Leggere è un atto creativo

[di Fabio Fornasari*]

L’occasione per scrivere questo articolo è il convegno Il Libro-gioco. Lettura, sorpresa e gioco. L’incontro avrà luogo domenica 20 Marzo, a Sala Borsa, a Bologna all’interno del programma Boom - Crescere tra i libri. Sul palco ci saranno Alessandra Falconi, Lucie Félix, Fabio Fornasari (il sottoscritto), Hervé Tullet, Sophie Van Der Linden.

La presentazione da programma dell’evento sintetizza perfettamente il senso della giornata: «Per usare le parole di Loredana Farina, grandissima editrice italiana e inventrice dei libri con i buchi, i libri-gioco sono oggetti molto particolari, perché tengono insieme gioco e lettura: “Leggere non è solo una tecnica, ma un atto creativo. Come giocare”».

Per quanto riguarda chi scrive, sarà l’occasione per parlare di un progetto sviluppato con Sala Borsa Ragazzi e Nicoletta Gramantieri, la sua direttrice: la traduzione di Ninna Nanna per una pecorella di Eleonora Bellini e Massimo Caccia. Il progetto si lega anche con quello che facciamo normalmente negli spazi, intorno alle cose e con le persone a partire dal Museo Tolomeo e dal suo Atelier. Queste sono due strutture all’interno all’Istituto dei Ciechi F. Cavazza di Bologna. Sono i luoghi nel quale, oltre a mostrare in forma di wunderkammer un differente modo di abitare il pianeta, non necessariamente al buio, sviluppiamo progetti, processi, prodotti ed esperienze in relazione con gli altri organi dell’istituto come ad esempio lo SCE, il Servizio di Consulenza Educativa.

Dico sempre che abbiamo un compito: “aiutare a scoprire il mondo”.

Normalmente progettiamo dispositivi partendo dai contenuti, mettiamo in scena temi altrimenti complessi. Cerchiamo chiavi di accesso alla complessità per fare entrare chi normalmente resta fuori perché non ha le chiavi per accedere ai contenuti a causa di mancanza di conoscenze, di competenze. In generale pensiamo alle persone che hanno disabilità sensoriali o cognitive, pluridisabilità. Usiamo la chiave della sensibilità per accompagnare, creare mappe di orientamento, permettere e sviluppare opportunità per l’apprendimento o anche solo per il godimento. Lo facciamo sviluppando dispositivi che catturano l’immaginario, sviluppano dimensioni cognitive, esaltano i valori sensoriali e espandono l’emotività. Lo fanno mettendo in moto tutta la persona.

Il tema sono i libri illustrati, non solo di libri tattili. Mi riferisco a libri-in-gioco, libri illustrati che vengono messi in gioco, nel senso che vengono aperti, smontati, riformulati per essere compresi da chi non vede, da un pubblico non vedente o ipovedente. Ma valgono per tutte le persone, adulte o più piccole e sono pensati per essere letti, giocati insieme: tutti hanno qualcosa da dirci, mostrarci attraverso la propria personale attenzione che non siamo stati capaci di notare. Un albo illustrato messo in gioco con il linguaggio della tattilità che esplora, ha il compito di fare incontrare più persone che leggono, vedenti e non vedenti, considerando che non è necessariamente la più piccola delle due a non vedere.

Quanto siano importanti i libri illustrati per l’evoluzione del bambino è stato detto da tante persone, autori, studiosi. Il lavoro sull’immagine è importante quando accompagnato dalle parole giuste, quelle parole che non solo accompagnano narrativamente, ma che creano le analogie che permettono al bambino di penetrare anche i mondi di paura, di essere accompagnati nel regno delle emozioni. Sono importanti e nel loro essere diventati classici alcuni titoli rappresentano i mattoncini di un immaginario importante da conoscere e da condividere non solo in famiglia, non solo in classe, ma in tutte le forme di comunità. Da condividere, da leggere insieme, da scambiarsi i modi di lettura: vediamo tutti cose differenti dall’altro che ci sta al fianco. Ninna nanna per una pecorella oltre a essere un classico è un bellissimo albo illustrato che emoziona chi lo acquista e lo legge, la persona adulta o il ragazzino o ragazzina. Ma chi dei due è il non vedente?

Perché tradurre il libro per i ciechi? E per chi lo facciamo?

Il bambino e la bambina che non vede sono esclusi dal mondo delle immagini visive, quindi sono esclusi da questa editoria, se non nella dimensione dell’ascolto ad alta voce. Possono entrarci solo se gli viene raccontata, ma questo non gli permette di entrare nella sua dimensione immaginativa perché ciò che si ascolta non produce immagini integrate da una multisensorialità, manca della tridimensionalità. Sono immagini senza alcun significato. Si limita a figurare il significato di parole che hanno una origine visiva che non è detto che siano mai state conosciute dal cieco. Un cieco ha mai toccato una pecorella? Un lupo?

