Nel Paese del Poster Selvaggio



Il 12 Novembre 2002 è una data da ricordareper gli amanti del rock poster.
Gli Stati Unitipresentano al mondo l'American Poster Insitute,associazione no-profit tesa a promuovere lagrafica da concerto: indubbiamente uno dono splendido.
Ed era anche ora che qualcosa del genere accadesse: dagli anniCinquanta in poi, l'intero pianeta ha sfornato artisti di altissimolivello che, nascosti dietro le punte dei loro pennarelli, si sonooccupati dell'immagine di rock bands celeberrime.


Maurice Sendak, Nel paese dei mostriselvaggi.
Poster per Sasquatch! MusicFestival, di Invisible Creature.

Nel2000, l'esplosione è stata forte: si è perso il conto degli studigrafici legati all'ambiente musicale, e rock posterè diventata una vera e propria parola d'ordine.
Nonsono solo rose e fiori, però.
Se avete letto Nelpaese dei mostri selvaggi (Where the Wild Things Are)non vi sarà difficile giocare alle differenze con il posterrealizzato dalla Invisible Creature per ilSasquatch! Music Festival di Seattle: una parata dimostriciattoli dal chiaro sapore vintage.

Manifestoper il film Goodfellas, di MethaneStudios.

Casoanalogo è il manifesto a opera del MethaneStudios, agenzia grafica di Atlanta fondatada Robert Lee e Mark McDevitt, molto Vertigo,di Saul Bass.
A parte il gusto, ciò che accomuna questi grandi nomi è ilperiodo storico: quello a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessantache tante cose belle ha graficamente regalato al mondo.
Unmomento in cui l'arte ha dettato il carattere di un paese.
Un momento che sembra ritornare, prepotentemente.
Èchiaro che un recupero così radicale, così evidente e sfacciato,indichi in qualche modo una perdita di coscienza. Codici precisi, comegeometrie, palette di colori e sintesi, vengono ripescate dal passatoe riadattate in favore di un pubblico moderno.
Se per unverso è bello vedere che i giovani rendano onore alla storia, da IkkoTanaka  a Milton Glaser, per l'altro si ha la sensazione cheJeff Kleinsmithnon possa vivere senza PaulRand.

Manifestoper il film Vertigo, di Saul Bass,1958.

Quando horealizzato questo pensiero ho subito pensato a una crisi, e al fattoche le giovani menti non sappiano fare altro che appoggiarsi a unrimando sicuro. Che sia molto più semplice chiamare a carico di certidestinatari e trafugare la loro maestria, piuttosto che spaccarsi latesta per trovare una chiave di lettura al passo coi tempi.
Così ho posto qualche domanda. Ho chiesto un parere a DanKuhlken, co-fondatore del DKNGStudios, classe 2005.
La sua creatura,fondata assieme a Nathan Goldman, è un ottimo esempio. Un progettogiovane, ma già di grandissimo successo, e poster all'attivoper Eric Clapton, Dave Matthews Band, Bon Iver, Jack White emolti altri ancora.
Dan è un professionista, grandeappassionato dell'epoca d'oro della grafica americana, ma con ipiedi radicati nel presente: il nostro uomo.


Manifesto di JeffKleinsmith.

Hoavuto il piacere e il privilegio di intervistarlo, e ho sollevato ilproblema. Mi ha risposto che per lui vintage è unaltro modo per dire 'classico':

Se sicrea un classico, sia esso una perfetta canzone pop o un inimitabile rockposter, non si può sbagliare. Il classico resiste alle mode e– attenta osservazione – non ha tempo.
Non si deve avere paura del proprio passato, è ciò chesiamo.
L'unica attenzione è quellarelativa all'elaborazione – altro tasto dolente –ossia creare effetti piacevolmente d'altri tempi, granulosie materici, con filtri preimpostati al computer.

Bisogna giocare anche con questo e,sfruttando la macchina, creare pattern e fantasieparadossali, che facciano capire quanto distacco c'è

Copertinaper Idea magazine, Paul Rand,1984.

daglianni Cinquanta ad oggi, e che noi operiamo nel presente e non nelpassato
Il che è vero, naturalmente. Gliultimi vent'anni di
grafica da concerto hanno girato a lorofavore lo smarrimento, elaborando prodotti evergreene riscoprendo il nobile studio della tipografia.
Èuna maniera per esprimere gratitudine al passato e per celebrare ilpresente con altrettanta arguzia di sintesi e stile.
Vistacosì, la faccenda mi pare meno preoccupante, e la comprendo moltomeglio.
Un prodotto classico entra di diritto nell'immaginariouniversale, e diventa un valido modo per pensare a come eravamo. Grazie,Dan.