Una valigia piena di figure

[di Monica Monachesi]

Un Paese senza nome, molti Paesi senza nome quelli dei tanti migranti, rifugiati, persone, creature in cammino per attraversare acque, terre, distese interminabili segnate da confini, per rifugiarsi nel mondo, in cerca di protezione e di un’altra possibilità.

Da un Paese senza nome è il progetto di Francisca Yañez che da sempre, è impegnata nella testimonianza attiva, attraverso l’illustrazione e l’arte.

Una mostra, un racconto d’infanzia in prima persona, un laboratorio che viene fuori da una valigia piena di figure e passaporti, per ascoltare, riflettere, confrontare e infine: esprimere.

Allestimento di Un Paese senza nome a Le immagini della fantasia 35, Sàrmede ottobre 2017 – gennaio 2018.

La storia di Francisca Yañez comincia così, cone le parole scritte in questo passaporto:



Pagine di passaporto esposte in mostra.

Fu un gesto di amore, quello dei suoi famigliari, di rispetto e tutela di un mondo interiore, molto prezioso, soprattutto in quella situazione di esilio.

Quelle figurine la seguirono nei diversi traslochi che la famiglia dovette fare nei successivi 17 anni, da rifugiati, status loro riconosciuto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Solo nel 1988, con i risultati del plebiscito cileno che pose fine alla dittatura di Pinochet, Francisca e la sua famiglia poterono rientrare nel loro Paese.



Pagine di passaporto esposte in mostra.

Oggi Francisca Yáñez è un’illustratrice conosciuta a livello internazionale e per condurre i suoi laboratori d’arte viaggia anche oggi, nelle scuole di diversi Paesi, con una valigia piena di figurine, passaporti e piccoli oggetti.

I suoi libri sono sempre rivolti a quella dimensione interiore che al tempo stesso è àncora di salvezza, gemma salvifica nelle più estreme difficoltà.

Francisca ha illustrato anche racconti dedicati ai bambini rifugiati (come il bellissimo Otro país, María José Ferrada, Planeta 2016, o Ana (Reimaginando el diario de Ana Frank) Marjorie Agosín, Das Kapital Ediciones 2015.

Del suo lavoro lei stessa afferma: Sento che ogni volta faccio la stessa cosa: racconto storie unendo figurine di carta. In maniera naturale il mio lavoro è andato verso direzioni che mi permettono di rendere visibili le storie di chi non ha un proprio posto nel mondo.



Pagine da Otro país, María José Ferrada e Francisca Yáñez, Planeta 2016.

Ho conosciuto questa mostra quando fu esposta a Santiago, in Cile, presso l’Istituto Italiano di Cultura. Ho studiato tutto da qualche foto che non cessavo di osservare: gli sguardi, i gesti, gli abiti, ogni dettaglio di quei personaggi di carta attirava la mia attenzione, come se tutti, solo con la loro presenza, mi imponessero di domandarmi chi fossero, da dove venissero, da chi si separavano o con chi si ricongiungevano. Mi chiedevano di leggere le loro storie e mi sentivo immersa in un silenzio pieno di poesia, che si riempiva di tenerezza, di attenzione a queste vite. Ed erano ‘solo’ figurine di carta.

Francisca aveva concepito questo progetto artistico rispondendo all’invito rivolto agli artisti cileni dall’Istituto Italiano di Cultura di Santiago per lavorare al tema delle migrazioni transoceaniche: dall’arrivo degli italiani in America, al successivo scambio tra culture, fino alla visione odierna su questo tema.

Volevo parlare di altri bambini di oggi e di questo secolo, e della loro esperienza di esilio, di rifugiati, o semplicemente di esperienze di spostamento. Così, partendo dalla mia esperienza, pensando al quel gesto di amore dei miei genitori, ho deciso che avrei creato io nuove figure e che avrei raccontato storie grazie a loro, realizzando personaggi che formano una grande costellazione di persone in viaggio, che vanno e vengono in diverse situazioni, di diverse razze e anche di età diverse, ma principalmente bambini.

