[di Giovanna Zoboli]
È bastata qualche settimana in libreria e siamo già in ristampa. Il nuovo albo di Beatrice Alemagna: Manco per sogno, delizioso racconto su un primo giorno di scuola decisamente fuori dagli schemi, è un grande successo.
Mai si era vista una Beatrice così scanzonata e allegra. La sua pipistrellina Pasqualina, dedicata alla piccola Mimi “che ha imparato ad andare scuola da sola”, come si legge nella dedica, è una emanazione di pura gioia, una figlia della ridarola, uno sconquasso di umorismo. La vediamo in copertina, appesa a un ramo, e subito viene in mente un’altra figlia della gioia: la Lotta combinaguai della Lindgren, in copertina a testa in giù, illustrata da Beatrice per Mondadori.
Pasqualina sta benissimo, come tutti i bambini, nella sua produttiva e fertile ignoranza: ce lo mostrano i risguardi che la ritraggono in molteplici posture, affaccendata nelle attività più disparate e in tutte concentratissima: disegnare, piangere disperatamente, innamorarsi di un peluche, fare la verticale, pescare in un catino, inscenare uno spettacolino per bambole, guardare la neve che cade, molestare formiche eccetera.
I risguardi e il frontespizio di Manco per sogno, di Beatrice Alemagna (Topipittori, 2021).
Tuttavia, come la vita impone, allo scoccare di una certa ora, come per tutti anche per lei, beata nella sua confortevole casa-albero, arriva il momento della scuola. A nulla valgono le ovvie (e inevitabili) esortazioni di papà e mamma pipistrello: “Ci andrai come tutti”, “Imparerai un mucchio di cose”, “Ti farai un sacco di amici”... Un rotondissimo MANCO PER SOGNO è la risposta di Pasqualina che se ne impipa del buon esempio offerto da una ubbidiente fila di piccoli bruchi, scoiattoli e ricci che affrontano con diligenza i propri doveri scolastici. Ma per uno di quei rovesciamenti improvvisi di sorte tanto auspicati dai bambini nei momenti di difficoltà, la bocca-voragine con cui Pasqualina urla il suo diniego, produce un sortilegio. Quale non ve lo riveliamo (per quei pochi che ancora non lo sapessero), perché vi rovineremmo il piacere della lettura.
Vi basti sapere che questo cambio di prospettiva farà sì che Pasqualina entri baldanzosa nella scuola-albero, in mezzo a frotte di pipistrellini inconsolabili e lacrimanti.
Alcune tavole da Manco per sogno.
La scuola per pipistrelli immaginata da Beatrice Alemagna è pura delizia: si canta tutti insieme Fra Martino Campanaro, si osano primi svolazzi, si pranza su scarlatti tavolini-fungo, si schiaccia il pisolino post prandiale tutti belli appesi a un ramo a testa in giù e, infine, stanchi e paghi di averla scampata, si torna a casa. Un ritorno che non promette una soluzione, non garantisce una formula che serva per sempre a scongiurare le bizze e i manco per sogno che costellano la vita di noi tutti, che si sia grandi o piccoli. I risguardi, non per niente, ci ripropongono Pasqualina indaffarata e concentratissima a fare esattamente quel che faceva prima: disegnare, piangere disperatamente, innamorarsi di un peluche, fare la verticale, pescare in un catino, inscenare uno spettacolino per bambole, guardare la neve che cade, molestare formiche eccetera.
Pasqualina e i suoi genitori fanno molto ridere, ma anche molto pensare. Soprattutto fanno venire in mente tanti giovani genitori che ogni giorno imparano dai loro bambini la pazza lezione dell’imprevedibilissimo accadere dell’imprevedibile che scompagina ogni aspettativa, ogni tentativo di costruire la sicurezza nell’abitudine, e dichiara che la vita è bella proprio perché sa cambiare di prospettiva, e che nei cambiamenti si scopre anche che ci si può capire meglio, affezionare e star bene persino più di prima.
Beatrice Alemagna, sempre più padrona del proprio segno e sciolta nell’usarlo, sempre più divertita e ammirata dalla meravigliosa imperfezione dell’infanzia, costruisce un racconto visivo spigliatissimo, irriverente, dove ogni forma sembra sul punto di mutare, disfarsi, traballare, alterarsi, ogni movimento sembra sconfinare in una danza di allegrezza buffa e scomposta, ogni fisionomia sembra ricondurre la poetica stantia e pervasiva dell’unicità ("sei straordinario, speciale, irripetibile") - a un irresistibile e ridicolissimo campionario di esseri strambi, orecchiuti, nasuti, capovolti, spelacchiati, ammaccati e scaleni.
Del resto, i bambini, che appartengono davvero a questo vortice di stranezze, proprio per questo vanno pazzi per i suoi libri.