La versione di Alessandro

Martedì,avete letto le riflessioni di AliciaBaladan su Cielobambino. Oggi, è la volta di AlessandroRiccioni. Due punti di vista che mostrano tratti comuni,ma indubbiamente mettono in luce quanto lavorare con la parola e leimmagine richiedano approcci differenti.

In che modopensi che la narrazione visiva di Alicia abbia elaborato temi e motividelle tue poesie?
Credo che Alicia abbia lettomolto attentamente i miei testi, facendoli entrare nella corrente deisuoi ricordi e della sua esperienza umana e artistica. Così facendo,ha richiamato alla mente le sue visioni di bambina, le ha confrontatecon le mie visioni, rimescolando il tutto con scelte pittoriche moltopersonali. Questa capacità di lettura, cosa sorprendente e affascinante(e rara!), messa a dura prova quando si fa un libro in due, le ha permessodi scegliere con grande cura gli elementi da sottolineare presenti nelleparole per trasformarli in elementi dapprima onirici e poi pittorici,ma mai didascalici. Proprio per questa ragione, per fare un esempio,la “mia” luna, così privatamente immaginata, è potuta diventarela “sua” luna e, pure la luna “universale” che se ne sta semprelà dove la vediamo, ma che ognuno vede come può e vuole. Le tavoledi Alicia hanno poi dato ritmo al cielo in movimento che avevo pensatoin forma di parole.



Che tipo di lettura pensi abbiadato dell’immaginario su cui hai lavorato nello scrivere questitesti?
Alicia ha saputo leggere il desideriodi autenticità presente nei miei testi. Credo che la ricercadi autenticità, in chi scrive e in chi illustra un testo sia unaspetto fondamentale, soprattutto quando si lavora in due, con duedistinti universi di significato, con riferimenti culturali diversi,con due modi di costruire il mondo: le parole e le immagini. Forse,il fatto che Alicia è anche autrice le ha permesso di provare a“distendere” il suo immaginario sopra il mio, non per farne uncalco, ma per cercare differenze, scarti, somiglianze, arricchimentiulteriori. (A proposito di somiglianze, la prima tavola che Alicia mifece vedere aveva un oggetto che ho sempre temuto e amato da bambino:le forbici, che ancora uso malamente, ma che nella mia mente considerosempre strumento di costruzione del mondo. Chiesi ad Alicia se le forbicisarebbero rimaste nella tavola finale e lei disse sì. La notizia mi resefelice).  Ne è nato un immaginario composito e ricchissimo,fatto di cose sue, mie e appunto universali, ora riconducibili a ideee “modi” di artisti che credo lei ami, ora ricreate in modo cosìoriginale che quasi si perdono i riferimenti. Anche adesso, con il librotra le mani, continuo a trovare elementi nuovi, mi sorprendo a curiosaredentro le immagini e rileggo il testo ogni volta con una sfumaturadiversa. Non è bello questo? Un libro, a mio avviso, deve vivere disorprese, deve mantenere questo movimento interno per poter suscitarel’altro movimento, quello di chi legge.

 Cosati ha interessato e sorpreso di più nel suo lavoro?
Di Alicia, fin dal suo primo libro Unastoria guaranì, mi ha folgorato il blu, e poi glialtri colori, ma il blu mi ha preso dentro, mi ha costretto a guardareil resto con occhi più attenti. E la quantità di dettagli, chiedoscusa se li chiamo così, cioè la quantità di particolari vivi,sinceri, assieme alle citazioni che definiremmo “colte” con cuiha arricchito ogni tavola. Poi, c’è sicuramente la curiosità divedere dove vanno a colpire le tue parole, cioè come possono suscitareun’idea, un’illustrazione, un libro. Quella specie di cornice,poi, quel bellissimo “sipario aperto” di ogni tavola sembra fattoapposta per chiederti di entrare e, allo stesso tempo, per proteggerele poesie, quasi un omaggio alle parole semplici che ho scritto. Beh,spero sia un omaggio meritato! E infine, ma ci sarebbero tante altrecose da dire, mi ha affascinato l’idea di Alicia di muovere lastoria frammentata dei testi assieme alla vita dei due bambini,vicini e lontani allo stesso tempo, attenti l’uno all’altro ecomunque persi nell’unicità del loro mondo. Ecco, mi piace pensareche i due bambini, guardando il cielo ciascuno a modo suo, poi se loraccontino, magari usando le mie parole.


Pensi chele sue tavole abbiano sviluppato e portato alla luce aspetti del tuolavoro rimasti più in ombra?

Ogni lavoro a quattromani impone una scelta, chiede un confronto, anche quando c’è un bravoeditore a controllare il tutto. La scelta del chiaro e dello scuro, questacadenza di luce e buio è una cosa che Alicia ha sottolineato e che non miera del tutto chiara al momento in cui ho scritto i testi. Il valore e laricchezza del buio, poi, così intenso nelle illustrazioni, ha chiaritoun altro aspetto forse non così palese nei testi: la mia attrazione peril nero, il non colore, o il colore che racchiude e nasconde tutti glialtri (ho scritto altre cose sul nero). E poi, Alicia ha illustrato inmodo sorprendente la mia voglia di giocare, inalterata malgrado l’età;ha perciò tirato fuori, passatemi l’espressione non certo elegante,il gioco nascosto tra le righe dei testi.


E qualelibertà rispetto alle tue poesie pensi si sia presa?

La più grande e forse dimenticata libertà di chi crede nelproprio lavoro e cioè la libertà di aprirsi all’ascolto di parolee di immagini altrui per farne spunto di conoscenza ed esperienzaproprio. La libertà di mettere a nudo la propria conoscenza/esperienza,la propria vita/arte anche solo per fare un libro, per illustrareuna poesia, per un lavoro che ci è stato chiesto. Un dono raro cheproduce bellezza e amicizia. Anche per questo, proprio per questo,auguro al nostro libro di essere letto tanto, non per essere capito,ma per essere vissuto così come Alicia e io lo abbiamo vissuto. Esiamo solo all’inizio! Grazie, quindi ad Alicia e grazie a voiTopi.