Credi fermamente nell'utopia


Comedovrebbe essere una scuola? Com'è la scuola ideale?
Iolo so perché da piccola ne ho frequentata una e ritengo chel'averci trascorso cinque anni (forse i più importanti nellavita di un bambino), sia stata una delle grandi fortune dellamia vita. La mia scuola elementare si chiamava, e si chiama, Trotter, o Casa del Sole

Il Trotter è nato all'inizio delNovecento, come galoppatoio. Nel 1922, quando questo fu trasferitoa San Siro, il comune acquistò l'area e la trasformò in unastruttura pedagogica modello, ovvero la Scuola all'Aperto Casadel Sole, dalle avanzatissime teorie didattiche e pedagogiche,destinata ai bambini gracili e tubercolotici.

Il complesso oggi èsottoposto a vincolo dalla Sovrintendenza per i Beni Ambientalie Architettonici come esempio di scuola all’aperto più granded’Europa e il parco è attualmente nell’elenco redatto dal FAIdei Beni Ambientali di Milano da conservare e valorizzare; nel 1991,il Comune ha commissionato al Politecnico di Milano uno studioper la riqualificazione naturalistica e architettonica dell’area,concluso nel 2002. Il progetto del Trotter fu di un tecnico del Comune,l’ingegner Folli, che realizzò un impianto a padiglioni immersi inun parco, e concepiti per stare fra gli alberi e il verde, offrendoagli alunni un ambiente ecologicamente ideale. E ideale lo era davvero,perché la bellissima vegetazione del parco è fatta, come si legge sulla scheda del Comune di Milano, da 53specie arboree, fra le quali numerosi alberi secolari. Oltre al verde,il parco ospita due grandi palestre vetrate, una piscina all'aperto,una piccola fattoria, una chiesetta, alcune serre, un orto, un teatro,una biblioteca, una voliera, arnie...

La Casa del Soleospitava, e ospita, materne, elementari e medie. Ogni padiglione, quandol'ho frequentata, era suddiviso in quattro classi e un refettorio dovei bambini, tutti insieme, consumavano colazione e pranzo. A scuolafacevamo il tempo pieno, fino alle quattro di pomeriggio: negli anniSettanta, una vera e propria innovazione didattica. Alle quattro,uscivamo salutati da una merenda che arrivava su grandi vassoi:una michetta accompagnata da una mela o una pera o una arancia ouna piccola tavoletta di cioccolato.

Dopo pranzo,facevamo ricreazione nel parco: durava un'ora e non c'era stagionepreclusa. Si giocava liberamente, a quel che volevamo e con chivolevamo. Se faceva freddo ci imbacuccavamo e fuori a galoppare nellaneve. Molte lezioni si tenevano all'aperto, per esempio disegno, agraria,scienze, ginnastica, ma non solo.

Capitava di uscire anche peraltre lezioni, quelle di solito tenute nella amatissima classe,come italiano, oppure si usciva per la lezione di musica, che siteneva nella chiesetta, recentemente ristrutturata dal FAI: perraggiungerla si doveva attraversare il parco, attraverso il vialedei Platani. Ci faceva cantare in coro un'insegnante non vedente,che si chiamava, nientemeno, Signora Schumann.
Oltrealle materie consuete, avevamo materie sperimentali e molte classigestivano attività particolari, organizzate in piccole cooperative:la Cooperativa Chicchirichì vendeva polli ruspanti e uova (e,a Pasqua, pigolanti pulcini per cui i bambini facevano a botte);la  Cooperativa Flores vendeva piante;  la CooperativaAgo d'Oro vendeva manufatti vari.

La mia classe gestiva unapiccola Cassa di Risparmio in cui, ogni lunedì, i bambini venivano inpellegrinaggio da tutta la scuola a versare le monete che avevano intasca. Ognuno aveva un piccolo libretto di risparmio. In cinque annisul mio accumulai qualcosa come 16000 lire. Come dire, un capitale,e non scherzo. All'inizio dell'estate si faceva il saggio di fineanno scolastico: una cosa molto istituzionale, a base di balletti,esercizi ginnici, cori. Ma noi adoravamo quell'esibizione che ci daval'impressione di essere parte di un grande, bellissimo spettacolo percui dovevamo prepararci, provare costumi, movimenti, parole...
Quando cresci in un ambiente del genere, in mezzo alla bellezza,perché bello era il parco e belli gli edifici, quando fare scuolasignifica anche semplicemente guardare fuori dalla finestra e vederele stagioni - pioggia, neve, sole, colori e cieli che cambiano;quando ogni attività ha uno spazio progettato bene, dai padiglioni -che sembrano casette pensate per i bambini, con belle classi ampiee luminose -, alle immense palestre tutte aperte sul verde; quandoc'è perfino una fattoria con mucche maiali galline conigli, doveimparare le scienze (e quando nascevano i vitelli, i maialini o gliagnelli, era un gara fra le classi andare a salutare silenziosamentee con sacro rispetto, i nuovi nati).

In unambiente così, andare a scuola diventa la cosa più naturale delmondo, e lo è, davvero, naturale, una scuola pensata in questomodo. E fa diventare una cosa perfettamente naturale crescere eimparare. Sì, sono stata fortunata.

Quando poi sono andata allemedie e mi sono trovata in una classica, normalissima scuola milanese,un severo edificio dei primi del Novecento, con un brutto cortile incui cresceva un albero male in arnese, rimasi basita. Ero convinta chele scuole fossero tutte come il Trotter e improvvisamente imparavo cheno, le scuole potevano essere luoghi molto diversi, che lasciavanofuori dalla porta molte delle cose che fanno bello e interessanteil mondo.

Ci sono tante altre cose di cui sipotrebbe parlare a proposito di questa meravigliosa scuola:dei bravissimi maestri che ci insegnavano; dell'orgoglio edel senso di appartenenza che i bambini che la frequentavanoprovavano; del degrado terribile e scandaloso che questo luogodal valore incommensurabile ha conosciuto negli anni Ottantae Novanta; del risveglio degli ultimi decenni, promosso da una agguerritissima associazione diinsegnanti, genitori e cittadini

del quartiere, che l'hafatta rinascere, riportandola all'attenzione, che meritava, dimedia e istituzioni.
Personalmente, forse, la piùgrande lezione del Trotter è stata questa: credi fermamentenell'utopia. Perché le utopie, se non ti limiti a pensarle, ma faiin modo di dar loro un corpo e un'anima, esistono. Il Trotter, utopiarealizzata, lo stava a dimostrare.

Ho iniziato a scrivere questo postper presentarvi un libro in cui recentemente mi sono imbattuta edi cui subito mi è venuta una gran voglia di parlare. Si intitola A due passi dal solee raccoglie sei racconti scritti da bambini del Trotter: ifinalisti del concorso letterario “Signor Nilsson” (dal nomedella prodigiosa scimmietta di Pippi Calzelunghe), organizzatodalla rivista T Trotter ed edito da Terre diMezzo.
Ma come vedete sono andata fuori tema. Invece ilconcorso, il libro, la rivista, i racconti e i bambini che li hannoscritti meritano un post tutto per loro. Lo pubblicheremo nei prossimigiorni. Ma come facevo a parlarvi di questo libro senza prima dirvi checos'è, e che cos'è stato per me, il Trotter? Questa scuola in cuidavvero i bambini si sentono a due passi dal sole?

Le foto in bianco e nero di questo post provengono dall'archivio storico Casadel Sole. Le foto a colori, dal sito della scuola. Lastoria della scuola Casa del Sole la trovate qui. Sul Trotter sonostati pubblicati alcuni libri, di cui trovate notizia qui.