Tutti sotto lo stesso cielo

[di Silvia Vecchini]

Il cielo visto dal Masetto di Giulia Mirandola e Gianni Mittempergher (Trentino). Fotografia di Claudia Corrent.

Mentre mi laureavo in Lettere a Perugia con una tesi sulla poesia di Primo Levi, ho iniziato a collaborare con alcune case editrici pubblicando libri per bambini e ragazzi. Nello stesso periodo è nata la mia prima bambina. Non ho mai pensato all’insegnamento e ho continuato a scrivere. Mentre i miei bambini erano ancora piccoli, per passione ma molto lentamente, ho ricominciato a studiare scegliendo Scienze Religiose. Nel frattempo, nella mia parrocchia, portavo avanti un piccolo progetto dedicato ai bambini dai 2 ai 5 anni. Ci vedevamo una volta al mese e leggevamo storie, racconti biblici e libri illustrati.

Per loro costruivo cose e preparavo piccole sorprese.

Lo scorso anno mi sono laureata con una tesi sulla dimensione spirituale del bambino e sulle risorse che l’albo illustrato può offrire in questo ambito così sottile, profondo, ricco, sorprendente. Dalla tesi sono nati due corsi che ho tenuto presso la libreria Spazio B**K di Milano che hanno avuto per titolo Una frescura al centro del petto. Albi illustrati e dimensione spirituale. Mettersi in ricerca insieme ai bambini e alle figure.

Così, quando a novembre mi è stata proposta una sostituzione per l’ora di religione alla Scuola Primaria ho pensato di accettare. Da oltre 15 anni giro per le scuole in un’altra veste, quella di autrice di libri e storie per bambini e ragazzi, quella di scrittrice con la quale i bambini possono scrivere durante laboratori, fare domande durante incontri aperti. Questa volta era diverso: tanti bambini da incontrare ma non per una volta soltanto. Per un pezzettino di strada insieme. Prime, seconde, terze, quarte, quinte. Una scuola grande, altre due minuscole, in mezzo alla campagna. Ho accettato perché per me significa andare a vedere se quello che ho intuito frequentando tanti bambini e scrivendo insieme a loro ha davvero un senso e soprattutto per cercare di capire perché mi affascini tanto questo aspetto. Nella mia tesi ho studiato il catalogo laico della casa editrice Topipittori riflettendo su quanto, al di là delle credenze personali, sia importante dare spazio alle domande e al sentire dei bambini rispetto questa dimensione. Non voglio entrare nello specifico dell’ora di religione, ma mi sento di dire che questo spazio in cui si può discutere e approfondire temi che riguardano la vita, la morte, la bellezza, la giustizia, la libertà, i simboli, le religioni del mondo, il messaggio del cristianesimo, lasciar correre la mente e i pensieri su questioni grandi e sconfinate, può essere una grande occasione di incontro e crescita.

Nelle scuole dove sono stata, c’erano bambini che non si avvalevano di questo insegnamento - che è opzionale - e che lasciavano l’aula. Spesso, rientrando, ci raccontavano cosa avevano fatto e noi dicevamo di che cosa avevamo parlato. C’erano bambini stranieri che restavano, diversi bambini cristiani ortodossi o bambini italiani senza nessuna pratica e credenza nella loro famiglia che però partecipavano all’ora di religione, che non è confessionale. L’insegnante insomma deve tenere conto di una grande varietà, cioè di una delle cose più straordinarie che ancora oggi la scuola permette ai bambini di incontrare. Essendo la mia una presenza temporanea, ho pensato di costruire per alcune classi un piccolo percorso che potesse lasciare un senso e che questo senso fosse di grande apertura, direi vastità.

Ho scelto il cielo.

Foto di Marco Bonatti.

Mi sono presentata leggendo un albo che porto spesso ai bambini: A che pensi? di Laurent Moreau (Orecchio Acerbo). Tra le pagine di questo libro si scoprono i pensieri dei personaggi e si capisce che «ognuno ha i suoi pensieri, pesanti o leggeri».

Illustrazione di Laurent Moreau.

