Beatrice e l'avventura dell'infanzia

Lo scorso 3 aprile, a Bologna, in occasione della Bologna Children's Book Fair, presso Zoo, in Strada Maggiore, si è tenuta la mostra The Zoo Inside, dedicata al lavoro di Beatrice Alemagna, in particolare intorno agli ultimi tre albi I cinque malfatti, Il meraviglioso Cicciapelliccia, Un grande giorno di niente. Per l'occasione, in uno scritto realizzato per il pieghevole che ha accompagnato l'esposizione, abbiamo cercato di mettere a fuoco le ragioni di uno stradinario successo, che non accenna a diminuire, se mai il contrario. Lo proponiamo oggi a chi non è passato alla mostra. Buona lettura.

[di Giovanna Zoboli]

Beatrice Alemagna è un’autrice molto amata. Si può dire che ogni suo nuovo libro sia un evento atteso e festeggiato, non solo in Italia, Francia, Europa, ma in tutto il mondo. Ogni volta che si parla di lei, che sia su giornale, blog, social network, si scatena un entusiasmo che di solito si è abituati a veder attribuito ad altro che non a dei libri, specialmente libri illustrati. Eppure Beatrice Alemagna è un’autrice estremamente raffinata, verrebbe da dire quasi difficile. I suoi racconti per immagini attingono in profondità a una solida cultura visiva che spazia dall’arte all’illustrazione, antica e moderna; i suoi riferimenti sono alti; i suoi gusti impeccabili. Se si collabora con lei, immediatamente si capisce con che rigore, disciplina, precisione, amore di esattezza si applica a ogni progetto in cui tutto, fino al dettaglio, è il risultato di una consapevolezza esercitata programmaticamente. Che cosa fa sì, allora, che questa sua idea così nobile di lavoro, questo suo non fare sconti, non abbassare il livello del discorso, possa dare luogo a libri che diventano subito tanto popolari?

Ce lo siamo chiesti spesso, come suoi editori, per esempio davanti al successo di anno in anno crescente, di Che cos’è un bambino, un libro che sicuramente non avalla nessuno degli stereotipi che possono decretare il successo di un prodotto editoriale destinato ai bambini.

Questa mostra, realizzata in collaborazione con Zoo in questa primavera 2017, costituisce una buona risposta.



Beatrice Alemagna attraverso un uso del tutto particolare della parola e dell’immagine riesce a orchestrare temi universali su un registro di grande impatto emotivo. Se le sue storie appaiono minime, all’apparenza semplici, sono in grado di toccare corde molto profonde, che hanno radici nell’esperienza di tutti, bambini e adulti, e sono, infatti, in grado di unirli, grandi e piccoli, di farli stare insieme almeno nel giro breve della lettura di un albo, e poi forse, chissà, anche dopo, se tutto va bene. La semplicità delle storie, i testi essenziali che puntano a una grande chiarezza, sono complementari a un immaginario visivo di complessità vertiginosa e di assoluta imprevedibilità. Nello spessore sorprendente delle illustrazioni di Beatrice Alemagna ha posto tutto, dal grande al piccolo.

Nessuna emozione è estranea: la gioia, il dolore, la serenità, l’angoscia, l’amore, l’odio, la confidenza, la paura, il piacere, il disgusto. Nessun registro stilistico è precluso: umorismo, fiabesco, commedia, ironia, tragedia.
 Si potrebbe forse dire che Beatrice Alemagna nei suoi libri racconti fondamentalmente un’unica storia, cosa che poi accade, a ben vedere, a tutti i grandi autori, di solito ossessionati da un tema che è il loro, fondativo della loro poetica. Nel caso di Beatrice, e lo dichiara in questa esposizione che addensa i suoi ultimi tre libri – I cinque malfatti, Il meraviglioso Ciccciapelliccia, Un grande giorno di niente -, intorno ad alcuni nuclei di senso, questo tema è indicato nella relazione fra dentro e fuori. Dove dentro e fuori sono i poli intorno a cui si organizza il significato della vita, innanzi tutto leggibili come interiorità e realtà; identità e alterità; casa e mondo; quiete e movimento; permanenza e viaggio; stasi e cambiamento. A interpretare questa relazione, in queste storie, sono sempre bambini, o meglio protagonisti piccoli ecologicamente situabili nel territorio dell’infanzia. Perché è nell’infanzia, in effetti, che la relazione fra dentro e fuori si struttura e si costruisce, attraverso le metamorfosi che impone la crescita. È nell’infanzia che si vivono più fortemente i contrasti della condizione umana, che li si conosce, che ci si educa attraverso di essi. Lo si fa in quella cosa meravigliosa che si chiama avventura. Ecco, Beatrice Alemagna è un’autrice avventurosa. Lo è lei, lo sono le sue storie. E questa è, penso, la ragione del suo successo.