Come pensi che sia vivere da albero?

[di Giulia Orombelli]

Quando Chiara, la mia amica libraia della Linea d’ombra, mi ha dato da guardare Cosa diventeremo? di Antje Damm, non immaginavo che da quel libro sarebbero nate riflessioni così belle. L’ho sfogliato e l’ho messo da parte per un bel pezzo, anche lui in lockdown. L’ho ripreso in mano qualche giorno fa. Volevo festeggiare gli alberi, che si celebrano il 21 novembre, ma volevo farlo in modo diverso dal solito (qualche anno fa un bambino mi ha detto: ‟Ma tu hai proprio la mania degli alberi!” ed è vero, chi capita nelle mie classi cresce in un bosco).

È un libro semplice, di quella semplicità che mette in moto il pensiero ben più di un testo scolastico complesso che spiega tutto alla perfezione e non lascia niente da scoprire. È un libro di sole domande, domande come ciliegie: una tira l’altra, nessuna che preveda una risposta unica ed esatta. È un libro di immagini: fotografie bellissime, anche queste molto semplici, di forte impatto visivo. È un libro bambino, perché il pensiero che ne scaturisce è scientifico, immaginario, emotivo, letterario, creativo. Tutto insieme, unito, come solo il pensiero bambino sa essere.

In verità ai bambini non l’ho ancora mostrato, questo libro speciale. L’ho sfogliato solo io e ho scelto dieci domande. Le ho date ai bambini e ho chiesto di provare a rispondere sul quaderno. Niente discussione di gruppo come facciamo tutti i giorni su qualsiasi argomento: un esperimento. Avevo aspettative basse, visto che non avevo arato il campo prima della semina con la conversazione, perlomeno non l’istante prima. Forse, però, quella terra è ormai buona e fertile, mi sono detta leggendo le cose che hanno scritto in libertà. Fatto sta che le risposte dei bambini mi hanno lasciato a bocca aperta. Ancora una volta. Niente minute e niente valutazioni, poco tempo a disposizione, perché ormai il tempo a scuola è frammentato come quello degli adulti, purtroppo. Ho solo detto che era un po’ un gioco e c’era spazio per tutto.

 

 

Queste le domande prese dal libro, con un’unica aggiunta da parte mia, ma sulla stessa lunghezza d’onda: ‟Come pensi che sia vivere da albero?”. Ci stava bene, visto che l’occasione era la festa degli alberi e dunque per contagio di tutta la natura.

DOMANDE  SPECIALI

  1. Cosa fa parte della natura?
  2. Come pensi che sia vivere da albero?
  3. Cosa vorresti sapere sulla natura?
  4. In natura poi tutto finisce?
  5. Che domanda vorresti fare a un animale?
  6. Cosa succede agli animali dopo la morte?
  7. Dobbiamo proteggere la natura?
  8. Chi vorresti essere se non fossi tu? Perché?
  9. Quale abilità vorresti avere, che hanno gli animali?
  10. Chi è più potente, l’uomo o la natura?

Riporto alcune risposte prese dai quaderni, così come le hanno scritte i bambini. Non posso trascriverle tutte, perché diventerebbe noioso. Non so più i nomi degli autori, perché proprio tutti hanno pensato e scritto cose profonde, fantasiose, sensibili, intelligenti, divertenti. Dove si dimostra che se lo stimolo è interessante e adatto, come è questo libro, il lavoro che ne scaturisce scivola via alla grande.

“Della natura fanno parte i sassi, le acque, gli animali, i vegetali, l’aria, l’ossigeno, la luce del sole, la pioggia, la terra gli uccelli, gli anfibi, i pesci e le stagioni.”

“Io penso che sarebbe molto bello vivere da albero, perché avrei tanti compagni di vita, come in primavera, avrei tanti fiori e gli uccelli che mi fanno il nido sui rami, in estate sarei scaldato dal sole e farei salire i bambini per farli divertire, in autunno sarei un ottimo rifugio per gli scoiattoli e farei stare i topi sotto le mie radici e così anche d’inverno.”

“Dalla natura vorrei sapere cosa succede dentro un sasso, se è rumoroso, freddo, caldo, silenzioso, sporco, pulito.”