Abbiamo riflettuto sui nostri pensieri, li abbiamo disegnanti, abbiamo stilato un elenco di aggettivi per i nostri pensieri e ci siamo soffermati su grandi. Grandi pensieri. Sì, perché nei disegni ne era già spuntato qualcuno e tutti i bambini lo avevano riconosciuto. Ricordo il disegno di una bambina che, dietro la finestrella sua cui aveva disegnato il suo volto, ha fatto il ritratto della nonna con vicino un braccialetto. In quel momento, seduta sul suo banco a scuola, A. stava pensando alla nonna che aveva perso ma che le aveva lasciato un braccialetto perché si ricordasse di lei. Nella conversazione che è seguita abbiamo capito che i pensieri possono andare molto, molto lontano e possono riguardare il mistero della vita.

Il secondo libro che ho letto una raccolta di poesie di Alessandro Riccioni illustrate da Alicia Baladan: Cielo bambino (Topipittori).

L’alba, il tramonto, il cielo di notte: un libro geniale, dedicato al più grande spettacolo che ci corre sopra la testa ogni giorno e che raramente ci fermiamo a guardare. Abbiamo letto insieme alcuni testi e li abbiamo trascritti sul quaderno.

Poi ho assegnato loro un compito per casa: osservare per dieci minuti il cielo e poi scrivere i propri pensieri. Avevano tempo una settimana. Dovevano scegliere un’ora del giorno, un luogo, una condizione del cielo. E scrivere liberamente.

Sotto il cielo i bambini hanno scritto. Hanno visto che il cielo diventa uno specchio, o meglio i nostri pensieri si fanno condizionare dalla faccia del cielo. Sereno, inquieto, minaccioso, luminoso. Sotto il cielo i bambini hanno soprattutto sperimentato che i pensieri si fanno più grandi, hanno voglia di conoscere. Vanno nel passato, corrono avanti nel futuro. A volte cambiano repentinamente, sono mobili, mutevoli come le nuvole e la luce. Sotto il cielo i bambini si sentono piccoli e forti allo stesso tempo. Sotto il cielo i bambini si fanno delle domande e pensano alla vita e alla morte.

Fotografia di Marco Bonatti.

Sono quasi cento testi quelli raccolti. Ne trascrivo alcuni separandoli con un asterisco. A mio avviso sono uno più interessante dell’altro, anche perché ho chiesto di scrivere di getto. Per qualcuno è stato troppo forte quello che ha scritto e ha coperto il testo con il bianchetto. Poi ci ha ripensato e ha fatto uscire di nuovo le lettere da una fitta nebbia.

Il cielo è come un mare

come cento persone che mi guardano

quando c’è il tramonto mi fai felice

quando piove mi fai triste

quando ci sono i lampi

mi fai impaurire.

Fotografia di Marco Bonatti.

Ha appena piovuto, c’è la nebbia.

I miei pensieri sono: se da grande voglio fare un lavoro fuori, con questo tempo come lo faccio? Penso agli islandesi che anche se c’è la nebbia possono fare il bagno e noi vogliamo giocare fuori, stiamo a vedere il brutto tempo attaccati ai termosifoni.


*

Ho osservato il cielo quando il sole ha iniziato a tramontare ed era variopinto con l’arancione e il giallo e c’erano nuvole intorno al sole. C’era il vento abbastanza forte che trasportava le foglie e uccelli che volavano. Io ho provato una sensazione di pace e tranquillità e ho pensato tantissime domande nella mia mente tipo se esistono gli alieni ma purtroppo nessuno lo sa.

Fotografia di Marco Bonatti.

Al tramonto

la luna

minuto dopo minuto

si sposta

e cominciano ad apparire

le prime stelle


*

Ho osservato il cielo di sera, mi chiedo: Chissà quante stelle ci sono? Mi chiedo se tutti i bambini del mondo le possono vedere, Quanto è alto il cielo, Quanto sarà grande il cielo. Da quanto buio c’era avevo paura.

*


È sera, osservo il cielo, questo cielo grigio che mi mette molta tristezza e mi riporta alla mente la morte di mia zia. Le stelle sono alte, in cielo, ognuna assomiglia a un piccolo sole che accompagna la luna in una lunga scalinata nera.

Mi immagino mia zia che insieme alla luna percorre la lunga scalinata, rivedo il suo volto e improvvisamente la tristezza si trasforma in speranza: la speranza di sapere che lei è comunque con me e ci sarà sempre. Anche se non è facile accettare che lei non è più con me fisicamente, cerco di farmi forza perché so che dal cielo può vedermi.


*

Fuori il buio regna nel cielo

l’oscurità, un mantello nero.

Tutto ormai non ha più luce

e il mondo tace nell’oscura caverna.

L’oscurità non ha più confine

tempera nera sul cielo infinito.

