[di Letizia Soriano]
È una sera di marzo del 2023, mi trovo a Omegna. Ho appena concluso una formazione al Museo interattivo Gianni Rodari e sono seduta al tavolo del ristorante che si trova dentro il Parco della Fantasia. Davanti a me c’è una donna che non conosco. Ci presentiamo e ci mettiamo a parlare. Poco dopo viene fuori che abbiamo partecipato, negli stessi anni, a progetti simili in Palestina, in particolare nella Striscia di Gaza. Io con la ONG Educaid, lei con Vento di Terra di cui è la presidente. Si chiama Barbara Archetti.
Mi chiede dove mi sono formata. Le racconto le vie tortuose della mia formazione che comprende, tra l’altro, la frequenza in un’accademia di pedagogia steineriana. A quel punto gli occhi le si illuminano: “Allora sei tu che hai portato a Gaza le bambole steineriane?” No, purtroppo non sono io.
La cena finisce, ci salutiamo. Passano gli anni, mi dimentico di quella sera. Poi l’altro giorno, per caso, vedo la foto di una bambola dalla pagina Facebook dell’autrice Emanuela Bussolati e decido di scriverle.
Emanuela mi racconta del suo lavoro in Palestina dove, all’interno della ONG Vento di terra, ha potuto partecipare a un incredibile scambio tra autori e illustratori. Scambio che ha permesso ai bambini palestinesi di raccontare le loro storie e di pubblicare dei veri e propri albi illustrati. Dove le donne beduine (tra i soggetti più vulnerabili della popolazione) hanno potuto creare una cooperativa con laboratori di falegnameria e sartoria, per la produzione di materiale educativo. Questo grazie anche al lavoro di designer e architetti (tra cui la persona che, dopo aver seguito una formazione steineriana - non con me, purtroppo - ha disegnato la bambola e l’ha fatta realizzare). Storie incredibilmente vitali dentro un contesto che ho conosciuto e dove la vita e la morte si scambiano di posto più volte al giorno.
Chiusa dal 2006 per volere delle autorità israeliane, al fine di contrastare eventuali attacchi militari o terroristici, la Striscia di Gaza è un territorio circondato da un muro, da cui le persone non possono entrare o uscire senza un permesso rilasciato dalle autorità israeliane. Anche il confine marittimo è chiuso da una linea di navi militari ben visibili all’orizzonte. Una striscia di terra lunga circa 40 km e larga 15. I bambini e le bambine nati dopo il 2006 non hanno mai visto altro che quel fazzoletto di terra all’interno del quale, quasi ogni due anni, i loro occhi assistono a scontri, distruzioni, aggressioni. Ed è a causa di questo che spesso chiedono: “Quando arriva la stagione della guerra?” perché la situazione di emergenza è diventata cronica, parte integrante della loro vita quotidiana. La guerra, lo sappiamo, è nemica giurata dell'infanzia, sempre e ovunque, poiché interrompe tragicamente l'età in cui un essere umano ha un bisogno assoluto dell'affetto e della protezione del mondo adulto.
Il centro La Terra dei Bambini distrutto nel 2014 durante l'operazione Margine protettivo
Vento di terra è un’associazione che opera dal 2006 nei Territori Palestinesi e, dal 2010, è presente anche nella Striscia di Gaza con il centro La Terra dei bambini creato per la comunità beduina situata a Um Al Nasser, al Nord della Striscia. Um Al Nasser è l'unico comune beduino della Striscia; ha una popolazione di 5000 persone, di cui il 95% registrati come rifugiati, il 60% di questi sono bambini. Primo esempio di architettura bioclimatica del luogo, La Terra dei bambini ha ospitato, fino al 2014, una scuola dell’infanzia per 130 minori tra i 3 e i 6 anni, uno sportello di supporto psico-sociale e consulenza per 250 donne, un ambulatorio medico-pediatrico per la prevenzione di base e una cucina comunitaria. Nella condizione di estrema povertà in cui si trova il villaggio, anche la situazione socio sanitaria è particolarmente grave, in particolare per quanto riguarda la relazione tra salute e nutrizione. Malnutrizione e denutrizione sono infatti diffuse e influenzano negativamente lo sviluppo fisico dei minori, già segnati da sindromi Post Traumatiche (PTSD), difficoltà di concentrazione, disturbi dell’apprendimento e comportamentali. In questo drammatico contesto, il centro La terra dei bambini è stato fondamentale per offrire ai minori e alle loro famiglie un importante servizio di supporto e sostegno, centrato sulla promozione delle poche, ma importanti risorse locali, sia in termini materiali che umane e relazionali.
