C'era una volta, alle medie

[di Giorgia Atzeni]

Sono (forse) l’unica ad appuntare ogni giorno una spilla diversa sulla divisa da prof ma non certo la sola fra i docenti di lettere pronta a testimoniare quanto nella scuola media inferiore i percorsi didattici annoveranti titoli di fiabe, proprio quelli in cui - come dice Calvino - «c’è posto per tutto il male e tutto il bene», risveglino nei ragazzi buon interesse e disposizione al’ascolto.

I nostri alunni, quelli appena usciti dalla primaria ma anche quelli poco più grandi, adorano i racconti a voce alta ma se si tratta di fiabe il successo è doppio. Se con l’esercizio dell’analisi grammaticale semino fra gli studenti il più forte desiderio di fuga dalla realtà, con voli pindarici attraverso la finestra, con le narrazioni fiabesche senz’altro li riporto in classe. Le fiabe vengono in soccorso degli alunni che sfuggono ai sortilegi delle prof, vere e proprie streghe sedute in cattedra, soprattutto quando interrogano storia o geografia. Regaliamo ai ragazzi un sorriso, scegliamo più spesso di pronunciare il famoso incipit. Al suono del più classico C’era una volta fra i banchi cala il silenzio e si dà il via alla metamorfosi: naso e scopa scompaiono e la prof dai capelli turchini fa l’incantesimo. «Zitti, è l’ora del racconto». Io direi che di questi tempi, soprattutto fra i preadolescenti, diventa un momento distensivo molto utile a favore del recupero delle proprie immagini interiori e della dimensione di bambino mai sopita.

La lezione funziona in primo luogo perché mentre l’insegnante recita a memoria o legge il testo, chi ascolta tra i banchi ha una preparazione di base adeguata. Parlagli di ciò che conoscono e cadranno ai tuoi piedi! Tutti, o quasi, hanno sentito almeno una volta dalla viva voce dei genitori o dei nonni le vicende di Hansel e Gretel, di Pollicino, dei Musicanti di Brema, del Brutto anatroccolo, della Principessa sul pisello o Raperonzolo. Gli allievi, pur ignorando le funzioni di Propp (disponibili in forma schematica in tutte le antologie di prima media), sono competenti in fatto di sortilegi e magie, sotterfugi e trappole, eroi e antieroine, e direi imbattibili circa gli aspetti contenutistici: descrivono con le parole o disegnano sul proprio quaderno i buoni e i cattivi delle storie; sono ben informati circa il fatto che nei racconti vi è una morale sottintesa, che in ogni fiaba c'è sempre qualcosa da imparare e una soluzione per ogni problema. «Quando nelle fiabe si legge che il personaggio buono sconfigge quello cattivo affrontiamo le paure e la nostra autostima aumenta» (Filippo).

Le mie fiabe preferite, di Lucy Cousins (Nord-Sud Edizioni).

La dimensione della loro conoscenza in questo campo è un po’ come quella di un habitué dell’opera lirica che assiste alla mise en scène dopo aver mandato a memoria le arie più famose: l’intelletto segue parole e note, la mente canticchia come se non avesse fatto altro nella vita. L’immedesimazione è palpabile quando gli allievi riassaporano per l’ennesima volta l’amara sconfitta del primo e secondo porcellino, per esultare quando la casa di mattoni del terzo ha fondamenta solide e resiste al soffio del carnefice; si impressionano ancora quando è il turno del Grande Lupo Cattivo, il campione di ubiquità che, facendo la voce ora sottile ora grossa, passa con nonchalance dalle pagine dei Sette capretti a quelle di Cappuccetto rosso, sempre illeso anche dopo l’intervento all’addome, taglio cesareo che dà nuova vita a due figure femminili di età diversa. «Le fiabe spesso nascondono fatti raccapriccianti: in Cappuccetto Rosso il lupo mangia una nonna e una bambina: il film horror perfetto. In realtà, il racconto insegna a non fidarsi degli sconosciuti che nella realtà non ti mangiano ameno che non siano cannibali!» (MattiaNicolò).