Tutto è immobile

i colori pian piano svaniscono,

una botola nel cielo.

Chissà perché esiste il buio?

Non si sa, è un mistero.

Tristezza e felicità disperse nel cielo

il mistero è svelato,

tutto è più vero.




Quando abbiamo condiviso in classe i loro testi sono stati momenti emozionanti per tutti. Qualcuno ha scritto in versi, spontaneamente. Qualcuno ha voluto che leggessi io, qualcuno ha letto ad alta voce dritto in piedi. Alcuni avevano domande su altri pianeti, su esseri extraterrestri. Giusto. Sull’origine del mondo. Giusto anche questo. Volevano tornare indietro fino all’inizio del tempo e parlare della creazione. Hanno raccontato ciò che sapevano dell’origine dell’universo e del Big Bang. Abbiamo guardato insieme il libro edito da Focus Junior, La storia più lunga dell’universo, striscia lunga tre metri che inizia con il disegno del Big Bang. E prima ancora?

 

Hanno riconosciuto nella loro la domanda che ha fatto nascere tanti miti dell’antichità. E allora abbiamo ripreso i racconti biblici della Genesi. Ho utilizzato anche una versione di quel racconto che amo molto, contenuta nel libro C’era una voce di Alessandra Berardi e Alessandro Gottardo.

In quest’albo ci si chiede cosa ci fosse prima della creazione: «Prima, sì, prima-prima». «Prima di tutto! Intanto – questo lo credo io – prima c'era soltanto... c'era il cuore di Dio». I credenti di diverse religioni del mondo mettono all’origine di tutto il desiderio di una o più divinità. In C’era una voce è il desiderio di Dio di parlare con qualcuno, di far rimare la sua voce con un’altra voce. Mi piace questo modo di porre la questione e anche questa delicatezza: «questo lo credo io». E poi, nella creazione, le luci del cielo occupano un posto d’eccellenza.

I bambini, che frequentano la quarta e quinta classe, stanno per conoscere o conoscono le antiche civiltà, il loro interesse per il cielo, i loro racconti sull’origine. Così ho pensato di leggere L’inno ad Amon Ra degli antichi egizi ma anche una preghiera per i defunti in cui si parla della dea Nut, il cui corpo nudo e stellato descrive un arco sopra la terra.

O madre mia Nut, dea del cielo

distenditi su di me

e ponimi tra le stelle eterne che sono in te,

cosicché io non muoia mai.

Nell’inno ad Amon Ra c’è il cielo di giorno la potenza del sole che tutto illumina e il sentirsi forti, sereni, pieni di energia dei bambini che avevano scelto di osservare il cielo in una giornata luminosa. Nella preghiera alla dea Nut c’è il mistero della notte e le sue stelle che non muoiono e che a tanti bambini, senza che avessero prima letto nessun testo a proposito, avevano suggerito il pensiero affettuoso verso dei cari che avevano perduto. Parlando ancora dello stupore per la bellezza del cielo notturno, ho scelto di leggere loro una preghiera sikh che in qualche modo sembrava toccare le stesse corde.

Il firmamento è il tuo vassoio

il sole e la luna sono le lucerne

le sfere delle stelle sono perle sparse!

Le montagne incenso profumato da ardere,

il vento il tuo ventaglio

le foreste sono i fiori dell’offerta, o signore della luce!

Che meravigliosa offerta di luce è questa tua offerta;

è la tua offerta di lampade, o Signore che distruggi la paura!


Dopo la notte, siamo tornati al giorno, al sereno. Siamo andati con l’immaginazione nelle grandi praterie dove correvano gli indiani d’America e abbiamo letto un breve passo di un’invocazione alla divinità:

Ascolta, o potente

sopra di noi nel silenzio azzurro!

Fotografia di Marco Bonatti.

La frase dice il senso di sospensione, quasi di attesa di una risposta che molti bambini avevano sperimentato guardando il cielo e provato a descrivere. Il silenzio del cielo è azzurro e senza parole parla, lo scriveva san Giovanni Crisostomo nel IV secolo: «Questo apparente silenzio dei cieli è una voce più risuonante di una tromba: questa voce canta non ai nostri orecchi ma ai nostri occhi la grandezza di chi ci ha creati». Nei loro testi molti bambini hanno sottolineato come il cielo li spaventi quando c’è il temporale. In tanti hanno paura dei tuoni e dei lampi. Qualcuno una volta è rimasto chiuso in auto mentre c’era pioggia o grandine e da allora non si è più fidato delle nubi nere.

