Libri uguali o diversi?

Oggi pubblichiamo questo articolo di Beatrice Bosio, che è una sintesi della sua tesi di laurea in Scienze della Formazione Primaria, discussa presso l'Università Bicocca di Milano. Beatrice da lunedì lavora con noi. Benvenuta!

Esplorazione e produzione di albi illustrati in lingue diverse alla Scuola dell'Infanzia. Resoconto di un progetto di emergent literacy in età prescolare in un’ottica di educazione plurilingue e interculturale

[di Beatrice Bosio*]

Viviamo in società sempre più complesse, pervase da innumerevoli forme di diversità, che si stratificano e intersecano, riverberandosi in tutti gli ambiti e settori. Tale scenario non può che riguardare, in primo luogo, la scuola, di qualunque ordine e grado essa sia. I dati più recenti raccolti a livello nazionale e internazionale fotografano nitidamente la presenza di ricchi mosaici culturali e linguistici nelle classi di oggi. Ne consegue l’esigenza sempre più sentita e ormai unanimemente riconosciuta di saper accogliere, affrontare e valorizzare le differenze in quanto ricchezza, consapevolezza che, specialmente nell’ultimo ventennio, si è tradotta in un ampio e ben fatto sistema di riferimento normativo in Europa e non solo, con particolare attenzione ai contesti educativi, formativi e pedagogici. Pare, tuttavia, che questo quadro teorico e legislativo spesso fatichi a concretizzarsi nella realtà di tutti i giorni, non trovando grande riscontro nelle pratiche agite quotidianamente a scuola e altrove. Anzi, come sottolinea Emilia Ferreiro in Alfabetizzazione. Teoria e Pratica (2003), le società attuali, soggette ai fenomeni di modernizzazione e globalizzazione, tendono a figurarsi terreno fertile per la comparsa di migliaia di modi di discriminazione e di razzismo. Secondo la studiosa argentina, per ostacolare simili atteggiamenti e promuovere a livello sociale una comunicazione efficace tra e nonostante le differenze linguistiche e culturali, non solo non bisogna minimizzarle o negarle, ma neanche farne un uso “folkloristico” o vanamente celebrativo, come frequentemente accade tra le mura scolastiche. L’alterità non va smentita, isolata, tollerata o celebrata come bene assoluto, bensì vista, esplorata, conosciuta e rispettata, così da trasformarla in autentica risorsa pedagogica. In altre parole, la scuola, e la società tutta, deve tener conto del lato profondamente drammatico della diversità per poterne favorire una reale comprensione e un conseguente apprezzamento.

Proprio a questa riflessione s’ispira il progetto di ricerca-azione Libri uguali o diversi? Esplorazione e produzione di albi illustrati in lingue diverse alla Scuola dell’Infanzia, che ho ideato e messo in atto in una sezione B (età 4 e 5 anni), in un istituto di Sesto San Giovanni (Mi) tra Febbraio e Giugno 2022 e che ho poi ampiamente documentato nella mia tesi di laurea in Scienze della Formazione Primaria.

Mossa da un profondo e vivo interesse personale per la Didattica della Lettura e della Scrittura, ma dovendo fare i conti con la natura multilinguistica e multietnica dello specifico contesto d’intervento, ho realizzato un percorso che, inserendosi nell’orizzonte dell’educazione plurilingue e interculturale, valorizzasse i diversi repertori linguistici e gli eventuali background migratori dei bambini e delle bambine della classe, in quanto forma imprescindibile di espressione dell’identità di ciascuno e al contempo valida e preziosa risorsa pedagogica e didattica per tutti. Più nello specifico, ho voluto indagare come l’esplorazione e il confronto tra albi illustrati in lingue diverse e la successiva realizzazione di versioni tradotte degli stessi potesse promuovere in modo efficace e stimolante l’attivazione e lo sviluppo di strategie conoscitive, comportamenti e competenze di emergent literacy in età prescolare. Parallelamente, ho cercato di dimostrare come tali situazioni didattiche incentivassero anche la condivisione di esperienze e conoscenze linguistiche personali da parte degli alunni coinvolti, rendendo visibile il forte multilinguismo caratterizzante le società attuali e favorendo così una maggiore sensibilizzazione nei confronti dell’alterità fin da piccoli.