Allestimento al MFF, Migranti Film Festival di Pollenzo, giugno 2018.

Mi dissi che dovevo anche io fare qualcosa, così decisi di inserire la mostra Da un Paese senza nome nel cuore della 35 edizione di Le immagini della fantasia, in una sezione che intitolai Pianeta Migrante. Ebbi anche la fortuna di poter allestire personalmente oltre 150 figure sulla parete.

Francisca Yáñez scrisse che sarebbe riuscita anche a venire in Italia, nel 2018, così mi dissi di nuovo che dovevo fare qualcosa: organizzare un piccolo tour nelle scuole e nelle biblioteche, perché molti bambini la potessero ascoltare, e così fu.

Da Parma a Senigallia (AN) e poi a Pollenzo (CN) al Migranti Film Festival e di nuovo a Parma con una piccola grande svolta.

A metà gennaio l’Assessorato alla Cultura di Parma inserì i laboratori di Yáñez all’interno di Diritto alla Bellezza, bellissimo appuntamento di formazione per tutti e di attività nelle Biblioteche Civiche Ragazzi.

A fine gennaio, l’Assessorato alla Cultura di Senigallia avrebbe ospitato la mostra Da un Paese senza nome alla Biblioteca Antonelliana in occasione del Giorno della Memoria, con una serie di laboratori per le classi V della Primaria e classi I di Secondaria di 1°Grado.

Ogni laboratorio comincia con il suo racconto di esule dal Cile a poco più di due anni. Le sue piccole incertezze nel parlare italiano creano un’attenzione attiva, per intervenire e suggerire le parole giuste.

Con i suoi passaporti tra le mani – compreso uno di quando era molto piccola – e uno attuale, bellissimo, con fauna e flora del Cile illustrata nelle pagine – Francisca fa esplorare parole come esilio, viaggio, documenti, democrazia, golpe, campo di accoglienza. Sorgono spontanee tantissime domande. Bei momenti.

Poi si creano dei passaporti, utilizzando fotocopie, timbri, carte colorate e dorate, forbici, colla e anche ago e filo.

Chi vorresti potesse viaggiare senza ostacoli in tutto il mondo?

Fagli il passaporto, metti tutti i timbri necessari per procedere, parole e figure belle da portar via con sé, qualcosa che gli sia caro, che gli rammenti cose e persone amate.

Biblioteca Pavese, Parma.

Durante il laboratorio Francisca si muove tra i tavoli in silenzio. Si distribuiscono le pagine su cui lavorare, si invita a pensare per simboli, piccole cose su piccole pagine importanti. Si lavora con ciò che c’è, ciò che arriva: pezzetti di carta colorata, fili, bucatrici, arrivano sui tavoli a sorpresa e nessuno riceve la stessa cosa: si può fare scambio.

Biblioteca di Alice, Parma con esposizione dei libri: Alfabeto Ilustrado Bilingüe español/italiano. Edicola, 2017

Versos como una casa, A Buen Paso, 2017

El niño que cuenta hasta el infinito, Ulla Books, 2017

Con poco, però, a pensarci bene, si può fare tutto, a questo invita l’attività. Immaginare magari che al tuo gatto Rum piacerebbe viaggiare per mare, proprio in quella barchetta lì.

Biblioteca Guanda, Parma.

A Parma con Francisca siamo anche state in due scuole elementari, per laboratori in singole classi. Però sarebbe bello raccontarlo in un altro post. Abbiamo incontrato due classi della Don Milani e una alla Pilo Albertelli.

E poi via, a Senigallia! Cittadina dei Duchi della Rovere, con Palazzo Ducale e tanto di Rocca a quattro torri in pieno centro e una meravigliosa Biblioteca ad ‘anello’, all’ultimo piano del Foro Annonario, dove allestiamo anche la mostra. Qui l’artista crea anche lei con ciò che c’è, e di sera si lavora ad aggiungere alcune figure, di ispirazione un po’ marina… e servono carte. Ce ne sono alcune da me dipinte per altri laboratori e si fa il frottage, non quello magistrale di Francesca Zoboli, ma una versione rapida che decidiamo di proporre anche al laboratorio, per la sua qualità di saper sorprendere, sempre. Figure nuove, nate raccogliendo materiali confidando in ciò che arriva o rammentando una passeggiata in battigia.

