La biblioteca in un libro (anzi cinque)

[di Paolo Colombo]

Lo scorso autunno ho avuto il piacere di essere coinvolto dalle bibliotecarie della Biblioteca Comunale di Lonate Pozzolo (Va) in un progetto che abbiamo intitolato La biblioteca in un libro.

Il progetto si riallaccia a un’encomiabile prassi della biblioteca stessa, che fin dai primissimi anni 2000 invita alcune classi delle scuole dell’infanzia, primarie e medie dislocate sul territorio comunale a costruire, scrivere, illustrare dei libri che poi vengono catalogati e messi a scaffale, a disposizione di tutta la popolazione. Non saprei se sia una pratica diffusa nel mondo delle biblioteche, ma mi è subito sembrata un’ottima idea per diverse ragioni. Prima di tutto coinvolge bambini e ragazzi in maniera diretta nell’incontro con la biblioteca, i cui spazi e servizi diventano più famigliari. Inoltre è un’occasione per entrare ancora più nel merito del funzionamento della struttura: come fa un libro a entrare a far parte del patrimonio della biblioteca? Cosa significano timbratura e cartellinatura?

C’è poi la soddisfazione da parte degli studenti di veder comparire le proprie opere sugli scaffali, a disposizione di tutti per essere lette o sfogliate. Le bibliotecarie raccontano che anche a distanza di parecchi anni ragazze e ragazzi tornano in biblioteca a chiedere “Ma c’è ancora quel libro che avevamo fatto...” e poi vanno a cercare le pagine a cui avevano contribuito.

Infine mi colpisce il valore del pensiero insito in una simile iniziativa: che la biblioteca è uno spazio di tutti, ed è uno spazio aperto, mobile, disponibile, cui si può accedere ma a cui si può anche contribuire. Che fare libri è un’attività interessantissima, praticabile da chiunque e a qualunque età, in cui ciascuno può trovare spazio di espressione (ma anche di pensiero, ricerca, inclusione) aggiungendo la propria pagina al libro di tutti. Che, allo stesso modo, un libro fatto da bambini può a buon diritto accedere agli scaffali di una biblioteca accanto a quelli prodotti dagli adulti, perché se il patrimonio (non a caso si chiama così) di una biblioteca rispecchia in qualche modo gli interessi, ma anche la conformazione e la struttura di una comunità, è più che giusto che anche la voce dei bambini sia rappresentata e, possibilmente, ascoltata.

Che parole e immagini create dagli scolari possano costituire un prezioso dono a lettori di ogni età, contribuendo a una circolarità si spera sempre più intensa tra biblioteca e scuola, tra biblioteca e comunità cittadina, tra passato e futuro, tra mondo adulto e sguardo dell’infanzia. Che questa vicinanza, di sguardo e racconto, tra infanzia e mondo adulto è – potrebbe essere – qualcosa di normale, di quotidiano, un contributo condiviso al comune tentativo di leggere e raccontare il mondo.

Esempi di libri fatti nel corso degli anni dai bambini e custoditi sugli scaffali della biblioteca.

Fino a pochi anni fa a curare i laboratori di costruzione dei libri era La Baracca di Monza che, però, ha di recente cessato l’attività. Nell’accingermi a raccoglierne il testimone, ho osservato i lavori prodotti nel corso degli anni e ho pensato che sarebbe stato interessante porre al centro dei laboratori coi bambini la biblioteca stessa, per provare a raccontarne le principali caratteristiche. È nato così il progetto La biblioteca in un libro: ogni classe (le seconde delle scuole primarie del territorio comunale), prendendo spunto da alcune letture iniziali, ha lavorato con tecniche e materiali differenti per esplorare un differente aspetto della biblioteca, a partire dal suo spazio, al suo silenzio, alle persone che la abitano e attraversano.

Ne sono nati cinque libri (più un libretto introduttivo in cui è raccontato in sintesi il progetto): Il libro dei timbri, Il libro delle superfici, Il libro del silenzio, Il libro delle parole, Il libro delle facce.

Il libro dei timbri

Nonostante la svolta tecnologica e informatica, il timbro è pur sempre il “marchio” caratteristico della biblioteca, che certifica il possesso di tutti i volumi che le appartengono. I bambini hanno giocato invece con altri tipi di timbri, provando a combinare forme astratte e lettere dell’alfabeto per creare, ciascuno contribuendo con la propria pagina, un libro tutto “timbrato”.

 

 

Il libro delle superfici

Dopo aver visionato insieme alcuni libri che raccontano diversi tipi di superfici naturali (cortecce e foglie), i bambini sono andati a catturare su un foglio con la tecnica del frottage “la pelle della biblioteca” (per esempio il pavimento, i muri, il taglio e il dorso dei libri, le venature dei serramenti). Tanto che un bambino ha potuto esclamare “Ho catturato il pavimento!”. Le texture così ottenute sono poi servite da sfondo e da stimolo per inventare immagini nuove, che custodiscono però in sé le tracce lasciate dalla biblioteca stessa sulle pagine.

 

Il libro del silenzio

In biblioteca si sta in silenzio, per lasciare che parole e immagini facciano il loro lavoro nella testa di chi legge. Come si fa a raccontare il silenzio?

Il nostro sarà un silenzio di carta: un libro composto da tante carte, tutte bianche come il silenzio, ma tutte diverse, ruvide, lisce, stropicciate, leggere, preziose o comuni. Ogni bambino ha descritto con poche parole il tipo di silenzio che la sua carta gli ha suggerito.

Il libro delle parole

La biblioteca è la casa delle parole. Ce ne sono in ogni angolo, infinite. Come iniziare a raccontare che cos’è una parola?

Anche in questo caso i bambini sono partiti esplorando svariati tipi di carte, le più diverse per tipologia, provenienza, colore, grammatura, perché fossero i sensi – la vista, ma anche il tatto e l’udito – a guidarli nella ricerca delle loro parole, che sono nate dalla carta e che ora dalla carta vengono custodite.

Questa parola

verdeacqua è liscia

rumorosa e non è che

pesa tanto è una parola

vivace.

Questa parola è liscia

è bella quando la tocchi

è come un mondo pieno di

idee e giallo.

La mia parola è molto rumorosa

è molto strana e ha dei puntini

e righe

che sembra che è

rotta.

Questa parola è specchio

è morbido è liscio

che dice la storia

che sono bello

anche i capelli morbidi.

Il libro delle facce

Non si può concepire una biblioteca senza le persone che la frequentano, senza le facce che si aggirano tra gli scaffali e si tuffano tra le pagine.

A guidare i bambini nel disegno di tante facce diverse è stata un’impareggiabile raccolta di volti di Bruno Munari, che in Guardiamoci negli occhi ci invita a proseguire il suo gioco esplorando le possibilità offerte da tanti materiali traccianti, tutti rigorosamente di colore nero, che sfruttano tre fori nella pagina per dare vita a facce tanto differenti tra loro quanto lo sono le nostre, tutte uniche e irripetibili.

Le facce disegnate dai bambini sono inoltre delle maschere “da naso” che possono essere indossate e animate dai lettori.

 

 

Le sorprendenti risposte dei bambini a queste semplici suggestioni hanno dato vita a libri veramente bellissimi.

Ringrazio infinitamente le bibliotecarie Silvia, Giusy e Barbara per avermi coinvolto in questo bel percorso.