Il progetto di ricerca-azione si è articolato nelle seguenti fasi operative: 1. Esplorazione di albi illustrati in lingue diverse; 2. Sensibilizzazione alla diversità linguistica a scuola e in classe; 3. Realizzazione delle versioni tradotte dell’albo illustrato Monkey and Me (ulteriormente suddivisa in (a) Riproduzione delle illustrazioni, (b) Produzione del testo tradotto in italiano, (c) Produzione del testo tradotto in spagnolo); 4. Condivisione in grande gruppo e valutazione.

Tutte e quattro le fasi sono state sorrette da una comune impalcatura, definita da aspetti quali: l’incontro autentico con la cultura scritta, la promozione della dimensione sociale dell’apprendimento, la presenza di un insegnante quanto più riflessivo possibile, la centralità delle ipotesi spontanee e delle idee originali dei bambini.

Fondamentale nel corso dell’intero lavoro, tanto da rappresentarne il fil rouge e suggerirne il titolo, è stato anche l’uso degli albi illustrati, che hanno assolto diverse funzioni, rivelando così le loro innumerevoli potenzialità e il loro inestimabile valore in veste di mediatori didattici. La scelta di adoperare i picture book è stata dettata dall’incredibile unicità di questi oggetti, data dalla compresenza di immagini e parole, entrambe investite di un ruolo di paritaria importanza. L’albo costituisce un sistema complesso di forme, scritte e illustrazioni, che al suo interno si incontrano e interagiscono, sostenendosi, completandosi, ampliandosi, anticipandosi, approfondendosi o talvolta contrastandosi e stravolgendosi, così da dare vita a un linguaggio del tutto inedito. La storia di un albo, quindi, non è che l’esito di questo costante intreccio e battibecco e la sua lettura implica una perfetta sintesi tra gli elementi visivi delle pagine, non solo quelli testuali, ma anche quelli iconici e grafici: una lettura che molto spesso i bambini sembrano compiere con maggior naturalezza rispetto agli adulti.

Proprio questo ha fatto sì che, durante la prima fase, consistita in una serie di incontri svoltisi in piccoli gruppi eterogenei e incentrati appunto sull’osservazione e il confronto di picture books in lingue diverse, i bambini di età prescolare, e quindi per la maggior parte non ancora alfabetizzati, fossero comunque in grado di comprendere e ricostruire oralmente le storie e di provare a interpretare le scritte attivando processi di anticipazione del testo e riflessioni metalinguistiche. Inoltre, lo scarto tra diverso codice testuale e uguale codice iconico nelle varie versioni linguistiche proposte di uno stesso albo ha favorito discussioni sulla diversità linguistica e, in particolar modo, prime concettualizzazioni sul significato di traduzione. I bambini, infatti, hanno cercato di capire se scritte diverse intrecciate a immagini identiche potessero raccontare o meno la stessa storia e perché. Componente decisiva nella selezione degli albi forniti in questa fase è stata chiaramente la lingua: ho prediletto gli idiomi conosciuti dai bambini della classe o generalmente più familiari, ma ne ho mostrati anche di più distanti e per loro inusuali – nel complesso: inglese, francese, spagnolo, arabo, cinese. Passaggi chiave che hanno contraddistinto la prima fase esplorativa riproponendosi di volta in volta, nonostante la specificità di ciascun incontro, sono stati: l’osservazione, la descrizione e il confronto tra le copertine degli albi; il confronto tra le pagine in cerca di analogie e differenze rispetto ad aspetti testuali, iconici, grafici e fisici; le prime ipotesi sulla/e storia/e narrata/e dai libri, cercando di capire se si trattasse della stessa o meno; l’eventuale lettura ad alta voce da parte dell’insegnante; la discussione conclusiva e riepilogativa su quanto emerso e intuito.