Per avviare un nuovo incontro con i protagonisti della fiabe quest’anno nella classe prima, evitando volutamente l’antologia, ho utilizzato diversi strumenti bibliografici tutti rigorosamente illustrati e di vario formato. Primo fra tutti il magico volume pop-up Cattivi come noi di Clotilde Perrin (Cosimo Panini Editore). Estraggo il librone dalla mia borsa di stoffa e tutti «Oooooooh! Bellissimo, prof!». Ricordiamoci che molti dei nostri giovani allievi - ahimè, è seccante constatarlo ogni anno - non possiedono alcuna biblioteca domestica. Forse qualche volume Disney de La Sirenetta o La Bella e la Bestia. Quindi ogni novità editoriale, ben curata, è per loro motivo di grande sorpresa. «Dove l’ha preso, prof?».

Cattivi come noi, di Clotilde Perrin (Cosimo Panini Editore).

Apro il retablo cartaceo. «Oggi sono con noi il Lupo, l’Orco e la Strega». In effetti non devo fare grandi presentazioni. Chiedo loro di enumerare le storie in cui questi tre antagonisti compaiono con la loro bella faccia tosta. L’elenco è lunghissimo. Forse abbiamo catalogato quasi tutte le fiabe disponibili comprese Biancaneve, Baba Jaga, Raperonzolo e L’acciarino magico. Il metodo meta-cognitivo è sicuramente uno dei più efficaci nella scuola media. Tutti si sentono esperti, accipicchia, sono tutti pronti. E cosa c’è di più gratificante del sentirsi preparati in una materia? L’amor proprio aumenta e anche la voglia di lavorare insieme.

Tra i titoli illustrati suscita grande emozione Hansel e Gretel nella potente versione di Lorenzo Mattotti (Orecchio Acerbo). «Non avevo mai visto un libro di fiabe in bianco e nero! I miei sono tutti molto colorati!». Ai ragazzi non sfugge niente, dicono che si tratta di una delle fiabe più inquietanti insieme a Pollicino o Buchettino. A leggerla viene ansia, paura e smarrimento. Immaginate di sentire i vostri genitori progettare il vostro abbandono nel bosco e poi finirci per davvero, da soli, al buio. Un incubo, o forse la realtà quotidiana per molti di loro.

Hansel e Gretel, di Lorenzo Mattotti (Orecchio Acerbo).

Elencate le caratteristiche fisiche e intellettuali dei nostri cattivi, proseguiamo con una delle attività che preferisco: C’era una svolta, ovvero interagire creativamente coi testi per cambiarne la connotazione o il finale. Non possiedo copyright, questo gioco è molto diffuso nell’editoria italiana per ragazzi. Troviamo diversi titoli pronti a guidarci. Primo fra tutti La vera storia dei 3 porcellini di Jon Sciezka, illustrato da Lane Smith (Zoolibri), in cui il lupo racconta la sua versione dei fatti per scagionarsi dalle sue tradizionali colpe; oppure I tre porcellini di Topipittori, riscritto da Giusi Quarenghi, dove se i maialini sono due, la terza è una maialina molto molto furba che ristabilisce le pari opportunità.

La vera storia dei 3 porcellini, di Jon Scieszka e Lane Smith (Zoolibri).

I tre porcellini, di Giusi Quarenghi e Chiara Carrer (Topipittori).

Gli esempi stimolano subito la voglia di rivedere le pagine con strambi interventi. Tutti scrivono e, soprattutto, tutti vogliono leggere a voce alta e ridere delle versioni altrui. Infine propongo una novità editoriale, il silent book dal titolo Un lupo nella neve di Matthew Cordell (Edizioni Clichy), lasciando che gli allievi scrivano l’intera vicenda con le loro parole. Le assonanze con le narrazioni più note lasciano ampio spazio alla fantasia e nessuno si tira indietro.

Per concludere chiedo di scrivere un pezzo in cui devono sostenere una tesi: le fiabe sono solo per i piccoli? Viene fuori un mini prontuario del perché valga la pena di leggere fiabe a qualsiasi età.

La lettura è un diritto.

Le fiabe, nella loro semplice forma di racconto orale poi trascritto, sottendono metafore e grandi verità valide per grandi e piccoli.

Il bambino interiore ama giocare con rumori, suoni e parole.

Le fiabe rappresentano la crescita interiore dell’uomo.

… hanno insegnamenti per tutti e aiutano a sconfiggere le paure.

…mettono in guardia dai pericoli.

…prospettano una vita migliore.

Le fiabe piacciono di più se vengono lette dai genitori o da un adulto. Perché gli adolescenti più di tutto desiderano una voce ferma e il tepore di un lettino caldo, immersi in un sogno di vita serena con la propria famiglia. Esattamente così, da quando sono nati.