La scuola di bambù di Wadi Abu Hindi
Il centro, purtroppo, è stato brutalmente distrutto durante l’operazione militare israeliana Margine protettivo, nell’agosto del 2014, ma subito ricostruito, nel 2015, per volontà delle donne beduine, le quali, grazie a un percorso di alfabetizzazione e formazione di base, hanno deciso di mettere insieme le proprie forze dando vita a una Cooperativa chiamata Zeina (che nel dialetto beduino significa la bellezza e la forza delle donne), laboratorio artigiano, dove legno e tessuti venivano utilizzati per creare materiale educativo e giochi per i bambini.
A questo proposito riporto le parole di Barbara Archetti: “A Gaza sperimentiamo che nessun approccio è “finito”, c’è sempre necessità di adattare metodi e strumenti in modo funzionale agli obiettivi pedagogici, alle caratteristiche del contesto. Così, più di dieci anni fa, si è iniziato a studiare e costruire un modello “su misura” facendo formazione continua allo staff. Una formazione aperta, centrata sulla ricerca, l’osservazione, lo studio delle situazioni che si vengono via via a creare, la contaminazione con stimoli che arrivano da esperienze di terre lontane, Si sono andati perfezionando ambiti di lavoro più classici (come il gioco di finzione, le attività motorie) insieme all’introduzione di nuovi linguaggi, come quello artistico, attraverso la creazione di atelier, e la narrazione, creando piccole biblioteche di classe. Sono stati attrezzati spazi a uso collettivo, anche per attività inter-classe, e spazi esterni capaci di garantire sia il gioco libero sia il gioco strutturato. Sono state redatte delle linee guida per l’inclusione scolastica dei minori con disabilità, anche grazie al confronto con esperti internazionali coinvolti a distanza, linee operative validate poi dal Ministero.
Le donne della Cooperativa Zeina
È stato realizzato anche un orto didattico. Un piccolo spazio esterno è stato coperto e allestito a terra con casse di terra. Si sono piantati pomodori, insalate ed erbe aromatiche. La gioia nel veder nascere un seme, il gusto di un pomodoro coltivato in autonomia e mangiato per merenda all’asilo, ha avuto un potere straordinario nel far crescere i sorrisi di bambini ed educatrici”.
Il sistema educativo di Gaza (sostenuto da un numero enorme di volontari) non appena gli scontri cessano, si rimette in moto per far tornare i minori alla “normalità” nel più breve tempo possibile. Le linee guida sulle attività educative in emergenza per la gestione degli stress post traumatici, create con la supervisione del Cluster Educazione (un insieme di organizzazioni della società civile che, coordinati dall’agenzia delle Nazioni Unite OCHA, operano per fronteggiare l’emergenza educativa) hanno evidenziato l’importanza di creare ambienti gioiosi e allo stesso tempo tranquilli, di usare la musica e l’arte, lasciando libero spazio all’espressione, ma con la supervisione attenta di professionisti della salute mentale.
La Biblio-tuk tuk
Da qui un’altra iniziativa importante di Vento di Terra, quella della Biblio-tuk tuk: la biblioteca mobile per l’animazione di comunità. Utile a favorire la creazione di spazi di aggregazione attraverso l’uso del libro come strumento di relazione e di elaborazione del trauma, è allestita con albi illustrati (silent book, storie tradizionali e storie contemporanee) e gestita da un animatore specializzato in ambito teatrale, formato per il lavoro diretto con i minori in condizioni di disagio, utile a coinvolgere i bambini di strada.
Progetti altrettanto virtuosi sono stati portati avanti anche in Cisgiordania dove, circa 350 minori beduini che hanno frequentato le scuole di Wadi Abu Hindi (la scuola di bambù) e di Alhan Al Ahmar (la scuola di gomme)* hanno seguito laboratori creativi ed espressivi finalizzati a valorizzare la tradizione orale del proprio popolo, riscoprendo storie e leggende tramandate solo verbalmente.
La scuola di gomme di Alhan Al Ahmar
A proposito di storie scritte durante i laboratori, Barbara me ne ha inviata una particolarmente fortunata, tanto che nel 2014 è stata candidata al premio Andersen di Sestri Levante, e premiata con la menzione speciale della giuria e una targa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
La riporto qui: “Il mio nome è Salha. Studio nella scuola di Jahalin e vivo in una piccola tenda nella valle di Abu Hindi. Ho 14 anni e durante il giorno studio in una scuola di bamboo. È di bamboo perché l’esercito ci ha detto che la nostra è una zona militare dove i soldati si addestrano e imparano a sparare sulle nostre terre coltivate. Abbiamo 70 pecore. Quando torno a casa da scuola le mungo e preparo il formaggio. Le pascolo, andiamo in giro e poi le riporto a dormire anche se i soldati non ci autorizzano a camminare su tutti i sentieri. Loro si esercitano e sparano ogni notte. Io odio il rumore dei proiettili e ormai mi fa quasi impazzire. E scappo. Sì, scappo. Ma non ho una bicicletta perché le strade sono tutte rovinate e non una macchina e non ho un aeroplano. Però ho una cosa sulla quale posso scappare. Si avvicinano, i soldati si avvicinano e vi bisbiglierò il mio segreto.
