Pubblichiamo questa recensione a Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno di Silvia Vecchini e Marina Marcolin, uscita su Dulce pepinillo, un blog spagnolo specializzato in poesia per bambini e ragazzi. Ringraziamo Juan Senis per averci consentito la pubblicazione di questo post e Arianna Squilloni di A buen paso di avercelo segnalato.
[di Juan Senis]
Se ancora oggi c’è chi nega l’esistenza di una poesia per ragazzi (con la supposta argomentazione che poesia e ragazzi siano termini inconciliabili) forse è perché ci siamo abituati a identificare la poesia con la lirica (ovvero a considerare la poesia lirica come la poesia per eccellenza), e a pensare che quella per ragazzi sia una poesia più ludica che lirica o, addirittura, più incline all’epica, in quanto le attribuiamo i tratti tipici della narrativa.
Negli ultimi tempi, tuttavia, qualcosa sembra cambiare, grazie a libri come El idioma secreto o Abecedario del cuerpo imaginario, due raccolte di poesia recensite in questo blog, che rifiutano esplicitamente l’eredità popolare e scelgono una poesia più lirica ed evocativa, meno chiusa nella struttura e nei concetti, con un ritmo più sottile; in sostanza, una poesia meno ludica, meno epica e più lirica. Il vento del cambiamento soffia anche al di fuori dell’ambito ispanico a giudicare da un libro come Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno, che punta dritto al lirismo senza esitazioni. Ciò che più colpisce è che il lirismo non emana solo dal testo ma anche dalle illustrazioni, tanto che la raccolta diventa un’opera a due voci in cui le parole e le immagini sono complementari e si nutrono a vicenda, come in pochi altri libri di poesia. In questa luce, il fatto che le due autrici figurino insieme sulla copertina, senza che si specifichi chi sia l’autrice e chi l’illustratrice, è particolarmente significativo, benché il motivo sia forse solo la consuetudine di collocare il nome dell’autore sempre davanti all’illustratore.
È difficile immaginare questo libro illustrato con una tecnica o uno stile diversi, e questo è forse il complimento migliore che gli si possa fare. La prima cosa da notare è senza dubbio la tecnica. Il medium è il messaggio, lo sappiamo, e in questo caso il messaggio è anche la tecnica poiché la scelta di una tecnica a scapito di un’altra comunica già qualcosa. Non è la stessa cosa usare il collage o l’acquerello, i colori a olio o la fotografia, il disegno a penna o il digitale. L’acquerello ha una natura acquosa, elusiva, sfuggente, una leggerezza che, se non si padroneggia del tutto, può portare a un’inconsistenza assoluta, a una totale mancanza di sostanza e di forza. Ma se utilizzato con maestria, può fare di questi difetti virtù, come avviene in questo libro dove, dentro una gamma limitata di colori, fondi chiari, toni sfumati e per niente saturi, sorgono delle figure appena accennate che, in alcuni casi, si trasformano in macchie, con solo una vaga somiglianza con il disegno precedente del quale, però, mantengono intatta la forza.
Sappiamo che, soprattutto nella letteratura per ragazzi, anche il formato è messaggio. In questo caso, il formato dice molto perché mette insieme albo illustrato e libro ‘convenzionale’. Del primo ha la copertina rigida e il modo in cui il testo si armonizza all’atmosfera delle illustrazioni che occupano tutta la pagina e, a volte, anche la doppia pagina, dando una sensazione di continuità tra le poesie. Tuttavia, a queste caratteristiche proprie dell’albo è associato un formato ridotto, simile a quello di una raccolta di poesia per adulti, indubitabilmente perché i destinatari di questi versi non sono lettori ancora in erba, ma anche perché questa dimensione crea un senso di intimità che si perderebbe con un formato più grande, la cui spettacolarità non aggiungerebbe niente alla relazione fra testo e immagini.
