Sulle tracce delle fiabe

Ed eccoci all’ultima novità di questo autunno: Addio Biancaneve, rilettura di Beatrice Alemagna della fiaba originale dei fratelli Grimm. In questa intervista Beatrice racconta da che lavoro sia nata e perché. Se per caso foste a Parigi o dintorni vi suggeriamo la mostra delle tavole originali del libro dal 23 novembre al 24 dicembre ospitata dalla galleria Arts Factory, 27 Rue de Charonne.

La copertina di Addio Biancaneve, di Beatrice Alemagna (edizione italiana Topipittori, 2021).

La nascita del libro Addio Biancaneve

Inizialmente questo lavoro non doveva essere visto. Questo progetto era segreto (ne ho diversi, all'anno, nel senso che intendevo solo rispondere a un bisogno viscerale di trovare un altro spazio creativo al di fuori della mia produzione di libri per bambini. Avevo un desiderio impellente di dipingere, di non lasciarmi più trasportare da una narrazione precisa, di sfuggire alla mia routine di disegnatrice per scavare nel profondo di me stessa. Per tre anni ho dipinto istintivamente, come un bambino che si tuffava nel suo Io più oscuro. Non ho fatto schizzi preparatori, ho semplicemente preso appunti nella mia testa, costruendo gradualmente il mio universo estetico. Rivendico assolutamente questa ingenuità. Questo desiderio di aggrapparmi all'infanzia che mi ha messo sulle tracce delle fiabe, totalmente imbevute di tragico e di meraviglioso.

I racconti classici sono infantili senza esserlo. Hanno questa qualità e questo dualismo proprio dell'infanzia di essere ingenui e terribili allo stesso tempo. Primari e profondi. Ingenui e violenti. C'è questo tipo di brutalità, violenza, questo lato terreno e molto oscuro che mi interessava esplorare completamente. La Biancaneve dei fratelli Grimm non ha nulla a che fare con la versione annacquata di quella di Disney. Non ci sono nani simpatici, nessun bacio salva-principessa, nessuna candida eroina. Ma una regina consumata dalla sofferenza, dal dolore e la terribile la vendetta di Biancaneve che condanna la regina madre a morire ballando davanti ai suoi invitati. La violenza di questa morte indecente e spettacolare mi ha toccata molto. Quello che Disney ha fatto di questa figura sofferente, condannata a essere una strega per sempre, mi è sembrato grottesco e profondamente fuori luogo. Nella storia reale, la vittima e il carnefice si fondono e confondono. Nel racconto originario di Biancaneve mi è sembrata espressa tutta la soggettività dell'essere umano e questa soggettività mi ha portata a schierarmi dalla parte della regina caduta. Un "io" narrativo che parla di compassione e che mi è sembrato confortante.

Perché proprio questo racconto?

Ci sono capitata un po' per caso, in un mercatino delle pulci, aprendo un vecchio libro polveroso, illustrato da incisioni semplici e splendide. Subito mi è sembrato uno straordinario punto di partenza per andare verso un altrove sconosciuto e anche portatore di mistero e fascino, per me. Ci ho scoperto dentro un simbolismo primordiale e primitivo: quello della donna e della sua incapacità di invecchiare.

Perché questa scelta di raccontare dall'interno ciò che ha vissuto la regina gelosa?

È stata una scelta naturale per me. Questa regina mi è apparsa subito come una figura moderna. Negli addii di questa donna che piange la sua giovinezza e la sua bellezza, ci sono i tormenti di un essere perfettamente moderno che non riesce a trovare il suo posto, costretta a rispettare i diktat della società. Investendo questo testo con i miei sentimenti, mettendo in scena questo dramma, sono riuscita a concedermi il diritto di dipingere, che era in me un'esigenza profonda e antica. È un libro intriso di qualcosa che mi si scioglieva e scorreva dentro. Come le lacrime, il sudore o il sangue: colate dolorose che simboleggiano però la vita. In questo modo ho tentato di avvicinarmi all'immagine della femminilità. Così come possiamo vedere delle vulve-fiori nei quadri della camera da letto dei nani, dei seni-montagna, dei lacci-serpenti.

Non mi interessava analizzare questo mio lavoro più di tanto. Mi piace la semplicità dello sguardo che scelto: ho volontariamente deciso di mantenere un candore infantile nel mio approccio a queste immagini, nonostante l'apparenza diversamente adulta dei disegni.

Il processo di creazione artistica: l'immagine è stata la fonte del testo?

L'immagine è nata molto prima del testo. La necessità del grande formato, dell'olio con le sue possibilità di strati e sovrapposizioni, e anche dimenticarmi del vincolo narrativ della sequenza. Le immagini si sono collegate tra loro solo casualmente, alla fine del progetto. All'inizio erano tavole separate, senza alcun collegamento apparente.

Sono sempre stata attenta a cercare di non ridurre le mie parole, i miei soggetti e soprattutto le mie immagini alle dimensioni del bambino. Questa idea di espandere lo spazio è un'idea che mi sta molto a cuore. Per questo libro, inizialmente non ho considerato i bambini: non erano il mio pubblico. Ma ancora una volta, non c'era pubblico davanti a me. Dipingevo per il mio bisogno di respiro e di incursione in un altrove. Poi ho ammorbidito alcune rappresentazioni per restare in un territorio cupo ma senza terrorizzare. Penso che a tutti i bambini piaccia avere paura. Quando ero piccola, provavo questo fascino speciale per tutto ciò che era spaventoso, scoraggiante, terribile. Penso a Barbablù, all'adattamento cinematografico di Pinocchio di Comencini, o alla miseria di certe fatiscenti scenografie teatrali o circensi che ho conosciuto e che sono rimaste impresse nella mia immaginazione. Infine, ma non per importanza, quando ho capito che il libro sarebbe stato pubblicato e che sarebbe stato promosso da una casa editrice per ragazzi (La partie, di Béatrice Vincent), ho tenuto a volutamente non considerare l'attuale mercato editoriale internazionale. Non c'è dubbio che tanto più perché stiamo attraversando un periodo storico doloroso, i libri per bambini siano gradualmente considerati sempre più come necessari oggetti di svago e divertimento. Risate e leggerezza diventano una sorta di costrizione editoriale alla quale ogni autore moderno è confrontato. Tuttavia, un libro gratuitamente leggero, troppo lontano dal senso della realtà, può essere percepito ai miei occhi, a volte, come una bugia profondamente insopportabile.

Le influenze pittoriche

Ce ne sono state molte. L'arte popolare siciliana, russa e scandinava; molti pittori e scultori naif (Bill Traylor, Douanier Rousseau, Robert Coutelas, Klara Kristalova, tra i primi a cui penso); pittori surrealisti e figurativi (Jeronimus Bosch, Philippe Guston, Musa McKim, Marguerite Zorach e Frida Khalo, ovviamente); la pittura infantile e autodidatta; i paper-cut (tipici di una certa arte popolare americana o dalle sagome di Hans Christian Andersen) e vari pittori e incisori tedeschi (Lothar Vends, Norbert Schwontkowski, Otto Dix).


Le tavole originali di Addio Biancaneve sono in mostra a Parigi dal 23 novembre al 24 dicembre 2021 presso la Galerie Arts Factory (27 Rue de Charonne).