Fotografia di Marco Bonatti.

Allora abbiamo letto una preghiera dei pigmei. In questo testo il cielo somiglia a un campo di battaglia dove si svolge la lotta tra un Cacciatore e un branco di elefanti imbizzarriti. L’arco del Cacciatore, un arco che taglia il cielo, è l’arcobaleno.

Arcobaleno, Arcobaleno!

Tu che splendi in alto lassù lassù

sopra la foresta immensa

in mezzo alle nere nubi

solcando il cielo cupo

tu vincitore nella lotta

ha rovesciato il Tuono che mugghiava

che mugghiava così forte

irritato contro di noi

in mezzo alle nubi nere

solcando il cielo cupo

come il coltello che spacca il frutto maturo

Arcobaleno, Arcobaleno!

fuggito è il Tuono

come l’antilope dinanzi alla pantera

il Tuono è fuggito

Arcobaleno, Arcobaleno!

Arco possente del Cacciatore di lassù

che insegue il gregge delle nubi

come un branco di elefanti impauriti!

Arcobaleno, digli grazie per noi

dì: Non essere in collera!

Non essere arrabbiato!

Non ucciderci!

Abbiamo tanta paura, diglielo Arcobaleno!


Qualche giorno più tardi ho pensato di farli avvicinare alla raccolta di preghiere per eccellenza in Occidente, i Salmi. Ho scelto il libro Ascolta e il salmo 8 (tutto legato alla meraviglia e allo stupore che si aprono nella mente e nel cuore contemplando il cielo) nella riscrittura sapiente di Giusi Quarenghi.



Tu sei dappertutto

Il tuo nome è potente su tutta la terra

e risuona al di sopra dei cieli

Tu fai parlare i piccoli

e tacere i prepotenti

Tu hai fatto il cielo, con le tue dita

e io mi incanto a guardarlo

Con le tue mani hai trovato posto per la luna, le stelle

e anche per me

che sono piccolo

Tu non dimentichi chi è piccolo

Ci fai capaci di guardare il cielo

di pensarti, e di dire il tuo nome

Hai messo in noi luce, splendore

e pensieri più grandi di noi

Per noi hai fatto meraviglie

Ci hai affidato gli animali

quelli che camminano sulla terra

quelli che volano nei cieli

quelli che nuotano nei mari

E ci hai fatto capaci

di attraversare le grandi acque

di pronunciare il tuo nome sulla terra

di sentirlo risuonare al di sopra dei cieli.


Che meraviglia ritrovare in questo testo parole come pensieri grandi, sono piccolo. Che sorpresa per loro sapere che questa antica preghiera - che è una poesia e un canto - è attribuita al Re Davide. «Perché il cielo è più grande di tutti gli adulti. Anche dei re. Sotto il cielo i grandi sono piccoli come noi». Questo mi ha detto un bambino.

Fotografia di Marco Bonatti.

Che bello guardare le illustrazioni di Anais Tonelli e cercare insieme di capire perché fossero fatte proprio in quella maniera. I bambini si sono divertiti a copiarle e copiando si sono soffermati molto su quelle immagini. Hanno riflettuto sul fatto che sotto il cielo non ci sono solo gli uomini ma anche tutti gli animali e le piante, e che uomini animali piante minerali, tutti sono legati insieme, ma tanto, così tanto che nelle immagini si mescolano tra di loro. Il cielo ha affidato agli uomini la cura della creazione e gli uomini, per star bene sotto il cielo, devono aver cura di tutto il resto che non sono loro, pena la perdita della loro stessa vita.

Per ultimo abbiamo letto la preghiera dei cristiani, il Padre Nostro. Copiandola sul quaderno come le altre preghiere, ho notato che qualche bambino muoveva le labbra sussurrando suoni di un’altra lingua. Ho chiesto che lingua fosse. Abbiamo così ascoltato le parole padre, cieli, terra in rumeno, albanese, tedesco, francese, inglese. Dono dei nonni o di una vita precedente in altro paese.

Abbiamo riflettuto sulle parole padre e nostro e il loro significato per i cristiani. Un solo padre, tutti fratelli. Del resto, ci aveva già aiutato il cielo a capirlo, tanto che un bambino nel suo testo aveva scritto che vedeva il cielo come «il padre di tutti, unico e dolce».

Immagine tratta da La cosa più importante di Margaret Wise Brown e Leonard Weisgard (Orecchio Acerbo).