In questo senso, anche la relazione delle immagini con il testo, che non è sempre la stessa, è significativa. Infatti, a passaggi nei quali l’illustrazione segue fedelmente il testo, se ne alternano altri in cui la complementarità tra versi e immagini è più marcata. Questo avviene, per esempio, in una poesia deliziosamente ellittica che descrive la voce poetica intenta a costruire una tenda da campeggio con una coperta, senza mai descriverlo con la parola esatta. L’illustrazione riempie questo vuoto con l’immagine di una coperta sollevata da un filo. Nella poesia seguente, invece, l’illustrazione stringe insieme realtà e immaginazione. La voce poetica racconta il suo gioco preferito prima di dormire, fingersi un sasso coperto di muschio in mezzo al bosco e stare dentro l’oscurità stare nella pancia del lupo sapendo che nessuno mi mangerà. L’illustrazione a doppia pagina ci mostra una bambina rannicchiata e ricoperta di muschio. Del resto, non di rado l’illustratrice si concentra su una delle metafore della poesia, come in La scarpa in cui non entra più il piede / è (…) nido abbandonato senza uovo, dove disegna un nido vuoto, con solo due piume solitarie, e dal quale pende, in stile surrealista, un laccetto di scarpe. E in certi casi, fa entrare il sovrannaturale e la magia, come, per esempio, nell’immagine di copertina, presa da una poesia sulla lettura e i libri, nella quale la voce è distesa sul prato, con un libro sulla faccia che la ripara dal sole mentre mi cascano dentro tutte le parole.
Dunque il tema della raccolta è radicato in un immaginario infantile che riflette l’esperienza di una voce poetica indeterminata e che tuttavia, in certi tratti, potrebbe coincidere con quella di un bambino. Questa voce non si limita a raccontare la sua esperienza, ma cerca di estrarre dalla quotidianità l’essenza restituendola in metafore, con uno sguardo singolare anche sugli eventi più banali. In alcune poesie, le metafore riescono a trasporre la realtà più prosaica, così una tazza di latte è un mare in miniatura dove affonda la nave del biscotto, l’inizio di settembre è zucchero nel fondo del bicchiere, dell’estate l’ultimo tesoro, o il cielo di marzo un polo sotto il quale si aprono i mandorli come ombrelli bianchi. Come spesso accade nelle poesie per bambini, non mancano la personificazione e il paragone, operazione quest’ultima che produce lo stesso risultato della metafora nel mettere in relazione due realtà lontane. Particolarmente interessante risulta a questo proposito un’incursione nella metapoesia Quando scrivo una poesia / mi godo tutto come un ramarro / sopra al sasso (…) / e sto all’erta – gatto nel buio / dietro al topo (…).
La raccolta dà spazio anche a un’emotività svincolata dalle cose e rivolta ai legami personali, ai sentimenti più oscuri come la rabbia, la gelosia, la noia. In questo caso, la voce poetica si rivolge spesso a un interlocutore indeterminato, mutevole, qualcuno con cui condividere esperienze. Ne derivano momenti di grande pienezza come nei versi Con te il tempo è pane / io lo mordo, lo bevo come latte; ma anche di conflitto, quando la voce poetica ignorata dall’altro, che finge di non vederla o porta qualcun altro in bici, si sente trasparente; o ancora di fastidio, per esempio nella relazione tra fratelli.
È piuttosto raro che in un libro le illustrazioni si alleino con le poesie a beneficio dell’atmosfera generale e che l’omogeneità dentro la varietà, auspicabile in qualsiasi raccolta poetica, si raggiunga non solo nel testo, ma anche nelle immagini. In Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno tutto questo accade e fa del libro (citato da Anna Castagnoli, nel suo eccellente blog, come uno dei migliori della fiera di Bologna di quest’anno) un vero evento letterario. A conclusione dell’analisi, non resta da dire che il libro è di una bellezza travolgente, un oggetto prezioso da guardare e da leggere, un’opera d’arte di primo livello.