La relazione con le immagini, anche tattili di cose che escono dalla quotidianità non sono affatto necessariamente note. La complessità del mondo intorno a noi è spesso rappresentato da parole senza immagini, senza paradigmi immaginativi utili per creare confronto. Questo non permette una verbalizzazione, un parlare dell’esperienza di lettura e di ciò che avviene al suo interno.

Pensiamolo immerso nel proprio ambiente: il bambino, la bambina che non vedono non conoscono allo stesso modo il mondo intorno a loro rispetto a un coetaneo. Anche il bambino che non vede ha la coscienza di sé immerso nell'ambiente, sa di esistere, di occupare un determinato posto nello spazio. Coglie confusamente attraverso alcune relazioni propriocettive, svolge cioè nella sua coscienza un'attività immaginativa, tuttavia non riesce a strutturare secondo una linea di sviluppo analoga ai compagni vedenti, la propria conoscenza del mondo esterno. Egli sa di essere, di occupare un determinato posto, ha la coscienza della variazione dell'ambiente intorno a sé, ma a tale coscienza non giunge in base a immagini differenziate, a comparazioni tra strutture percettive diverse, bensì soltanto in forza di una precisa e costante esplorazione spaziale immersa, che tocca con mano, con tutto il corpo in movimento. Deve studiare con consapevolezza ogni mutamento di situazione, farlo nel tempo, farlo più volte, ripetendo, per costruire l’immagine dello spazio che non sarà mai semplicemente una parola vuota, ma arricchita di una multisensorialità: l’odore, la texture tattile, il peso degli elementi, la durezza, la loro stabilità ecc. In questo caso l’immagine non è il montaggio pre-cinematografico di cronofotografie, di immagini in successione, ma una unica immagine indifferenziata dalla quale estrapolare qualsiasi altra immagine. Questa unicità si forma attraverso un continuo adattamento tra il sé e lo spazio, prendendo e lasciando le impronte tra sé e le cose.

Da qui parte la sua capacità immaginativa autonoma. Quando l’immagine è parte della persona, è entrata nella mente della persona si è ormai astratta e può caricarsi in pieno della sua componente astratta e simbolica, assume anche il suo valore narrativo.

Volete provare di cosa parliamo? Prendete un libro, non un libro qualsiasi, ma un albo illustrato, cartonato.

Ora spegnete la luce, mettetevi in un angolo al buio della vostra stanza. Chiudete gli occhi, anche al buio si chiudono gli occhi, per non vedere il buio, per trasferire tutta la nostra attenzione alle mani. Anche l’assenza di immagini produce immagini. Appoggiatevelo sulle cosce, aperto. Cominciate a sfogliare, passate le mani sulle pagine, esplorate, a due mani, in modo simmetrico, con i palmi, con la punta delle dita. Fate una pressione forte sulle pagine. Il libro non resta rigido. Probabilmente sta dondolando sotto la vostra pressione, si muove. Avete dovuto trovare un punto di equilibrio perché possa restare fermo. Le vostre mani scorrono sui bordi. Bordi che sembrano non finire mai, sembra più grande di come lo avete avuto in mente. Le cose esplorate con le mani sembrano sempre più grandi, non perdono dettagli, ma ne raccolgono dei nuovi, trovano tracce di significati che emergono nella mente. Si sta costruendo dentro di noi una immagine tridimensionale multisensoriale, quella di cui ho parlato prima, fatta anche degli odori e dei suoni che stiamo ascoltando ora.

Sfoglio, pagina per pagina, l’intero volume. Tutte le doppie pagine sono uguali, dello stesso formato, una apparente invarianza. Non esiste nulla che mi possa parlare di cosa ci sia stampato sopra, forse ne ho una qualche immagine. Ma pagina per pagina cambia il peso delle mie braccia. Il volume si fa pesante, faticoso? Cerco un ritmo, cerco nel ritmo con il quale sfoglio la pagina una dimensione estetica, un significato. Sto sperimentando solo uno dei codici del volume e lo sto leggendo ponendo attenzione allo sforzo del mio corpo che legge non con le sole mani ma con quella che chiamiamo la percezione aptica.

Un primo pensiero suggerito: come la bambina nel volume di Suzy Lee, Mirror, le mie mani iniziano la lettura, si relazionano con una composizione specchiata di doppie pagine. Inizialmente c’è il riconoscimento di una simmetria che viene messa in gioco nel tempo dalle mani che esplorano e così facendo costruiscono la lettura del volume. Per lasciare traccia della mia lettura potrei cominciare a piegare le pagine per ricordare quell’emozione appena provata, lasciare un segno per poi riguardarlo a occhi aperti. Ma è anche un segno che un altro dopo di me può trovare e che lo potrà dovrà interpretare: “qualcuno è stato qui e ha lasciato per me un disegno tridimensionale fatto con un semplice piega”.

Installazione multisensoriale creata da Fabio Fornasari per la lettura del libro Il trasloco del giardino di F. Novaro, S. Olivari, C. Martinod.