Abbiamo scritto nei quaderni che sei nei cieli e provato a capire. Per i bambini voleva dire che Dio è dappertutto, che c’è da sempre come il cielo, che è nelle cose non visibili come l’aria, che Dio ti guarda e ti protegge come il cielo su tutta la terra, che è eterno come il cielo. Abbiamo aggiunto: Dio è diverso, altro. Tenere insieme questi due concetti (Dio come un papà e Dio come totalmente altro rispetto agli uomini) non è semplice. Tuttavia mi sembra importante sottolinearlo quando parlo insieme ai bambini: è utile per non addomesticare del tutto l’idea del divino, per evitare di renderla così familiare da svuotarla di ogni mistero. È utile anche in un altro senso: porre la similitudine Dio come un papà può ridurre a una sola dimensione, quella della propria esperienza personale, l’idea di Dio. I bambini con storie familiari complesse (papà assente, indifferente, violento) potrebbero vedere in questa similitudine l’amplificazione di una difficoltà. Infine, dato che li salutavo proprio sulla soglia delle vacanze di Natale, abbiamo usato un poco del nostro tempo per fare due cose: una piccola azione di solidarietà e dei biglietti per le famiglie.

La scuola aveva aderito a una raccolta di fondi per la scuola in ospedale così abbiamo fatto una piccola conversazione. Tanti bambini erano stati almeno una volta in ospedale a trovare i propri cari o perché avevano avuto loro stessi bisogno di cure. Tutti si ricordavano il momento in cui erano entrati e poi quello in cui erano usciti, fuori dalle mura dell’ospedale, sotto il cielo. Un momento di gioia e di sollievo.

Così ho costruito per ogni classe una cassetta che raccogliesse delle monetine che i bambini potevano liberamente donare la progetto nel tempo di Avvento. I bambini hanno pensato alla decorazione: tanti volti.

Per i biglietti invece ho scelto di chiudere il percorso fatto restando sotto il simbolo del cielo. Prima abbiamo letto i racconti evangelici della natività notando insieme tutto quel daffare tra cielo e terra: messaggeri alati, discese, risalite, notti, stelle. Abbiamo disegnato stelle e pianeti, ritagliato e incollato a formare il nostro cielo. La cometa, segno speciale, l’abbiamo messa all’interno, come una sorpresa. Il Natale per i cristiani è il punto di congiunzione tra cielo e terra, tra eterno e tempo. I bambini hanno scritto una semplice frase per le loro famiglie.

Dietro al biglietto abbiamo scelto di mettere un pensiero di Pavel Florenskij che avevamo condiviso. Il nostro consiglio per i grandi che i bambini a casa sapranno ben spiegare. «Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso sull’ animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, quando qualcosa non vi riuscirà, quando la tempesta si scatenerà nel vostro animo, uscite all’ aria aperta e intrattenetevi, da soli, col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete».

Fotografia di Claudia Corrent.


Tre cose in aggiunta.

La prima è un ricordo. Appena ho avuto un motorino, sono andata in giro dalle mie parti a fare fotografie. Il lago, certo. Ma non solo. Scrivendo questo post mi sono ricordata che per lunghi mesi ho fotografato solo il cielo. Scattavo, andavo a sviluppare, guardavo. Inforcavo di nuovo il motorino e tornavo a scattare. Il mio posto preferito erano le colline sopra il mio paese. C’era una stradina sterrata, difficile che passava in mezzo alla macchia ed era piena di buche e radici, dove vedevi le impronte degli animali selvatici scorrere sotto le ruote e d’improvviso in mezzo agli alberi diventava buio, fitti i rami sopra la testa. Poi risbucavi fuori, sul prato, in alto, ed ecco: il cielo. Ho raccolto tante foto del cielo, dei suoi colori e delle sue nubi in una cartellina che aggiornavo e portavo al mio professore di disegno al liceo come se fosse un esercizio di osservazione. Non so se lui abbia mai capito ma mi lasciava fare.

La seconda è un consiglio: il libro Sole Luna Stella di Kurt Vonnegut e Ivan Chermayeff (Topipittori). Perfetto per restare ancora un poco dentro al tema del cielo e del cielo che tocca la terra e apre gli occhi per la prima volta.

La terza è per i più curiosi e tosti. Se volete provare un brivido speciale anche seduti alla scrivania, basta una manciata di secondi. A questo link si può ascoltare il vento che soffia su Marte.