Luoghi comuni per essere e vivere insieme

[di Francesca Romana Grasso - Edufrog]

LUOGHI COMUNI (Junior editore) è una collana che si presenta a gennaio 2023 con la sua prima pubblicazione Biblioteche 0/18 e pratiche di cittadinanza. Il terzo educatore in luoghi terzi.

I volumi della collana si rivolgono a chi lavora nei servizi bibliotecari, educativi, sociali e sanitari. Raccolgono visioni, pratiche e domande sulla produzione e circolazione dei saperi, e lo fanno a partire dalle biblioteche – luoghi pubblici, ad accesso universale e gratuito - perché favoriscano processi attraverso cui si può imparare a imparare lungo l’intero arco della vita. Il progetto ha una vocazione precisa: quella di aprirsi alle biblioteche come luoghi del possibile e del fare, dove si producono, modificano e diffondono buone pratiche di cooperazione e tolleranza, capaci di valorizzare tanto le differenze quanto i punti d’incontro, contro ogni rappresentazione unilaterale di verità inconfutabili.

Luoghi comuni non era un’espressione diffusa come lo è oggi quando fu scelta per nominare il progetto editoriale, tuttavia si è imposto per affezione sull’idea di cercare un nome più originale perché

Fare esperienze insieme è un antidoto a pregiudizi e narrazioni antisociali: se si condivide qualcosa con l’altro, anche solo il fatto di frequentare gli stessi luoghi comuni, non si aderisce acriticamente al mito della tradizione sotto attacco: l’identità è plurima, mutevole, anche quella comunitaria. Crescere in ambienti che accolgono senza discriminazioni incide sulla capacità di aprirsi alle molteplici maniere di esistere nel mondo. Biblioteche, servizi educativi, scuole, parchi e piazze, sono luoghi che rendono fattivamente esigibili i diritti di chi non ha ancora diciotto anni(...): i cittadini che non votano spingono a riconsiderare una cultura che favorisce l’essere insieme e il vivere insieme. (...) Coloro che vivono un luogo si incontrano e riconoscono e, un passo alla volta, si percepiscono sempre meno estranei all’altro. (...) La collana ambisce a ossigenare il terreno della partecipazione, progettazione e attuazione che hanno origine nel senso civico, e sceglie di farlo attraverso la raccolta di esperienze e dubbi, senza urgenza di sintesi, ma piuttosto sollecitando interrogativi, condividendo visioni e azioni concrete di cambiamento, senza ignorare la “nevrosi dello scarto” tra desiderabilità e contingenze di una parentesi di storia dove i diritti delle persone più giovani sono inversamente proporzionali alle responsabilità che le più vecchie hanno messo loro sulle spalle. (dall’introduzione)

Kulturøen, Middelfart (DK) - progetto interni di Roman Bosch - Foto @ Kim Wendt 01.

Le biblioteche sono potenzialmente un luogo generativo, da cui possono esprimersi nella più ampia dimensione comunitaria gli anticorpi sociali per contrastare la polverizzazione di quelle micro dinamiche interpersonali che tanto significativamente contribuiscono alla tenuta di una comunità, come gli scambi con negozianti, vicini, persone del quartiere che incrociano spesso le nostre traiettorie. Tutto ciò è noto da decenni a chi di biblioteche si occupa, tuttavia oggi vi sono le condizioni per prendere a esempio quelle biblioteche costituiscono a tutti gli effetti degli hub, vale a dire dei perni sociali.

Un tema centrale di questo periodo storico è quello della solitudine che con la pandemia ha inasprito una tendenza già severamente in atto, da cui progressivamente si generano nuove frontiere - fisiche e immateriali - di diffidenza e paura, unitamente a un appiattimento della qualità dei saperi condivisi.

Proprio a partire dalla promozione del benessere e di un luogo accogliente, non giudicante, liberatorio, in cui vivere diversi gradi di prossimità, muove la tesi della collana, che complessivamente partecipa al dibattito sulla cura che la comunità reclama:

Quando esaminiamo le basi della classica contrapposizione “noi vs. loro”, ci confrontiamo con la tendenza a generalizzare singoli comportamenti individuali per tratteggiare sinteticamente l’identità non solo di singole persone, ma addirittura di intere collettività. A questo comportamento si accompagna una facilità di giudizio che pone non pochi problemi, poiché attribuendo connotati identitari collettivi al singolo comportamento di uno o più individui, si finisce per contribuire alla costruzione e alla riproduzione nel discorso pubblico di un’immagine sociale artefatta e indifferenziata, che guadagna tanto più rapidamente terreno nell’immaginario collettivo quanto più stride con i caratteri di una implicita “norma” sociale.

La propensione a generalizzare tipica della cognizione umana diviene particolarmente generativa di stereotipi nelle interazioni online, dominate dalla logica binaria del like/dislike, che ha sdoganato l’idea secondo cui tutte le persone hanno diritto di esprimere platealmente giudizi in totale libertà: il giudizio è oramai insito nel processo di dialogo su qualsiasi argomento, e spesso domina il chiacchiericcio contemporaneo.