“Mi piacerebbe essere agile come un gatto, astuta come la volpe, allegra come un delfino e intelligente come il polpo.”

“A me piacerebbe essere un ruscello perché viaggia sempre in nuovi posti.”

“Io vorrei essere una foglia, tranquilla e solitaria, che nei giorni di pioggia sta bene attenta a non cadere giù dall’albero, a volte in primavera incontra le rondini che si preparano il nido.”

“Vorrei essere anfibia come la rana, così potrei vivere dappertutto.”

“Vorrei essere un panda perché abbraccia tutti.”

“Io vorrei essere un fiocco di neve che vola.”

“Secondo me essere un albero è bello, perché da semi si può guardare da prima la terra, da germoglio si può guardare per la prima volta il cielo e gli animali, da albero adulto puoi divertirti con il cambio dei colori.”

“Io vorrei sapere se nelle nuvole fa caldo o fa freddo.”

“Come fa la volpe a non farsi vedere con quella grande coda che ha?”

“Perché i gatti dormono tanto?”

“Perché il bradipo è lento?”

“Come fa il camaleonte a cambiare colore?”

“Vorrei chiedere a un uccello se è bello volare e vedere tutto il mondo.”

“Gli animali, dopo la morte, vengono mangiati dagli altri animali o si fossilizzano.”

“Per me dopo la morte gli animali entrano nella terra e vivono da fantasmi. Il loro lavoro da fantasmi è cucire le radici degli alberi.”

“Gli animali quando muoiono si decompongono.”

“Per me gli animali quando muoiono vanno in un altro mondo, che è un bosco nel cielo.”

“Secondo me non finisce tutto, continua ma in modo diverso.”

“Io direi che è più forte la natura, perché ha gli animali che la sostengono.”

“Io penso che vivere da albero sia bello perché nei tuoi capelli hai tanti amici, come gli uccelli e gli insetti, ma anche le scimmie.”

“Secondo me è bellissimo essere toccati dal vento, sentire da dentro il ruvido della corteccia, toccare con le radici la terra umida, essere alti, avere un tronco lunghissimo che quasi tocca il cielo.”

Siamo in terza elementare, l’anno delle scoperte, quando il pensiero “scientifico” e quello magico convivono felicemente, ma ancora per poco; l’anno in cui la scrittura diventa espressione sempre più organizzata di riflessioni, sentimenti e immagini creative e personali.

In due libri che ho letto ultimamente, Educare al pensiero ecologico di Rosa Tiziana BrunoGiocare con la natura di Beba Restelli, ho appreso che alcuni studi sull’educazione ecologica hanno dimostrato che per sensibilizzare i bambini e i ragazzi al rispetto e alla cura dell’ambiente serve molto di più risvegliare in loro l’incanto e l’amore per la bellezza straordinaria della natura, che non insegnare quali siano i comportamenti corretti da tenere e quali siano da evitare, come invece accade a scuola, ancora molto spesso. Lo condivido totalmente.

Adesso lascerò il libro di Antje Damm in classe, tra i materiali a disposizione dei bambini. Chi vorrà prenderlo in mano, potrà farlo nel tempo del lavoro libero e autogestito. Magari in due o tre si scambieranno le loro opinioni. Non sarà tempo perso.

Cosa diventeremo, dunque? E quindi che persone diventeranno, questi bambini che hanno dentro pensieri così belli? Dobbiamo tenere acceso questo pensiero appassionato e la capacità di meravigliarsi. Dobbiamo fare in modo che la distanza tra i bambini e la natura non aumenti ulteriormente.

A scuola possiamo farlo in tanti modi: camminare in un bosco durante una gita, studiare le conchiglie portate dalle vacanze, giocare con le foglie, scoprire insieme cosa c’è dentro una carota, dipingere dal vero un’erbaccia, tenere in classe semi e cortecce da toccare, annusare e osservare con la lente, coltivare un mini-orto in vaso; e poi porsi grandi domande aperte, come queste, e provare a rispondere, pur sapendo che una risposta precisa non c’è. La domanda è già riflessione, pensiero, un primo passo verso il cambiamento, la scelta, la responsabilità di domani.