Si può non

Negli ultimi decenni,al progressivo deteriorarsi dell'autorità genitoriale si è accompagnatoil prosperare di una vera e propria cuccagna manualistica finalizzata ainsegnare a padri e madri l'importanza dell'impartire regole, divietie sanzioni ai propri figli: dal celebre I no che aiutano acrescere a Digli di no. Falloper lui!, da Se mi vuoi bene, dimmi noa Le regole che fanno crescere a I sìche aiutano a crescere a I bambini hanno bisognodi regole ecc. L'impressione generale, in tutto questo,guardandosi intorno, e al di là di quanti sì e no ai bambini debbanoessere, giustamente, detti, è che gli adulti, in generale, abbianoidee molto confuse in merito a cosa sia una regola e a cosa serva, acosa significhino autonomia, libertà e responsabilità.
Laquestione non è banale: andando al nocciolo, non si tratta di stabilireformule magiche che facciano sopravvivere alla minore età delle nuovegenerazioni, ma di riflettere su diritti e doveri, giusto e sbagliato,rispetto di sé e del prossimo, libertà, capacità di operare scelte,relazione fra collettività e individuo.

In una parola, laquestione in ballo è quella, niente meno, del libero arbitrio che è allabase dell'etica. Ed è per questo che i manuali, seppur spavaldamentefiduciosi nel potere dell'individuo di costruire se stesso come unmobiletto dell'Ikea (con un incomprensibile libretto di istruzioniin dodici lingue), a volte danno l'impressione di avere una funzionepiù tranquillizzante che sostanziale, lasciando grandi e piccoli,genitori e figli in balia di questioni fondamentalmente irrisolte, ein una confusione che anche semplicemente nella vita di tutti i giornipuò avere conseguenze significative.
Per non sottovalutarela portata del problema e la qualità delle risposte, varrebbe semprela pena ricordare che sono più di diecimila anni che gli esseri umani,attraverso filosofie, religioni, scienze e letterature, ci discutonosu e continuano a farlo tutt'ora. Perché di una cosa possiamo esserecerti: non ci sono risultati acquisiti definitivamente in questo ambito:la storia non ci garantisce niente, è un flusso di eventi incontinuo cambiamento in cui tutto è costantemente rimessoin discussione, e per questo l'eredità culturale da unagenerazione all'altra va rinnovata e ricostruita costantemente,pena il suo decadimento.

Dettoquesto, per non perdersi d'animo di fronte a questioni tanto complesse,va considerato che se il problema del libero arbitrio è un problemasquisitamente umano, noi siamo esseri umani, quindi, teoricamente,all'altezza del compito. Importante è non pensare di risolvere questionirilevanti prendendo scorciatoie, e impegnarsi a trovare buone risposte,che sono quelle che i bambini chiedono, con la consapevolezza chenon saranno magari definitive, e che si potranno correggere col tempo,l'ascolto e le esperienze, soprattutto se si è in loro compagnia. Perchénon credo esista una compagnia migliore per riflettere su tutto ciò,della loro. Primo perché i bambini spesso sono più allegri e vispidella gran parte degli adulti e, secondo, perché, come hanno affermato ipiù importanti pedagoghi della storia, da Jean Jacques Rousseau a MariaMontessori, possiedono una profonda capacità di riflessione sulle grandiquestioni, un vivo senso della giustizia e in questo senso sono in gradodi insegnare molto a chi sta loro vicino.



Tutto ciò, a preambolo di un libro chedal mio punto di vista appare come una versione evoluta dei vecchimanuali di buon comportamento. O, meglio, una via di mezzo fraquesto e un manuale di educazione civica. Perché, in effetti, sedell'educazione non si vuol fare unicamente una faccenda (pur dotatadi una sua ragione d'essere) di collocazione di cucchiai, tovagliolie posti a tavola, sempre si finisce nel campo delle regole chedisciplinano la vita della collettività, e in quello della relazionefra individuo e organismo sociale.
A questi temi GiusiQuarenghi dedica una riflessione interessantededicata ai piccoli, dal titolo, molto significativo, di Sipuò, che così principia:

Non sempre si può - ma a volte si deve -

fare quello che salta in mente.

Non sempre si deve - ma a volte si può 
-
fare non come dice la gente.



Si può anche non volere

non dovere, non potere.

Nonriuscire a fare questo

ma esserecapaci di fare quello.

Essere nédi meno, né di più

esserecome sei tu.

Attraversoun uso delle parole che precipita il lettore in mediasres e ribalta il consueto punto di vista, la questione è presadi petto. Rivolgendosi ai bambini, la voce che qui parla, forte e chiara,introduce un concetto nuovo: si può fare non. Unconcetto dirompente, che cambia le carte in tavola.
perché laprima conseguenza dell'introduzione di questo concetto, è che il divietosmette di essere una imposizione decisa al di fuori della nostra sfera,e ineluttabile, per ricadere invece nel dominio della libera scelta. Einfatti, qualche riga più sotto, l'autrice afferma che si puòanche non volere, non dovere, non potere. In un contesto,come il nostro, in cui la progressiva ineducazione, prima ancorache maleducazione, va di pari passo a un progressivo conformismo,si tratta di una indicazione importante. Perché le due cose sonofortemente legate.

