[di Francesca Mignemi]
Viviamo un’epoca nella quale siamo bombardati da immagini, talvolta sciatte, molte volte complesse e in alcuni casi sofisticate. Come si innesta in questo intricato mondo visivo l’illustrazione? Chi è un illustratore? Colui che traduce in immagini un testo scritto?
Il Cambridge Dictionary definisce Illustrator “a person who draws pictures, especially for books”. Per Umberto Eco: “l’illustrazione è un sistema di segni che interpreta altri sistemi di segni. […] illustrare vuol dire commentare visivamente i prodotti di altri sistemi di segni. Stabilire un rapporto intertestuale che non deve ridursi al servizio parassitico, ma può sfociare nella co-invenzione.”
Per chi come me si occupa di letteratura e di promozione della lettura illustratore e illustrazione evocano subito altre parole precise: albi, classici per l’infanzia, primi libri, silent book, seppur, a onor del vero, le mie passioni rimandino anche ai miniaturisti, a William Morris, Erté o Glaser, ai bozzetti di Antonio Marras e di Paul Poiret per citarne alcuni.
Illustrazione nella sua accezione più ampia è un’arte versatile che si adatta a forme alte e basse, tradizionali e moderne, in grado di comunicare a un’ampia platea, dai bambini agli adulti. È un’arte antica che non riguarda solo l’ambito letterario, basti pensare che un tempo era usata dai corrispondenti di guerra, per i manuali di medicina, e poi le illustrazioni botaniche, quelle scientifiche, di moda, per arrivare alla pubblicità, passando per i manifesti politici, atti sovversivi e di protesta.
Non tutti i grandi illustratori sono giunti ai libri e all’editoria per l’infanzia in maniera lineare e infatti non è detto che saper fare illustrazione corrisponda a saper fare pagina.
Non sorprende, scrive Martin Salisbury in Plan Pen. New children’s book illustration, che in un’epoca nella quale consumiamo una grande quantità di immagini, l’arte dell’illustrazione per l’infanzia abbia avviato una sorta di rivoluzione attirando molti artisti di talento che usano diverse tecniche, contaminando gli stili.
In questa magnifica giungla che si è formata intorno all’arcipelago illustrazione, l’editore LupoGuido sopraggiunge con elegante passo felpato e ci propone una collana che racconta alcuni tra i più grandi illustratori di tutti i tempi.
Si chiama The Illustrators ed è curata da Quentin Blake e Claudia Zeff, originariamente esce per i tipi di Thames & Hudson Ltd., in Italia è tradotta da Gabriella Tonoli.
Cosa vuole essere questa collana che si compone di monografie? Un sestante nel vasto mondo degli illustratori, una selezione di punti di riferimento stilistici, al di là delle mode e delle tendenze per chi si occupa di visual literacy, uno strumento per rendere più consapevoli educatrici ed educatori del portato culturale, politico e personale di quelle immagini e di quelle storie per immagini che quotidianamente offrono a bambine e bambini.
I primi volumi usciti in Italia sono quelli dedicati a Miroslav Šašek, Raymond Briggs, Ludwig Bemelmans, Judith Kerr, Tove Jansson.
Ogni volume, ricco di gustosi aneddoti, ha tra i suoi punti di forza quello di contestualizzare la biografia e le opere degli artisti. Di ognuno di loro scopriremo dunque quali influenze artistiche ha subito, il percorso personale, di studio e quello professionale. Ogni monografia è curata da un diverso esperto, ma con coerenza stilistica tutte hanno un piacevolissimo tono narrativo e un notevole apparato iconografico che ne fa delle biografie illustrate alla portata di tutti.
Un assaggio?
Il volume dedicato a Miroslav Šašek è curato da Martin Salisbury, professore di Illustrazione presso la Cambridge School of Art. Šašek, nato ed educato in Cecoslovacchia dalla quale emigrò, è famoso nel mondo per le sue guide illustrate.
Copertina di This is Paris, 1959 © Miroslav Šašek Foundation Photography Ondřej Přibyl
Questa è Parigi è il primo titolo frutto di una vacanza di tre settimane nella Ville Lumière. L’artista, osservando che gli adulti non spiegavano nulla ai bambini durante gli estenuanti tour de force da un monumento all’altro, decise che anche questi avevano diritto alla loro Baedeker (guida iconica del periodo). Il New York Times scrisse che “con un minimo di parole e un massimo di illustrazioni Questa è Parigi riusciva a catturare la magia della Capitale dell’Umanità”. Quando uscì Questa è Londra una recensione sul supplemento letterario del Times recitava più o meno così: non ci sono molte parole, ma quelle poche sono memorabili e l’umorismo è caratteristico e pervasivo.
Miroslav Šašek nel suo studio, 1961 © Miroslav Šašek Foundation Photography Ondřej Přibyl
Salisbury si sofferma sul portato personale dell’autore e nell’introduzione scrive: “Lo sguardo di un artista emigrato può essere particolarmente illuminante e spesso ci aiuta a vedere quel che appare familiare come se fosse la prima volta. Le trame e i ritmi della vita quotidiana a cui diveniamo indifferenti vengono divorati con entusiasmo dall’appetito visivo dello straniero”.
Illustrazione da This is New York, 1960 © Miroslav Šašek Foundation
Il volume racconta, con dettaglio e deliziosi aneddoti, la vita di un uomo elegante, di un artista molto complesso che però, nella percezione del mondo, rimane legato alla sua collana di libri di viaggio. Le sue competenze di architettura sono evidenti nei disegni di palazzi, monumenti e ponti, con attenzione per i dettagli restituiti al lettore attraverso illustrazioni originali e graficamente accurate e soprattutto con sguardo gentile e sornione sulla quotidianità e le tradizioni dei luoghi.
