Disegnare con il bianco

[di Francesca Zoboli]

Quest’anno la mostra Le immagini della fantasia ha dedicato una sezione all’esposizione di tavole e libri dedicati all’arte. Alcune illustrazioni da me realizzate per i volumi della collana PiPPo, Occhio al mosaico e Bianco, sono state selezionate e per questo in seguito sono stata invitata a proporre alcuni laboratori all’interno della ricca serie di eventi che per alcuni mesi accompagna la mostra di Sarmede.

Kazimir Malevič, Quadrato bianco su fondo bianco, 1918.

Si è trattato di sviluppare 12 laboratori a partire dal libro Bianco, rivolti a bambini delle scuole dell’infanzia e ospitati da alcune biblioteche del territorio veneto. Tra le diverse proposte da me formulate a partire dal libro, la scelta di quasi tutte le biblioteche si è concentrata su quella che, ispirata al quadro di Malevič, Quadrato bianco su fondo bianco, suggeriva composizioni di carte bianche, eseguite con la tecnica del collage.

Jean-Etienne Liotard, La cioccolataia, 1774.

All’inizio, infatti, ho pensato di lavorare semplicemente così, usando principalmente forme geometriche astratte. Insomma, minimalismo totale. Poi, però, mi sono venuti dei dubbi, ero un po’ perplessa: non sarebbe stato noioso tutto quel bianco? Che poi, magari secondo i più triti stereotipi, ma i bambini adorano i colori, tanti e per di più vivacissimi. E che dire della fascia di età con cui avrei lavorato? Cinque anni, per me piccolissimi: in genere lavoro con bambini un po’ più grandicelli, quindi più abili anche manualmente… Iniziavo a preoccuparmi, e mi chiedevo con un po’ di ansia se sarei davvero riuscita a coinvolgerli in modo soddisfacente.

Barkley L. Hendrick, Steve, 1976.

Per farla breve, stavo capendo che il mio progetto era debole, e che avrei dovuto partire da un altro presupposto. Quale? Ci ho pensato su e mi sono detta che avrei cominciato dall’arte, per poi approdare al collage ma dandogli un senso, costruendo riferimenti ed esempi. Insomma, la sfida era puntare alto, usando un linguaggio molto semplice e senza farsi intimidire dalla giovane età.

Così, dopo aver ragionato e trovato la chiave giusta, ho raccolto alcune immagini di opere d'arte che facessero al caso mio, le ho caricate su una chiavetta, ho preparato la mia valigetta e sono partita per il mio tour di sei giorni.

La domanda di rito per rompere il ghiaccio è stata: «Ma voi usate il colore bianco per disegnare?». Occhi un po’ smarriti, molti NO. I più svelti rispondevano che il bianco non si può usare perché il foglio è già bianco, oppure sì, si può usare, ma sopra il cartoncino nero.

Paola Pivi, Interesting, 2006.

A questo punto eravamo pronti per la breve proiezione di immagini da me preparata per mostrare le qualità che può avere il colore bianco e come gli artisti hanno pensato di utilizzarlo nelle sue varie gradazioni per ritratti, paesaggi, oppure per enfatizzare il vuoto della tela. Insomma, una passeggiata nella storia dell’arte che si concludeva con l’allestimento di un artista che ha utilizzato animali bianchi, vivi, raccolti in una stanza. Niente nomi, niente date, solo attenzione al bianco. Gli occhi cominciavano già a sgranarsi…

E il momento era perfetto per introdurre Lui, ovvero il mio salvatore. Perché mentre mi tormentavo per trovare un’alternativa che mi liberasse dai cerchi/quadrati/croci dei suprematisti russi, minacciosissimi, dell’idea di partenza, a un certo punto ha fatto capolino una sontuosa natura morta di Giorgio Morandi. Quella era la soluzione!

Giorgio Morandi nel suo studio.

Giorgio Morandi, Natura morta, 1946.

In questo modo la nostra passeggiata nell’arte è proseguita, facendo la conoscenza di questo signore: un magnifico pittore che per tutta la vita ha dipinto bottiglie, quelle che trovava intorno a sé, che poi metteva sul tavolo per fargli il ritratto. Oggi si potrebbero trovare in quei quadri anche le bottiglie dell’acqua minerale, perché tutto può essere dipinto, e in fondo una caraffa è un parallelepipedo. Questo Morandi lo sapeva bene, e sapeva anche che le forme primarie della geometria stanno dietro ogni oggetto e che i colori - nel suo caso spesso crema, bianchi, panna -  si possono accostare con scarti di tonalità minime, dove basta un tocco di colore per accendere la composizione. Tra le immagini scelte mi soffermavo su una in particolare, un’incisione dove le forme delle bottiglie diventano buchi bianchi.

Giorgio Morandi, Natura morta, 1962.

 

Giorgio Morandi, Natura morta di vasi su un tavolo, 1931.

A questo punto l’interesse dei bambini era completamente acceso: si trattava solo di dar loro le informazioni pratiche che permettessero di mettersi all’opera.

Avevo preparato allo scopo una sorta di collana di carte, (fig carte) cioè un cordino con infilati tanti tipi di carte bianche, diverse per gradazione, consistenza, spessore, trasparenza in modo che oltre, alla vista, anche il tatto potesse servire a percepirne le caratteristiche materiche (e sottolineo che dopo essere passato tra le dita di quasi 200 bambini, dal delicato manufatto alla fine non si era staccato nemmeno un foglietto!).

Infine, prese le forbici, li ho invitati a pensare a una forma, magari aiutandosi con le immagini fotocopiate delle opere di Morandi che avevo portato loro, per poi tagliarla direttamente nella carta senza passare attraverso il disegno, facendogli osservare che, dopo il taglio, rimaneva un buco e che era possibile utilizzare anche quello per creare la composizione, proprio come avevamo visto nell’incisione di Morandi. Ciò detto, un ultimo trucco per fare vasi perfetti: piegare il foglio a metà, tagliarlo lungo il lato e poi aprirlo, scoprendo una forma simmetrica.

A questo punto l’entusiasmo era alle stelle e i piccoli erano pronti per l’esplorare il mondo delle carte bianche. Ah, unica concessione: un colore capace in mezzo al bianco di spiccare al massimo. Confesso che i risultati hanno strabiliato me per prima! ( fig 10/19)

Questa bellissima esperienza è stata possibile, oltre che grazie alla mostra Le immagini della Fantasia, anche grazie alla partecipazione delle bibliotecarie che mi hanno ospitato, persone che dedicano al proprio lavoro grande intelligenza ed energia. A cominciare da quelle di Montebelluna, una biblioteca grande, bellissima e attrezzatissima, ma anche quelle che operano in biblioteche più piccole, come Istrana, Altivole, Asolo. Insomma, ovunque stata accolta con calore e da una perfetta organizzazione.