Posso fare tante cose con libro, ma ne manca una, la più importante: entrare nell’immaginario di chi quel libro l’ha pensato, disegnato e accompagnato con le parole stampate. Non mi pone a confronto con il mondo dell’altro, con le emozioni dell’altro. Ne ho costruito uno io al buio, non illuminato dall’immagine, dalla narrazione, dalle emozioni che non ho potuto sperimentare, non ho provato. “Aiutare a scoprire il mondo” significa quindi non limitarsi a offrire libri tattili anche pregnanti di senso e sensibilità, ma permette di entrare nei libri che tutti leggono. Perché i libri illustrati hanno spesso qualcosa di intimo, sono scritture d’artista. Sono variazioni di intimità sui temi degli affetti, delle emozioni. Sono esplorazioni dei paesaggi dietro casa, dell’amicizia. Ai libri tattili questo spesso manca, sono molto elementari. Ogni storia illustrata è un’opera d’arte fatta di personaggi, di ambienti nei quali si muovono e di storie che vengono vissute e impersonate dai personaggi nell’ambiente.

Così il progetto per Ninna nanna per una pecorella è la costruzione di un albo che considera tutti i processi mostrati sopra: il nostro obiettivo è di aumentare i codici del libro della dimensione aptica, di quella attività che permette di fare un’esperienza completa dell’albo, non la semplice messa a rilievo dei disegni in una chiave bidimensionale. Nasce così l’idea di affiancare alle traduzioni in braille un teatrino, dove posso mettere mano, costruirmi le immagini mentali, tridimensionali, multisensoriali che mi permettono di lavorare con consapevolezza intorno alla storia, comprendere i valori del testo, astrarre e completare con le mie parole i miei pensieri, la scrittura di una esperienza di lettura del libro. Il teatrino si compone di una base, della riproduzione degli ambienti e dei personaggi a tutto tondo dei personaggi. Necessario per il bambino cieco è comunque un elemento che permette a qualsiasi bambino di mettere in gioco tutta la narrazione. A questo si affianca un ulteriore dato sensibile: un racconto sonoro tavola per tavola, realizzato con Paolo Ferrario, sound-artist, che con me ha collaborato per sviluppare un racconto senza parole dell’albo, un racconto sonoro che sviluppa i suoi temi sulle emozioni che la pecorella vive nelle pagine. Tutto questo mi permette di comprendere il senso del testo sia che il genitore sia cieco che se il cieco è il bambino o la bambina. Se esistesse una versione tridimensionale, multisensoriale, il “libro-in-gioco” di Saint Exupéry, Il Piccolo Principe, potrei capire che Ninna Nanna per una pecorella parte dove finisce quel volume, che parla di una esperienza di amicizia e che ne rappresenta una variazione, un altro possibile modo di raccontarlo.

In chiusura: è importante per noi aiutare a scoprire il mondo e quindi espandere la capacità immaginativa e sviluppare progetti per conoscere e affrontare le emozioni, le loro variazioni, riconoscere le sfumature. In altre parole arricchire le esperienze anche per il cieco e non ridurre le sue possibilità ai soli libri tattili pensati per i ciechi. Ma anche mettere in contatto modi di lettura differenti perché insieme, la lettura a quattro mani, a sei mani… aiuta a capire a cosa serve leggere. Permettere la lettura anche nella forma condivisa è un dovere istituzionale della società, oltre che essere un diritto di ciascuna persona, di qualsiasi età.

L'accesso al Museo Tolomeo e ad Atelier è su appuntamento, chiamando all'Istituto

*Fabio Fornasari, passa il suo tempo a studiare, guardare e progettare gli spazi per espandere la dimensione immaginativa, mantenendo come obiettivo l'accessibilità e l'autonomia. Nato nel 1964, è laureato in Architettura per la conservazione del patrimonio  architettonico presso l'Università degli Studi di Firenze e specializzato in museologia e accessibilità. Ha progettato musei e mostre a Roma e Milano, sperimentando linguaggi e soluzioni innovative. Progetta e costruisce dispositivi per mostrare e raccontare storie di valore utilizzando progetti e installazioni museali e ambienti di apprendimento. I suoi progetti coinvolgono il pubblico all'interno delle dinamiche di interazione cognitiva, sensoriale nella costante attenzione della dimensione emozionale. Sviluppa modelli educativi di confine con psicologi e pedagogisti nella chiave dell’inclusione sociale e del benessere culturale. Attualmente è direttore scientifico del Museo Tolomeo da lui fondato con Lucilla Boschi nel 2014 nell'Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza ed è associato con incarico di ricerca del CNR-IRPPS. I suoi progetti principali: Museo del 900 di Milano (2010), Museo ipogeo alle Terme di Caracalla di Roma (2012),  Museo di Villa di Livia (2014),  Museo Tolomeo (2014), sezione Collezione Design presso il Museo Tattile statale Omero di Ancona (2021) e la mostra Toccare la bellezza - Maria Montessori e Bruno Munari (2019 - Ancona, 2021 Roma).