Quasi contemporaneo di Šašek è Ludwig Bemelmans, protagonista del volume scritto proprio da Sir Quentin Blake, curatore della collana.
©condenastarchive The New Yorker, 24 Giugno 1950
Bemelmans, per chi ama i film di Woody Allen, è noto in qualità di decoratore del Bemelmans Bar che si trova all’interno del Carlyle Hotel, ma Ludwig era innanzitutto un artista eclettico, bon vivant e grande viaggiatore. Aveva uno straordinario senso dell’umorismo e amava prima di tutto considerarsi pittore, illustratore e decoratore, poi - suo malgrado - autore. Nel 1954 affermò davanti al pubblico per la presentazione della Caldecott Medal: “Ho detto ripetutamente due cose che nessuno mai ha preso sul serio e sono che innanzitutto io non sono uno scrittore ma un pittore e in secondo luogo che non ho immaginazione”.
©2019 Estate of Ludwig Bemelmans Risguardi della prima edizione di Madeline, 1939
Tra le sue opere più famose Madeline (che sempre LupoGuido riproporrà presto ai lettori italiani) che, come sottolinea Quentin Blake, deve il suo grande successo al linguaggio semplice e rimato, affiancato da illustrazioni che strizzano l’occhio a Matisse, Picasso e Dufy, con un forte impatto sui bambini.
©2019 Estate of Ludwig Bemelmans Bemelmans al cavalletto, 1958 circa
Il volume racconta, con dovizia di particolari, tutte le tappe principali della vita personale e artistica di Bemelmans con molti dettagli sulla gestazione delle opere, inoltre restituisce le atmosfere del tempo in cui visse nonché la sua eccentricità nell’affrontare le prove della vita.
E arriviamo al volume su Raymond Briggs curato da Nicolette Jones, autrice, critica e redattrice di libri per l’infanzia, per oltre vent’anni, del Sunday Times.
Raymond Briggs, 2011 ©Jonathan Brady
Di Raymond Briggs, autore e illustratore iconico, che ha ispirato anche il cinema, la curatrice restituisce la poetica permeata da uno struggente e nostalgico legame con i genitori amatissimi, che sempre lo supportarono nel suo percorso artistico. Ci racconta che Raymond era un ragazzo della classe operaia, origine che risuona in tutta la sua opera; dotato di grande senso dell’umorismo e passione per l’escatologico, i suoi libri sono ricchi di citazioni colte, amava Chagall e Velasquez.
Fungus the Bogeyman, 1977 © Raymond Briggs
Scopriamo che era meticoloso e puntuale e riteneva che la parte più ardua del suo mestiere fosse quella relativa alla progettazione grafica, tanto che scrivere il testo al confronto gli appariva semplice come una passeggiata!
Penultimo volume uscito in Italia è quello su Judith Kerr curato da Joanna Carey, autrice, illustratrice e critica, redattrice per cinque anni della sezione libri per l’infanzia del Guardian.
Judith Kerr da bambina a Berlino © Judith Kerr e HarperCollins Publishers
Di Judith Kerr il volume ci rivela subito che, nonostante i primi anni di vita in fuga a causa delle persecuzioni naziste, ebbe un’infanzia felice. Lo raccontano i suoi disegni infantili, salvati dalla madre nei continui spostamenti, che ci mostrano una bambina dotata di grande immaginazione, spirito di osservazione ed eccezionale memoria. La piccola Judith lascia in quei disegni una cronologia dettagliata di quel periodo, con uno sguardo infantile sui fatti senza traccia di traumi, rivelando talento per il disegno e grande predisposizione per la messa in pagina. Studiò arte e votò la maggior parte delle sue energie alla pittura, a seguito della delusione per il fallimento del diploma in illustrazione.
Judith Kerr al cavalletto, verso la fine degli anni 40 © Judith Kerr e HarperCollins Publishers
Solo a vent’anni di distanza da quell’esperienza decise di tornare al libro a figure con una storia della buonanotte creata per la figlia e raccontata all’infinito. La storia era quello che ad oggi è considerato uno dei capolavori della letteratura per ragazzi: Una tigre all’ora del tè.
Illustrazione da Una tigre all’ora del tè © 1968 Kerr-Kneale Productions Ltd
E per finire, Tove Jansson. Il volume è curato da Paul Gravett, autore specializzato in fumetti e curatore di mostre e retrospettive dedicate a Posy Simmonds, Charles Schultz e, naturalmente, Tove Jansson. Tove è stata una artista completa, pittrice, illustratrice, “un’autrice originale, feconda, versatile e generosa”, per citare Ali Smith.
Autoritratto, 1940 © Tove Jansson Estate
Non manca, come negli altri volumi, uno sguardo intimo sulla vita dell’artista e il racconto delle sue tappe professionali, tuttavia era obbligatorio soffermarsi sui Moomin, opera unica e inimitabile. Originariamente Tove scrisse i Moomin per sé stessa; nella vita dei suoi troll cercava una via di fuga dagli orrori bellici e dalla crudeltà. Sull’origine di queste storie, Tove dichiarò: “Io sono una pittrice, ma nei primi anni ’40, a causa della guerra, mi sentivo così disperata che ho iniziato a scrivere fiabe”.
Nuova copertina per Comet in Moominland, 1956 © Moomin Characters
Tove aveva trovato il suo nascondiglio nella Valle dei Moomin, lo stesso in cui si rifugiano ancora oggi i suoi lettori, nutrendosi della bellezza della varietà.