Ho un agnello che vola, il suo nome è Antush. È nero, ha le orecchie lunghe e ha delle ali che nasconde sotto la lana e può spiegarle quando gli sussurro nell’orecchio “Oh Antush, oh agnello, spiega le ali da lì sotto”. Glielo bisbiglio nelle orecchie quando l’esercito inizia a sparare. E salgo su di lui e lui mi fa volare. Ieri notte mi ha portato a Barcellona.
Vi dirò un’altra cosa. Nella valle di Abu Hindi non ci sono campi da gioco e in origine tutto era solo un unico campo minato. A Barcellona abbiamo incontrato Messi, il nostro grande amico goleador. Abbiamo giocato con lui per ore e ore e il mio agnello Antush era il guardiano della porta. Io ho attaccato Messi e la sua squadra e abbiamo fatto 5 goal. Messi ha chiesto a me e Antush di rimanere e giocare nella sua squadra, ma noi ci siamo rifiutati perché volevamo tornare ad Abu Hindi. Le pecore ci stavano aspettando. Non c’è nessun altro che le possa mungere. Mio padre è in prigione da sei anni e gliene mancano ancora diciannove. Vi dirò un ultimo segreto. Messi mi ha detto che visiterà Abu Hindi tra due anni. Nel 2014 ci saranno i mondiali nella nostra valle e tutti assieme toglieremo le mine e costruiremo il più grande campo del mondo. Lo chiamerò Stadio Antush e l’agnello sarà il simbolo dei Mondiali. Vi aspettiamo ad Abu Hindi.”
I bambini, inoltre, hanno potuto partecipare alle attività del bibliobus che ha proposto letture animate e giochi, stimolando la diffusione di un approccio partecipato e ludico all’arte e alla narrazione. Inoltre, trenta insegnanti di scuola primaria hanno preso parte a un percorso di formazione curriculare sulle tecniche creative e la promozione della lettura riconosciuto dal Ministero dell’Educazione Palestinese. Nelle scuole coinvolte nel programma sono stati realizzati laboratori di storytelling e scrittura creativa che hanno visto la presenza di giovani illustratori palestinesi e alcuni grandi maestri italiani dell’illustrazione per l’infanzia, tra cui Giulia Orecchia, Emanuela Bussolati e Dario Cestaro.
Il percorso ha previsto anche importanti momenti di formazione e scambio tra illustratori palestinesi e italiani. In particolare, due residenze artistiche, realizzate rispettivamente in Palestina e in Italia hanno creato importanti momenti di scambio e conoscenza tra operatori delle scuole primarie palestinesi e italiane. Ne è testimone la partecipazione al percorso del Forum di Omegna Parco Letterario della Fantasia Gianni Rodari, dove si è creato un primo importante avvicinamento tra le realtà scolastiche alle due sponde del Mediterraneo. Luogo in cui, come raccontavo all’inizio, ho avuto la fortuna di conoscere la presidente di Vento di Terra.
La Terra dei bambini come è facile intuire, è stata di nuovo distrutta. Non esiste più niente di tutto ciò che ho raccontato.
Barbara Archetti, però, mi ha scritto che questa esperienza non smette di vivere. Continua dentro le tende e sotto le bombe, di queste ultime, pesantissime operazioni militari che vedono la popolazione di Gaza ridotta allo stremo. Vive grazie alle persone che vi hanno preso parte che continuano a lavorare con lo stesso identico spirito, adattandosi alle condizioni di emergenza in cui sono. Leggendo le sue parole ho ripensato alla poetessa Hiba Abu Nada, scrittrice di Gaza, nata nel 1991. Queste le sue parole:
“Se periamo, è un distintivo d’onore e se sopravviviamo, raccontiamo la storia e portiamo la nostra storia davanti agli occhi del mondo intero. Tra i due abbiamo i nostri rituali: lacrime, pazienza, tristezza, ricordo, speranza e disperazione. E se moriamo, parlate a nome nostro: c’erano persone qui che sognavano il viaggio, l’amore, la vita e altre cose.”
È stata uccisa durante un bombardamento il 20 ottobre 2023 nella sua casa.
* Bambù e gomme sono stati utilizzati per rispettare la rigida normativa vigente per la quale ai Palestinesi è precluso il diritto di costruire; grazie all'uso di materiali locali si possono realizzare costruzioni semplici e veloci da smontare senza trasgredire le normative vigenti, permettendo ai bambini beduini di andare a scuola anche vicino ai loro villaggi.