La seconda fase, per quanto breve, ha funzionato da ponte tra la prima e la terza, raccogliendo e sistematizzando gli esiti dell’una e impostando e avviando il lavoro dell’altra. Una volta fissato, sulla base dei repertori linguistici, il piccolo gruppo di bambini con i quali proseguire, sono state messe a fuoco e approfondite alcune questioni emerse nella fase precedente, come: la definizione di lingua; l’esistenza di lingue diverse; la presenza di alcune di esse nella società circostante, specialmente a scuola e in classe. La successiva visita alla biblioteca scolastica, totalmente sprovvista di materiali in lingue diverse dall’italiano, ha spinto i bambini a voler creare personalmente degli albi illustrati in altre lingue. Tale idea si è declinata nella proposta concreta di tradurre in italiano e in spagnolo, le lingue più conosciute e parlate all’interno del gruppo e dell’intera sezione, dell’albo Monkey and Me di Emily Gravett, precedentemente esplorato nelle versioni inglese e araba e particolarmente apprezzato da tutti.

La terza fase, quella di effettiva realizzazione dei due albi tradotti, ha visto impegnati i componenti del piccolo gruppo, dapprima, nella duplice riproduzione delle illustrazioni di Monkey and Me e, successivamente, nella traduzione del testo in italiano e in spagnolo. I bambini hanno cercato di ricopiare i disegni il più fedelmente possibile, ormai consapevoli della perfetta corrispondenza iconica tra libri tradotti. Rispetto alla stesura del testo, si è cominciato con la traduzione dall’inglese all’italiano e si è proseguito con quella dall’italiano allo spagnolo. Per quanto riguarda la prima, i bambini, aiutati da me, supportati dalle immagini e approfittando delle conoscenze pregresse di alcuni, hanno creato oralmente il testo, che ho poi trascritto in brutta. Per lo spagnolo, invece, indispensabile è stato il contributo dei membri ispanofoni, ma anche l’aiuto delle loro famiglie. Una volta revisionati insieme i due testi tradotti, sono stati riportati in bella – ovvero sui fogli con le riproduzioni delle illustrazioni originali: alcuni bambini hanno ricopiato le mie parole direttamente dalla brutta e altri le hanno scritte come “capaci” sotto la mia dettatura. Questa parte del progetto si è conclusa con la rilegatura manuale di tutti i fogli, così da dar vita materialmente ai due libri.

Infine, la quarta fase è stata quella di condivisione da parte del piccolo gruppo con il resto della classe degli albi realizzati e di ricostruzione collettiva dell’intero percorso. I due libri, intitolati dai bambini Scimmia e Io e Mono e Io, sono stati fatti passare di mano in mano, letti a voce alta e poi riposti nella libreria di classe, al fine di arricchirne l’angolo lettura e ampliarne lo sguardo dal punto di vista linguistico e culturale.

Molteplici sono stati i benefici didattici e formativi derivati dall’incontro dei bambini della sezione Tigrotti con lingue e culture differenti oltre a quella di scolarizzazione. Esplorare e produrre albi scritti non solo in italiano ha rappresentato per loro un’esperienza significativa di autentica accoglienza delle loro varietà linguistiche e dei numerosi modi di espressione entro le mura scolastiche, di rispetto dell’alterità, di modalità innovative di accesso alla literacy, di costruzione di idee e ipotesi sui diversi sistemi di scrittura, di prime e profonde riflessioni sul multilinguismo e sulla multiculturalità delle società attuali.

In poche parole, suggestionata da quanto scritto da Emilia Ferreiro, ho avuto l’ambizione, nel mio piccolo, di sperimentare una possibile modalità didattica di alfabetizzazione iniziale in grado di sfruttare come vantaggi educativi le differenze linguistiche e culturali degli alunni coinvolti. Ponendosi in linea con quanto promosso dalle politiche europee e nazionali a favore del Plurilinguismo, il mio progetto ha cercato concretamente non solo di rendere visibile la diversità presente nella classe, ma di farne vera ricchezza per le esplorazioni, gli apprendimenti e le interrelazioni di cui la scuola per la prima infanzia vuol essere luogo privilegiato, nel suo cruciale compito di garantire un’educazione di qualità a ciascun alunno, specialmente a quelli con background socioculturali non privilegiati o minoritari.

*Beatrice Bosio è nata a Milano nel 1997 ed è laureata in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ha svolto diverse esperienze di volontariato, tirocinio e lavoro nelle scuole dell’infanzia e primaria, sia a Milano che all’estero. Questo le ha dato la possibilità di esplorare sempre più da vicino il mondo dell’infanzia e al contempo di appassionarsi alla letteratura a essa dedicata.