Un esercizio di sintesi

Dopo la presentazione, qualche settimana fa, dell'album Il burrone, con testo di Giuseppe Caliceti, nella collana Linguacce, ecco il punto di vista dell'illustratrice che racconta il dietro le quinte del proprio lavoro.

[di Liuna Virardi]

Quando Giovanna Zoboli mi propose di illustrare Il burrone sorrisi compiaciuta, perché fin da subito capii che il progetto faceva per me.

Ogni volta che mi viene proposto di illustrare il testo di un altro autore, la prima cosa che faccio è cercare di interiorizzare le parole per tentare di farle un po’ mie. Inevitabilmente, questa specie di appropriazione del testo avviene tramite immagini scarabocchiate nella mia mente o su un foglio. Nel caso de Il burrone questo processo di interiorizzazione è avvenuto praticamente all’istante: difatti, conquistata dall’ironia e dall’ingegno del testo di Giuseppe Caliceti, ho visualizzato immediatamente le illustrazioni.

Seguendo il mio iter di progettazione, una volta interiorizzato il testo, cerco di adattare il mio sguardo al tipo di progetto. Le commissioni che ricevo possono essere molto diverse le une dalle altre, ma c’è sempre un filo rosso che lega più o meno tutti i progetti su cui lavoro: la sintesi. In effetti, indipendentemente dal tipo di commissione e dalla tecnica di realizzazione, la mia maniera di disegnare è sempre molto sintetica: è come se l’eliminazione del superfluo mi desse l’opportunità di concentrarmi sulla vera essenza delle parole.

Davanti a un testo ludico e scanzonato come Il burrone, il primo ragionamento che ho fatto è stato che in questo caso, oltre a essere sintetiche, le mie immagini avrebbero dovuto essere una sorta di icone. Ho pensato infatti che abbinare a questo testo delle raffigurazioni quasi simboliche potesse rafforzare la relazione tra parole e immagini, oltre che rendere più solida la funzione mnemonica.

Dopo queste prime riflessioni a caldo, ho abbozzato una maquette del libro per capire la sua struttura, il suo formato e la distribuzione del testo e delle immagini.

A parte questa (brutta) maquette, devo dire, però, che nell’illustrare Il burrone la mia fase progettuale è stata prettamente mentale. Una volta mostrata la maquette all’editore, il progetto è entrato in una fase di riposo e di attesa durata diversi mesi. Durante questo tempo, a differenza del metodo di lavoro che adotto normalmente, non ho abbozzato nulla, neanche uno scarabocchio. In compenso ho riflettuto a lungo sulle possibili soluzioni adatte a questo progetto. Questo tempo per pensare mi ha permesso di assimilare il progetto nei minimi dettagli e di farne una analisi attenta e meditata.

Quando dopo questa pausa ho iniziato a disegnare digitalmente, le miei immagini mentali erano talmente chiare che le forme, gli spazi e i colori hanno preso vita quasi spontaneamente sullo schermo del computer. Soltanto alcune illustrazioni hanno subito qualche variazione rispetto alle prime versioni ma le immagini, così come la scelta cromatica e la proposta grafica, non sono mutate.

L’idea iniziale era di abbozzare le immagini digitalmente e lavorare le definitive analogicamente con la tecnica del collage. Una volta terminate le immagini digitali però, non ho sentito la necessità di rifarle analogicamente in quanto mi sembrava che il risultato finale non avrebbe apportato miglioramenti.

Tutta la sequenza visiva del libro, quindi, è stata disegnata e colorata digitalmente utilizzando una piccola tavoletta grafica e il programma Photoshop.

Riguardo alla scelta cromatica, anche in questo caso ho deciso di ricorrere alla sintesi: ho utilizzato solo i colori primari e le loro sovrapposizioni per cercare di aumentare l’impatto visivo.

In definitiva, progettare e costruire visivamente Il burrone è stato per me un divertentissimo esercizio di sintesi.