocattoli di legno. Prediligevo i mobiletti per le case delle bambole di cui possiedo pezzi unici e incantevoli come le cucine rosse jugoslave e i bagnetti austriaci.

La bellezza stava poi nell’arricchire arredi e creare personaggi. La cosa funzionava così: riunione con mio papà, insegnante di scultura al liceo artistico, sul tavolo della cucina per disegnare i prototipi; alle prime urla di mia madre che pretendeva di apparecchiare la tavola o di fare altre faccende, levare elegantemente il disturbo per raggiungere il laboratorio in mansarda. A quel punto, il mio posto era il gradino alto e il mio compito osservare attentamente mio padre che tagliava i pezzi che ci servivano. Da quel punto in poi riprendevamo la fruttuosa collaborazione per levigatura, assemblaggio e decorazione.

A pensarci bene, anche adesso, quando chiedo a mio padre di fare qualcosa insieme il mio compito è rimasto invariato: «Guardami, così poi puoi rifarlo.» In Sicilia, dove ho la gioia di vivere, si risponderebbe mezzaparola, come per dire «va bene, non ho nulla da aggiungere!».

A pensarci ancora meglio, adesso, questo è ciò che dico ai miei falegnomi, gli alunni della scuola dell’infanzia dove insegno falegnameria, quando costruiamo i giocattoli. La conoscenza deve passare dall’osservazione partecipata, dall’attesa, dal desiderio, da una fertile noia. Vedere quelle manine che stringono gli attrezzi del mestiere mi riempie di fiducia. Allo stesso modo, per loro, sentirsi e vedersi capaci di costruire i propri giocattoli e, prima ancora, vedere un disegno materializzarsi dalla carta a un materiale caldo e vivo come il legno so che rappresenta un’emozione di straordinaria entità.

I nostri giocattoli nascono sempre dagli albi illustrati, altra mia passione. Coniugare illustrazioni e giocattoli mi sembra un’idea proficua. Funziona così: ci mettiamo seduti, ci immergiamo in una storia, ci lasciamo trasportare dalle parole come naviganti finché, magicamente, i personaggi di legno iniziano a saltar fuori dalle pagine. Si avvicendano, si accapigliano, si raccontano, e poi? Poi li costruiamo su misura per noi. Quindi, forza! Chiodi, martelli, viti e cacciaviti: si comincia. E se bisogna fare un buco? C’è sempre qualche genitore terrorizzato da questa domanda perché, sì, spesso sono le persone più alte quelle meno preparate al cambiamento, a de-costruirsi, a smontare cioè gli schemi e le strutture che hanno edificato nel tempo, per arrivare alla semplicità, a mettersi in gioco. I piccoli in genere sono molto più aperti a rispondere: «Prendiamo il trapano a manovella!», e via così, a giocare e a imparare la bellezza del costruire, insieme.

Trovo che sia necessario rispettare l’infanzia; i tempi di ciascuno, i desideri, le abilità di ognuno anche attraverso forme, colori e funzionalità del gioco che costruisco su commissione. Il confronto, la conoscenza, lo scambio per dar vita a un progetto individualizzato, davvero su misura. La riscoperta delle cose semplici, quelle simples cosas cui ha dato voce Mercedes Sosa e che mi hanno guidata lungo un periodo splendido della mia vita.

La mia seconda tesi di laurea in Antropologia è stata centrata sull’educazione di comunità tra i kichua dell’Alto Napo, la zona amazzonica dell’Ecuador, territorio incredibilmente sfaccettato che mi ha chiamata a sé e di cui ho riconosciuto il cielo come casa. Sono arrivata lì nel 2015 per svolgere il mio lavoro di tesi: in cambio di ospitalità, lavoravo in un centro per bimbi e ragazzi violati o in situazioni che definirei delicate. Sono un’assistente sociale, non ho mai rinnegato questa mia inclinazione verso le reti, la solidarietà, la collaborazione. Devo ammettere che avevo un pregiudizio positivo, pensavo che mi sarei trovata molto bene, una sorta di privilegiata che veniva dall’Europa e che sarebbe stata utilissima lì, nonché guardata con occhi curiosi. Nulla di più falso. Mi è stato fatto il dono di scontrarmi contro l’egocentrismo proprio della parte di mondo in cui sono nata e di iniziare a capire che si può vivere anche in modi totalmente differenti. Che non è necessario avere per forza un progetto a lungo termine, che non è indispensabile risparmiare tanto perché domani non si sa se ci sarai e cosa farai. Ho sperimentato che ci si può affidare, e questo è quello che mi porto dietro, con estrema fiducia. In questo modo mi sono alleggerita e mi sono data la possibilità di giocare davvero.

Alle mie attività quotidiane ho affiancato il desiderio di un laboratorio di falegnameria in Amazzonia in cui venissero utilizzati i legni strappati al disboscamento illegale. E il desiderio si è avverato: un crowfunding ha raccolto i fondi necessari e il laboratorio è nato. Lontana da logiche assistenzialiste, ho proposto agli educatori del centro di imparare a utilizzare i nostri strumenti nuovi di zecca, e a loro volta avrebbero insegnato ai ragazzi. Questi ultimi poi hanno insegnato ai bimbi e da quel posto è venuto fuori di tutto: strumenti musicali, giocattoli, acchiappasogni. Con un anziano falegname abbiamo poi fatto uno scambio, lui mi ha insegnato alcuni segreti del suo mestiere, io gli ho insegnato a costruire giocattoli. Mi ha confessato che desiderava imparare da tanto, ma c’era la famiglia da mandare avanti e restava poco tempo, o voglia, per pensare a giocare. Con lui abbiamo fatto giocattoli bellissimi che ha deciso di donare all’asilo del suo quartiere. Tanta bellezza ha attirato anche la vicina università, all’avanguardia sui temi della sostenibilità, che mi ha offerto la cattedra in Inventos. L’idea era quella di insegnare agli studenti a de-costruire per imparare le leggi della meccanica, della fisica, e tutto questo dai bambini o meglio, tramite l’osservazione del gioco dei bambini. A partire da quello, avremmo creato un catalogo di giocattoli di design da produrre in maniera sostenibile.

Un sud tira l’altro, così sono tornata in Sicilia, dapprima per rinnovare il visto; in un secondo tempo per rispondere alle richieste degli asili e delle strutture che mi chiamavano per collaborare. Era piuttosto inusuale, pensavo, che a Catania qualcuno mostrasse interesse per una giocattolaia, eppure era ed è così. L’Etna esercita un forte magnetismo sul suo popolo e credo sia saggio ascoltare le radici e resistere seminando bellezza.

Adesso non sono più assistente sociale. Sono ancora esaminatrice per le carte di soggiorno dei migranti perché credo che si debba agire dal basso per garantire ricchezza, scambio, solidarietà e umanità. Prima di tutto umanità. Sono ancora terapeuta nell’ambito delle terapie con gli animali verso persone con disabilità. Sono orgogliosamente artigiana del legno. Sono, ancora più orgogliosamente, insegnante di falegnameria. E dimenticavo: da poco sono anche designer. Anche sulla carta, dico!

Se vi interessa dare un'occhiata ai miei giocattoli, questo è il mio negozio on line:

Claudia Barone

I legni del mestiereLa Giocattolaia

E-mail: clabarone84@yahoo.it