Nell’ultima decade la pervasività dei social media ha accentuato diffusamente l’impulso ad attribuire una sorta di punteggio a ogni nuovo argomento, persona, luogo o esperienza. Al di là dell’esprimere un sommario giudizio (“mi piace”/“non mi piace”) e magari un relativo punteggio (“tre stelle, cinque stelle”), la generazione più esposta a questa modalità cognitiva acquisita, quella nata dopo il Duemila e cresciuta con lo smartphone in mano, tendenzialmente fatica molto a misurarsi in modo articolato con un argomento complesso. (pag 17)

In occasione della giornata di studi LIBRO CITTÀ APERTA 5 tesi per le biblioteche del futuro  (qui la registrazione dei lavori) orchestrata da Chiara Faggiolani (Università Sapienza) per Fondazione Mondadori, il presidente di Desis Network,  Ezio Manzini, ha parlato di “pandemia della solitudine” intesa non solo come problema psicologico e sociale, ma politico, poiché genera instabilità e paura; nel suo brillante intervento ha messo a fuoco che le biblioteche possono agire come servizi pubblici collaborativi in cui è possibile esercitare la “capacità di navigare nella complessità per sviluppare antidoti al populismo e al complottismo”. Tale visione, con diverse angolazioni, è stata sostenuta anche da Noreena Hertz, Alessandro Bollo e Elena Granata ed esemplificata da Anthony Marx, presidente della biblioteca pubblica di New York su cui ci si può fare un’idea puntuale attraverso il film-documentario di Frederick Wiseman “Ex Libris – The New York Public Library”.

Coerentemente con l’idea di agevolare un confronto, strumenti, idee e pratiche, ma soprattutto bei luoghi di vita, in cui fare buoni incontri, il secondo volume della collana, scritto da Elena Corniglia, getta le basi di un confronto condiviso sull’idea di oggetti aggettivati (accessibili, inclusivi, …) e senza aggettivi attraverso il saggio Libri accessibili, letture possibili. Risorse e pratiche per coltivare il diritto alle storie:

l’autrice ci guida in una mappatura delle proposte esistenti che per sua natura, data la vivacità di questo settore editoriale, non può essere esaustiva ma che, tuttavia, si caratterizza tanto per la cura scrupolosa con cui tiene conto della molteplicità quanto per il rigore metodologico. Un libro inclusivo non è solo accessibile ma anche condivisibile, reperibile, ben fatto e quindi invitante: diventa senza aggettivi quando non si vede più nel libro un mediatore capace di raggiungere “anche” lettori con esigenze particolari, quanto piuttosto un’espressione narrativa di pregio e intrinsecamente interessante.

Qui potete ascoltare dalla sua viva voce quale tensione anima il saggio

Elena Corniglia porta una lunga esperienza, in buona parte maturata in AREA ONLUS dove coordina il Centro di Documentazione e Ricerca sul Libro Accessibile e cura un database specializzato in recensioni capaci di raggiungere persone che per motivi professionali e personali sono interessate a offrire buone storie a persone con o senza disabilità.

Ciò su cui prioritariamente Corniglia tiene il punto è la necessità di focalizzarsi sul valore estetico delle storie, allo scopo di superare quell’handicap - la cui natura è sociale - che tende a riproporre percorsi paralleli di lettura anziché prendere atto che il diritto del piacere fine a se stesso che essa sprigiona, anche quando in forma condivisa, non finisce dove inizia una disabilità. Anzi, proprio nella condivisione di uno spazio, il limite diviene luogo di conoscenza e sovvertimento delle cristallizzazioni che ostacolano le relazioni e l’incontro in quello che è designato come il secolo della solitudine.

La collana LUOGHI COMUNI si propone di dare voce e visibilità alle diverse esperienze e visioni, muovendosi tra casi-studio locali e universali, di successo e fallimenti, poiché da ciò che non ha avuto l’evoluzione sperata si impara spesso molto più che da quelli andati a buon fine, purtroppo però l’analisi delle idee disattese è adombrata dall’imperante liturgia della prestazione.

Il comitato scientifico è composto da figure di diversa provenienza professionale e territoriale, voci accademiche dialogano con ricercatrici indipendenti e funzionarie istituzionali secondo gradi di libertà e metodi diversi, e per questo auspicabilmente sempre più interstiziali. Ne fanno parte, oltre a me che scrivo, Daniele Brigadoi Cologna, Marco Muscogiuri, Roberta Opassi, Gabriella Marinaccio, Francesca Mignemi, Alice Montagnini.

Le pubblicazioni sono soggette a doppio referaggio cieco (chi valuta il testo non conosce il nome dell'autore del testo e neppure l'autore conosce il nome di chi ha valutato il suo testo, ndr). Le persone interessate a offrire un contributo possono scrivere a: luoghicomuni@edufrog.it.

Ultima nota: nell’ultimo anno è diminuita l’affluenza alle biblioteche pubbliche, il 90% della popolazione non vi ha mai messo piede. Paradossalmente questo non ci scoraggia poiché da lì è possibile ripartire per fare rete con musei, parchi, servizi alla persona pubblici e privati, scuole e università: scopo comune è promuovere benessere e rinvigorire lo slancio vitale che si accende quando la diffidenza lascia spazio di espressione alla curiosità. 

Per raggiungere questo scopo è politica della collana adottare un linguaggio che si propone di raggiungere persone con esperienze e saperi molto diversi tra loro. Esaminare la polvere sotto ai tappeti, oltre che le stelle, permette di affrontare gli intoppi che talvolta tarpano le ali: la semplicità di una buona pratica non è mai troppo banale per essere condivisa, così come un limite non è mai sinonimo di invalicabilità.