Che cos'è un uomo? Che cos'è un bambino?

Due domeniche fa, in auto versosera, tornando dal fine settimana in campagna, ci siamosintonizzati, come da tradizione, sulla bellissima trasmissione di Radio3Rai, Hollywoodparty - Il cinema alla radio. Lapuntata era dedicata a un film che ha fatto epoca, influenzandoin modo determinante l'immaginario del nostro tempo, cambiando il modo dipensare, scrivere, vedere rappresentare la fantascienza e, in generale,le visioni del futuro della razza umana. Sto parlando di BladeRunner di RidleyScott, un film che immagino a tutti sarà capitato divedere. E che devo, dire, riascoltare senza immagini, con la solasuggestione dei dialoghi e della musica, col buio, in autostrada, conle luci balenanti delle auto e quelle lontane di case e fabbriche,non ha mancato di provocare grande emozione. 

Ma il miopost non è dedicato a questo film, lo tocca tangenzialmente. Ilfatto è che, mentre alla radio ascoltavo spezzoni diBlade Runner, e le interviste, i commenti di chilo presentava, il pensiero è andato a un altro film, appena visto, Tomboy,della regista francese, CélineSciamma, film che tratta di bambini e di identitàsessuale con grande intelligenza.

A proposito diBlade Runner, il conduttore della trasmissione spiegavache PhilipDick, autore del raccontoda cui il film è tratto, scrisse DoAndroids Dream of Electric Sheep?, nel 1968, indottodagli orrori della guerra del Vietnam a porsi ossessivamente la domandadi cosa fosse un essere umano e cosa no. Il tema dei replicanti, esseriimperfetti creati dall'uomo per essere copie perfette dell'imperfettoumano, e paradossalmente da loro poi considerati sottospecie di uomini,da eliminare senza remore, addirittura creati con una data di scadenza,viene da qui. E questo è, precisamente, il cuore del film, quelloche tiene gli spettatori in uno stato di disagio e tensione costantiper tutta la durata del racconto, inchiodati a sperimentare un dissidiomorale senza scampo. Quello fra dato di fatto (sappiamo che quegli esseriumani non sono umani) e dato emotivo (sentiamo che quei replicanti sonopiù umani degli umani). Ridley Scott impone allo spettatore l'esperienzaparalizzante di questo conflitto, inducendolo a porsi in prima persona unaquestione etica di fondamentale importanza, e domande essenziali su cosasia l'identità, e su cosa questa si fondi.

 È la medesima esperienzaa cui la regista di Tomboy (traduzione inglesedel termine maschiaccio) sottopone lo spettatore,mettendolo nella condizione di sperimentare il conflitto fra dato emotivoe dato di realtà.
È Laure, la protagonista di questo film,o non sarà invece Mickaël? sembra chiederci la regista. Sappiamo,incontrovertibilmente, che Mickaël è una bambina,ma sentiamo, altrettanto incontrovertibilmente, che Laure è unmaschio. Siamo dalla parte della madre che di Laure afferma conforza il dato biologico? O dalla parte di Jeanne, la sorellina,che di Mickaël afferma l'esistenza, orgogliosadi un fratello che la ama e la difende? Anche qui siamo chiamati arispondere a domande importanti. Cosa determina l'identità sessualedi un individuo? Quello che sente o quello che è? In questo sta, amio avviso, la forza di Tomboy. Ci sarebbero tantealtre cose da dire su questo film, ma credo che, raccontandole, sitoglierebbe molto alla sua visione, che merita di essere affrontatasenza saperne troppo, tanto il racconto è scarno, essenziale,diretto. Insomma, quello che consiglio è: andatelo a vedere. Ecco,un'altra cosa effettivamente c'è da dire: come al solito, colpiscela bravura dei bambini, che per l'ennesima volta si dimostranoattori senza rivali, a cominciare dalla strepitosa protagonista,Zoé Héran.