Io sono pieno di ciò che ho e di ciò che non ho

[di Monica Bisi]

A scuola discutiamo intorno ai libri, o meglio, a partire dai libri. Ci sono libri che hanno la forza di un pulcino che sa smuovere montagne. Sino a dove giungano non si sa: credo possano essere come la goccia che scava la roccia. Così è per Pieno Vuoto di Cristina Bellemo e Liuna Virardi, edito da Topipittori. Il signor Pieno e il signor Vuoto si incontrano, ognuno con le sue caratteristiche di forza e fragilità, nero e bianco. Ma cosa può accadere se ciascuno dona all’altro qualcosa di sé? Dopo aver letto insieme il libro, ho chiesto ai bambini di dire se loro si sentissero più pieni o vuoti.

Prove di copertina per Pieno e vuoto

Mi hanno risposto: «Dipende». N., per esempio, ha detto di sentirsi pieno di emozioni e di non riuscire a dire niente. In tanti percepiscono il vuoto quando si annoiano, ma la noia per K. diventa la possibilità di inventare giochi dal nulla. Per qualcun altro diventa “forza distruttiva” stile “uragano”. Ma c’è noia e noia. In fila per entrare allo stadio, la noia è carica dell’attesa della partita, perciò viva la noia. In macchina in un parcheggio mentre il papà parla, parla, o in fila al supermercato, la noia non è così simpatica… Il discorso si è allargato molto, è stato come gettare un sasso in uno stagno e da lì seguire i cerchi concentrici che si formano. Pieno di cosa? Vuoto di cosa? E la solitudine? F. dice che se scegli tu la solitudine, ti fa stare bene, ma se ti è imposta, ti fa male. P. sostiene che se si è rinchiusi, senza libertà, la solitudine è essa stessa prigione; diverso è se si è liberi. M. dice che c’è una stanza chiusa in casa in cui da sola non entrerebbe mai.

A questo punto erano talmente ampi gli argomenti affrontati, e i bambini erano così coinvolti, che ho deciso di dedicare ulteriore tempo all’approfondimento delle loro riflessioni. Siamo in classe quinta e abbiamo un quaderno dedicato alla poesia di formato piccolo, maneggevole. È un luogo fisico in cui i bambini possono dare spazio all'ascolto interiore. Ed è qui che ciascuno ha dato autonomamente sviluppo ai seguenti stimoli: “Io sono pieno di …”, “Io sono vuoto di …”. Chi lo desiderava, inoltre, poteva riflettere su altre parole chiave emerse nelle discussione; in particolare, la noia.

IO SONO PIENO, IO SONO VUOTO

La dicotomia nero/bianco, vuoto/pieno, tra i bambini non ha connotazioni così nette. Sono emersi punti di vista diversi e unici. Per qualcuno il vuoto rappresenta la solitudine, ma non tutti la temono. Per qualcuno è desiderata, ricercata, persino bella.

Allo stesso modo, per alcuni il vuoto è leggerezza. Il pieno è rappresentato dalle parole, come “il mare di prima estate”. Vuoto e pieno donano entrambi benessere.

 

P. sostiene: “Io sono pieno di ciò che ho e di ciò che non ho”.

E ancora: “Ciò che non trovo nel vuoto, non lo trovo neanche nel pieno”.

“Io sono pieno quando vado controcorrente”.

 

L., piena di sbagli, canzoni, decisioni, stelle, pensieri, domande, battute, poesie, è vuota di cose, di persone, di mare, di temperino e di fine.

S., piena di felicità, vive in un mondo di curiosità ed è ella stessa piena di fantasia e di idee, cosa che la rende estremamente gioiosa. F. vive in una casa di sogni.

A volte, qualcuno si sente vuoto di idee, ma pieno di colori.

Qualcun altro dice di essere pieno di storie da raccontare (e lo scrive su un pezzettino piccolo piccolo di carta).

C’è anche chi dichiara di essere vuota di “SO GIA’ TUTTO” perché è curiosa,

e chi si sente piena quando salta sul letto,

e chi quando è in compagnia degli amici.

Scrive A:

“Io mi sento pieno quando

il vento soffia nel mondo

Quando un fiore sboccia

Quando un albero cresce

E quando le stelle illuminano

La mia strada”.

A N. lo sport dà sensazioni di pienezza e forza.

Ma la casa è il luogo in cui finalmente dare spazio ai pensieri, e ritrovare la solitudine.

SIAMO DUE SFUMATURE DELLO STESSO COLORE

Così come non esistono dicotomie assolute, così alcuni bambini comprendono che in fondo “Siamo due sfumature dello stesso colore”, “Io e te insieme l’universo creiamo”, “Siamo due cuori di gomma piuma”,

 

LA NOIA

In connessione al vuoto, un argomento che si è dimostrato una chiave importante è stata la noia.

“In questo disegno ho rappresentato la noia. Come si può notare, è piena.

Secondo me essere in una stanza annoiati è come essere schiacciati dalla pressione di 300 litri d’acqua. Dentro la noia trovo l’ansia, ma anche la calma. La noia è palesemente astratta”, scrive P.

“Quando mi annoio, penso a cosa ho fatto nella giornata. A volte gioco con i peluche, ma so che io non capirò mai cos’è la noia”, afferma K.

Alcuni bambini rappresentano la noia come qualcosa di estremamente negativo, da cui fuggire. Una sorta di caduta, come per I.

Altri vi vedono in fondo dei colori.

“La signora Noia è una di quelle persone che si annoiano con tante cose. Le sue sorelle sono Felicità e Armonia e la mamma e il papà sono Rabbia e Nostalgia”: N. la rappresenta così.

Contrariamente a tutti gli altri, scrive S.: “Quando mi annoio, tutti i pezzi si incastrano e formano qualcosa di bellissimo”. E infine qualcuno chiarisce che esiste la gioia “piena”.

Mi è venuta in mente la poesia La noia di Pierluigi Cappello, tratta da Ogni goccia balla il tango, BUR Rizzoli ragazzi:

“Una volta ogni bambino

con la pioggia si annoiava

ed il tempo malandrino

rallentava e si fermava:

i secondi andavan lenti

come in groppa a un lumacone,

i minuti eran prudenti

quanto un vecchio col bastone,

come stanche tartarughe

camminavano le ore

e crescevano le rughe

sulla faccia del torpore.

Stare a casa mentre piove

non è affare di bambini:

l’aspra noia non si smuove,

è un macigno con gli uncini.

Ma poi ecco all’improvviso

che quel giorno spento e stinto

dava vita ad ogni viso

e la gioia aveva vinto.

Una scatola di scarpe

diventava un bel fortino,

un gomitolo di sciarpe

un turbante levantino,

un cuscino come scudo

ed un mestolo per spada

e il bambino seminudo

era un capo di masnada.

Pochi oggetti, poche cose

ma ben dentro i giorni spenti

rinascevano le rose

dando luce ai quattro venti,

chè la figlia della noia

manda via malinconia:

lei è bella, lei è una gioia,

lei si chiama fantasia.

Le riflessioni qui riportate sono solo una parte di quanto esposto dai bambini; mi piacerebbe che questo breve testo dimostrasse quanto profonda e infinita sia la loro interiorità e, allo stesso tempo, quanto noi adulti siamo responsabili di mostrare loro la necessaria coesistenza di tanti punti di vista diversi, anche e soprattutto, dal punto di vista esistenziale. In questo compito alcuni libri ci possono aiutare.