Il fascinodella trasgressione per i bambini, per i ragazzi sta nell'andare contro,più che a una norma, a un divieto, espresso dalla più familiaree odiata delle espressioni: non si può. Ma seutilizziamo queste tre parole riconsiderandone l'ordine, la prospettivamuta completamente e davanti a noi si apre il campo aperto della libertà,con tutte le sue possibilità. Ogni cosa, allora, capiamo improvvisamente,non dipende più da quello che una voce esterna ci dice che dobbiamoessere o non essere, fare o non fare, ma da noi, da quello che per noidecidiamo, da quello che vogliamo (mi viene in mente la risposta che unbambino di una scuola Montessori diede a una signora in visita, la quale,perplessa, osservava che i bambini lì facevano “tutto quello chevolevano”: “Noi non facciamo tutto quello che vogliamo, noi vogliamoquello facciamo”). Basta una semplice inversione fra verbo e negazione,e diventiamo responsabili dei nostri gesti e dei nostri pensieri, ce neassumiamo le conseguenze.

Cosa sono le cose che si possononon fare? Moltissime. Le cose che sipossono non fare sono come igiorni di non compleanno, a stare ad Alice e alle sue cronacheda Dietro lo specchio,ma anche da Wonderland: sono più di 364, sono tutti i giorni di unavita (come ci insegna da sempre la poesia, per esempio nelle parole diWisława Szymborska in Disattenzione, quandoci invita all'unico vero dovere che abbiamo verso noi stessi: quello diessere noi nel mondo, e non solo in noi stessi o nel mondo). E il paragonenon è a effetto. Il dominio della libertà e quello delle parole,hanno molto in comune: cambiare una regola consolidata, che normi uncomportamento o una frase, può voler dire fare una rivoluzione. Alicesi trova per la prima volta a riflettere sul significato delle cosequando precipita in un mondo che usa le parole in modo diverso dalsuo, e di cui non coglie la logica, e quindi il senso. E comincia perquesto a riflettere su ciò che ha sempre dato per acquisito. In questorivedere costantemente il proprio punto di vista, in questo prenderele proprie misure in un confronto accettato con quelle del mondo, sta,appunto, il processo della crescita.

GiusiQuarenghi nel suo libro invita i bambini a compiere un viaggio analogo;li esorta a precipitare in un equivalente della tana del bianconiglio,a scivolare dietro lo specchio. Un percorso nella sostanza dellalibertà che solo può portare a crescere, e che non si risolve inuna opposizione statica e asfittica fra permesso e divieto, ma faappello ai desideri profondi dell'individuo, alla sua necessità didifferenziazione e di relazione, al suo bisogno di Sé e al suo bisognodell'Altro.
C'è tanto “mondo” in questo testo: la pelledei fichi, i mucchi di foglie secche, la febbre, i muretti, i cachi ei bruchi, il vomito, le pozzanghere, i gechi, la pioggia, il pane, leortiche, le formiche, le mani, i piedi, la neve fresca, l'influenza,le rane, la luna, i rami, l'erba, il vento, le ombre, le stelle... Ec'è anche tanto “sé”, espresso nel momento dell'essere: l'averee il non avere paura, l'avere e il non avere schifo, il guardare, ilvedere, il parlare, il provare, l'arrivare, l'ascoltare, il dondolare,l'annoiarsi, lo sbagliare, il non dare la colpa, il non voler fare pace,il rincorrere, il sopportare, l'arrampicarsi, il capire, l'arrossire,il brontolare, il non dormire, il ridere, il pensare, il carezzare,il tirare dritto, lo star soli, il non andare d'accordo, l'osservare,il raccontare...

Unavarietà di esperienze e di fenomeni che costringe il lettore adallargare l'orizzonte dello sguardo nel pensare alla libertà. E chesposta il discorso delle regole a quello, tout court,della vita e dell'interesse che proviamo, nel viverla, a trovarne,appassionatamente, il senso. Che poi è l'orizzonte largo, larghissimoin cui i bambini sono immersi e dentro il quale va a cadere ilsenso di quel che accade loro e quello delle loro azioni. Ridurre il discorso della libertà, dei dirittie dei doveri, all'ambito ristretto di una casa, di unafamiglia, di un ambito parentale, di una classe, di approvazionie disapprovazioni, di gratificazioni e frustrazioni, di premi ecastighi, ci dice Giusi Quarenghi, è fare loro un torto. Un tortoimmenso.
A questa mancanza di prospettiva e di significatonell'educare viene il sospetto si debba attribuire quel tragicoerrore tanto spesso commesso di interpretare l'essere bambini peruna malattia incomprensibile, ingestibile.

Chi è vivo può ammalarsi, 

disturbare, preoccupare...

Niente pillole per favore

non corriamo dal dottore.

In questo senso sono certa che la lettura di questo libro oltreche ai bambini, sarà proficua anche agli adulti, come lo è quelladi ogni albo illustrato di valore.
Chiedo scusa ad Alessandro Sanna,autore delle illustrazioni del libro, per avere parlato solo del testodi Giusi Quarenghi. Lo so: a proposito di un libro illustrato nonsi fa. Ma il tema trattato e il modo con cui lo è stato, mi stavanoparticolarmente a cuore. Per questo ho esaurito tutto lo spazio. Di buonoc'è che le illustrazioni hanno una tale visibilità che mi affido allaloro forza e alla perspicacia e all'occhio acuto dei nostri lettori perla loro lettura.
(gz)

Graziea Franco Cosimo Panini Ragazzi per averci messo a disposizionele immagini del libro.