Biblioteca Antonelliana, Senigallia.



Francisca Yanez presenta all’Assessore alla Cultura il lavoro dei Ragazzi.

Le foto non mancano ma qui c’è un piccolo assaggio delle attività con le classi, in certi casi la concentrazione era davvero tanta. A Senigallia abbiamo avuto il tempo anche di cucire, per rilegare le pagine e… che entusiasmo!

Dopo tanto lavoro insieme, è ora che Francisca rientri in Cile. Ma l’inverno vola, a marzo ci si vede in Fiera a Bologna, ed eccoci a giugno, di nuovo insieme, per due appuntamenti con grande finale.

L'1, 2 e 3 giugno abbiamo avuto l’enorme piacere di conoscere e vivere il Migranti Film Festival, un festival cinematografico rivolto alla tematica dei migranti, con particolare attenzione ai fenomeni migratori nella loro complessità, agli esempi di inclusione e integrazione, agli scambi, alle contaminazioni, ai giovani delle seconde generazioni, al rapporto con la multiculturalità...

La mostra migrante ha saputo dare il meglio anche sulla parete a sorpresa e anzi, è cresciuta con il contributo di altri disegnatori.

Per raccontare questo Festival ci vorrebbe un altro articolo intero. Consiglio di andarci perché è imperdibile e ringrazio tanto Marco Paschetta anche autore dell’icona dell’anno.

 

Durante il festival sono molteplici le proposte. I film sono tutti molto belli e interessanti. Uno fra quelli che più mi ha colpito è  il documentario Mareyeurs, di Matteo Raffaelli, sulla vita dei pescatori in Senegal, un racconto illuminante che ha il merito di mettere in luce le ragioni  che sottostanno alla decisione di migrare da parte di molti lavoratori e famiglie.

Mareyeurs - Trailer (eng/ita subtitles) from Matteo Raffaelli on Vimeo.

Ma torniamo a noi, e alla mostra di Francesca. Per chiudere, avevamo in mente un gran finale.



Dipinto su legno di Giuseppe Braghiroli.

Una parete brulicante di occhi profondi e un’altra che srotola distese di cammini su cui questi occhi si sono posati o si poseranno. I loro occhi, i nostri occhi.

Parete di Francisca Yanez.



Parete di Giuseppe Braghiroli.

Rifugiarsi nel mondo da un Paese senza nome. è lo sviluppo di tutto ciò che ho raccontato fin qui, nato dalla nuova amicizia, dal dialogo tra due illustratori e soprattutto dall’invito di Un-Type a Parma.

Francisca Yáñez, invita a interrogarci sui destini di tante figure in viaggio, come fa pure Giuseppe Braghiroli che invita a un contatto con la dimensione interiore dei tanti viaggiatori, ma in loro assenza.

Per questo dialogo con il lavoro di Francisca Yañez ho pensato alle distanze. Distanze fisiche e culturali che sono da percorrere, per avvicinarsi. Percorrere, attraversare, raggiungere, conoscere. L’arte come strumento privilegiato di racconto e di contatto profondo. Una volta percorse, attraversate, queste distanze permangono fisicamente ma possono svanire culturalmente, se lo vogliamo.

Il finissage della mostra si terrà sabato 30 giugno presso Un_type a Parma, alla presenza degli illustratori e con degustazione di Pebre cileno.

Qui sotto potete vedere l'intervista a Francesca Janez, realizzata da Nicola Gatti (un_type) e Monica Monachesi.

Rifugiarsi nel Mondo da un Paese senza Nome I Doc from FABIO ABATANTUONO on Vimeo.

Guardo questa valigia,

e ora ci vedo la vita di Francisca da esule e non, ci vedo quelle di tante persone, e anche la mia. Rifugiarsi nel mondo deve essere possibile, sempre.